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Kawa no soko kara konnichi wa (Sawako Decides)

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Kawa no soko kara konnichi wa (川の底からこんにちは, Sawako Decides). regia e sceneggiatura: Ishii Yūya; interpreti: Mitsushima Hikari, Endō Masashi, Shiga Kōtarō, Aihara Kira; durata: 112′; prima : 1 maggio 2010
Link: Sito ufficialeTrailer (Youtube) – Nicholas Vroman (a page of madness) – Twitch (Alexander Thebez)
PIA: Commenti: 4/5   All’uscita delle sale: 80/100
Punteggio ★★★

Sawako vive a Tokyo da 5 anni, dove fa la segretaria con incarichi spesso umilianti e convive con il suo quinto fidanzato, un suo superiore, e la figlia che lui ha avuto da un precedente matrimonio. La sua è un’esistenza all’insegna della rassegnazione. La sua frase ricorrente è “shōgaganai”, cioè “pazienza”, “che ci vuoi fare, è così”. Quando apprende che il padre è gravemente malato, non vuole tornare al suo paese come dovrebbe, ma alla fine si fa convincere dal suo compagno, che nel frattempo è stato licenziato e vorrebbe ricominciare da capo. Il padre ha una piccola azienda di raccolta e commercializzazione dei molluschi di fiume e Sawako dovrebbe prendere il suo posto alla guida dell’azienda ma quando cerca di farlo, incontra solo problemi, fraintendimenti, inganni.Una vecchia compagna di scuola le ruba persino il fidanzato. Ma, come dice il titolo del film – “Saluti dal fondo del fiume” – toccato il fondo non si può che risalire e Sawako si rende conto che le persone come lei non ricevono niente da nessuno e possono solo impegnarsi; insomma, “aiutati che il ciel ti aiuta”. La sua frase ricorrente diventa così “ganbaru”, “diamoci da fare”. La sua trasformazione è talvolta goffa, talvolta impropria, ma inarrestabile, fino a quando, al funerale del padre, riesce ad arrabbiarsi furiosamente con il fidanzato che torna da lei: finalmente Sawako sceglie e decide!
Sawako è  schiacciata dalle vicende della vita ma non è una perdente, piuttosto è una persona che non ha fiducia in se stessa, che non conosce i propri propri mezzi, è passiva per paura, mediocre per istinto. La sua è una rassegnazione realistica, una difesa per riuscire ad andare avanti nonostante le avversità.
Se la storia è interessante e toccante, la sua rappresentazione non è da meno, con trovate iconoclaste mai fini a se stesse. Per esempio, un piccolo elemento ricorrente è quello delle feci. Il film inizia in uno studio medico con una lavanda al colon; oppure Sawako parla alle colleghe stando seduta sul water; o ancora, Sawako sparge le feci della famiglia nell’orto come concime. Da quella terra così concimata nasceranno dei fiori e una grande anguria, che alla fine tutti mangeranno con gusto. Come dire, la vita è spesso una merda ma qualche volta da quella merda può nascere un fiore o qualcosa di dolce.
Ishii ha un approccio narrativo fortemente originale e mostra di aver saputo levigare alcune asperità stilistiche presenti nei suoi film precedenti, come per esempio Mukidashi Nippon (Bare-assed Japan), riuscendo a conferire al film un piacere di essere guardato al di là degli esiti stessi della vicenda. Con notevole sensibilità e capacità inventiva, delinea il ritratto di questa figura umile in maniera delicata ma non mesta, divertente ma non superficiale, talvolta surreale ma mai assurda. A tale risultato concorre grandemente Mitsuhsima Hikaru nella parte di Sawako, che sebbene non sia affascinante, è strepitosa nel sostenere su di sé praticamente l’intero film. [FP]
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