Suggestioni – Una lettura di “Akunin” (Villain)
In attesa dell’uscita in DVD di Akunin (18 marzo 2011) di Lee Sang-il, uno dei film giapponesi più apprezzati del 2010, traduciamo qui la recensione di Martha P. Nochimson per la rivista Cineaste (http://www.cineaste.com/articles/montreal-world-film-festival-web-exclusive).
Attenzione: la recensione contiene decisive rivelazioni della trama del film.
” Il discrimine fra colpa e amore è uno degli aspetti centrali del film giapponese Akunin (Villlain) diretto da Lee Sang-il, che ha ricevuto al festival di Montreal il premio per la miglior attrice assegnato a Fukatsu Eri, nei panni di Mitsuyo, una donna sola che lavora in un negozio di abbigliamento maschile, e che un giorno, contro ogni logica, scappa con Shimizu (Tsumabuki Satoshi), un uomo malinconico e scontento. Mitsuyo sa che Shimizu ha ucciso Yoshino (Kiki Kirin), una donna giovane e carina, incontrata grazie a internet, ma crede, o vuole credere, che lui sia un uomo buono, sopraffatto da circostanze straordinarie. Ed è proprio questa interpretazione ad essere il paradosso interno del film. Akunin ha fatto meritatamente sensazione per la sua complessa rappresentazione dell’esasperazione criminale di Shimizu. Potremmo noi tutti, il film si chiede con Mitsuyo, uccidere sulla base di determinate circostanze? La posizione cui il film dolorosamente arriva è che è difficile, quasi impossibile, dirlo.
All’inizio del film ci sono richiami a Ozu per l’incapacità della tradizione giapponese di far fronte al caos che cresce dagli impulsi moderni verso la libertà. I giovani hanno automobili, cellulari e internet e li usano liberamente in modo istintivo, così anche se vivono a casa, non possono essere controllati dai più anziani e saggi adulti. Inoltre la struttura familiare non è più un bastione di stabilità e i problemi di classe si sono accentuati. Shimizu è stato tirato su da sua nonna, perché la madre se ne è andata per ragioni che non sono mai chiarite ma che comunque indicano l’incapacità di adempiere ai doveri materni. Yoshino, una giovane carina e superficiale, è un approfittatrice, che sa trarre vantaggio dell’amore che suo padre prova per lei, e manipola freddamente Shimizu, mentre va a caccia di Masuo, un playboy ricco, egoista e insensibile. Ma Akunin va oltre le questioni sociali per interrogarsi sulla natura umana.
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Ma alla fine, il regista Lee non riesce a rappresentare in modo chiaro e netto il crimine come conseguenza né di una cultura disfunzionale, né del male dell’uomo. L’immagine finale contiene tale ambiguità. Mitsuyo è seduta in un taxi, con un bel mazzo di fiori che ha comprato con l’intenzione di lasciarlo sulla strada dove Yoshino è stata uccisa da Shimizu. Ma non riesce a decidersi a fare quel che aveva pensato. Lasciare i fiori in segno di lutto per Yoshino sarebbe un modo per dire che non crede più a uno Shimizu vittima di terribili circostanze. Può lei affermarlo? Mitsuyo è paralizzata dall’indecisione. Stinge i fiori in silenzio, mentre il taxista le chiede che cosa vuole fare. Dov’è l’arbitro nel moderno Giappone che può aiutarla a dar forma al suo modo di vedere il mondo? “
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[Traduzione di Genji ]
[Traduzione di Genji ]
Salve,
volevo chiedere l'autorizzazione a riportare questo post nella recensione che farò prossimamente su asianworld.it dove posterò i sottotitoli del film.
Ovviamente metterei i dovuti "credits" al tarduttore e al blog.
Grazie in anticipo!
Loony
Certo! Buon lavoro!
Franco