Outrage
Outrage (アウトレイジ) Regia, sceneggiatura: Kitano Takeshi; fotografia: Yanagijima Katsumi; scenografia: Isoda Norihiro; montaggio: Kitano Takeshi, Ota Yoshinori; musica: Suzuki Keiichi; interpreti: Kitano Takeshi, Shiina Kippei, Kase Ryo, Miura Tomokazu; produzione: Office Kitano, Bandai Visual, TV Tokyo, Omnibus Japan; 109’; 12 giugno 2010.
Punteggio: senza voto
Festival di Cannes 2010 – In concorso
PIA: Commenti 4,5/5 All’uscita delle sale: 70/100
Ho visto Outrage subito dopo Thirtheeen Assassins di Miike. Un fatto che, probabilmente, mi ha condizionato non poco. In questi ultimi anni, qualcuno di più per Kitano, i due registi hanno conosciuto una nuova fase della loro carriera, per molti aspetti non forse la migliore. Ma se Miike, ahimé, sembra aver scelto la via dei blockbuster, contraddicendo quel ‘cinema proletario’, indipendente e irriducibile, che lo aveva reso grande, riuscendo però così a catturare un’audience più vasta ma anche diversa da quella cui era abituato, Kitano, quasi in un movimento contrario e autolesionista, sembra aver sbattuto la porta in faccia a quel pubblico (e a quella critica) che ne avevano fatto una delle maggiori icone cinematografiche degli anni Novanta. Dopo la trilogia autoriflessiva (ma anche metaforica dell’intero rapporto di un paese con la cultura occidentale e del legame fra arte e vita) di Takeshis’, Glory to the Filmmaker e Achilles and the Tortoise (quest’ultimo, per me, uno dei suoi film migliori), Outrage è stato lanciato come il ritorno al cinema yakuza e quindi, almeno nelle aspettative, al vecchio Kitano, ma, presentato a Cannes, il film è stato accolto con molta freddezza e implicita delusione. Il fatto è che Outrage non fa sconti a niente e a nessuno. E soprattutto non cerca di piacere (qui la differenza con l’ultimo Miike: addirittura, per certi aspetti, Outrage ricorda l’asprezza di alcuni dei vecchi film di Miike). Qui non ci sono yakuza che si comportano come dei ragazzi (Sonatine), mogli malate terminali cui regalare, costi quel che costi, un ultimo viaggio prima della morte (Hanabi) o ragazzini da accudire e accompagnare in un viaggio di formazione (L’estate di Kikujiro): non ci sono in altre parole momenti di tenerezza, né personaggi coi quali provare comunque, di là dalla loro brutalità, un minimo d’empatia. Tutto in Outrage tiene lo spettatore sulla porta, a debita distanza. Il ritratto del mondo della yakuza (che è anche una metafora del Giappone contemporaneo, e non solo di quel paese) è crudele e impietoso. Forse ancor più di quanto non lo fosse nel cinema di Fukasaku, che già aveva fatto piazza pulita di tutti gli stereotipi sui codici d’onore e sul senso di lealtà, ma che in parte manteneva ancora un certo umanismo di fondo (pur ridotto al lumicino), anche solo nel sentimento di consapevole disperazione vissuto almeno da alcuni dei suoi protagonisti. Nei film di Fukasaku si provava ancora della pietà (anche se verso dei mostri), in Outrage non c’è nemmeno più quella. Film ostico, duro come una pietra (anche l’humor è spesso così nero e grottesco da non alleviare la ‘fatica’ della visione), Outrage è un film da meditare e rivedere. Non so se bello o no, per questo non gli attribuisco un voto, ma certamente la testimonianza di un’irruenza autoriale che in un sistema come quello giapponese è già di per sé meritevole di sonori applausi. [Genji – 15th Pusan Film Festival ottobre 2010].
Link
a page of madness [Nicholas Vroman] (Inglese)
The Japan Times [Mark Schilling] (Inglese)
CineClandestino.it [Lorenzo Leone] (Italiano)
Movieplayer.it [Antonio Cuomo] (Italiano)
MYmovies.it [Gabriele Niola] (Italiano)
Festival di Cannes (dove potete scaricare il press book del film in inglese):
Un mio amico abbastanza scettico sull'ultimo Kitano mi ha detto di aver visto una sua splendida mostra a Parigi qualche mese fa, ed era davvero entusiasta (ne ha parlato brevemente anche qui: http://anareneblog.blogspot.com/2010/09/lartista-ragazzino.html). Mi sembra un'ulteriore testimonianza del fatto che Kitano, dopotutto, è un artista che ha ancora qualcosa da dire. Spero solo che trovi una forma adeguata per dirlo anche al cinema, perché anche se non ho visto Outrage (né Kantoku Banzai), in "Achilles to kame", che pure ho trovato interessante, è stato proprio il versante stilistico (specialmente della prima parte) a lasciarmi un po' perplesso. Resto comunque fiducioso e condivido pienamente la conclusione di questo post.
Beh se per prima parte intendi la prima parte del primo episodio di Achille. è vero… poi però il resto del film, almeno da quando Machisu si trasferisce in campagna, è Kitano al 100%: narrazione ellittica che procede per vuoti, uso del fuori campo, inquadratura frontali sullo sguardo attonito di diversi personaggi , i silenzi di Machisu, il auo atteggiamento atarassico, di imperturbabilità, l'accostamento di tragedia e ilarità (una commedia con quattro morti credo sia piuttosto rara)… per me è un capolavoro… e non vedo l'ora di rivedere Outrage per capirlo meglio (Genji)
Anch'io non ho ancora visto Outrage ma ritengo che Achilles sia un piccolo capolavoro trascurato
Sì, ma infatti poi il mio gradimento è andato in crescendo nel corso del film, e alla fine devo dire che mi è piaciuto e a tratti l'ho trovato geniale… è solo che inizialmente mi avevano infastidito un po' alcune cose della parte relativa all'infanzia del protagonista. Ma sto parlando di vaghe impressioni così a memoria: dovessi dire quali fossero in questo momento (l'avrò visto un anno fa, in una notte di insonnia) non saprei nemmeno… l'unico particolare che ricordo è che la recitazione di alcuni attori della prima parte mi era sembrata insolitamente (per gli standard di Kitano – ma non è la prima volta: avevo avuto impressioni simili già con Zatoichi) sopra le righe e non mi era piaciuta un granché.
Il film di per sè non è affatto male, purtroppo però è di Kitano e, visto il nome in questione, è innegabile che si continui ad aspettare un ritorno alla poeticità struggente che tanto l'ha fatto amare. Poeticità che in Outrage manca del tutto. E che magari non manca in Takeshis (Achill eancora non l'ho visto).
Vero che può a tratti ricordare l'asprezza di alcuni film più datati di miike, ma a mio avviso manca dell'impianto socio/esistenziale che caratterizzava le pellicole del regista di Osaka. Un film diretto come un pugno in faccia, ma ormai a me Kitano dà l'impressione di farlo apposta a spiazzare il pubblico. In quello sì mi ricorda il primo Miike.
Ho avuto la fortuna di vedere "Outrage" a Cannes l'anno scorso. Dico fortuna perché almeno ho potuto vedere il regista presente in sala, seppur un poco da distante. Ho sempre amato Kitano e, proprio per questo, vedere un film da lui firmato e senza (quasi) niente del suo stile e della sua poetica, mi ha rattristato. Pollice basso.