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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Zero no shōten (ゼロの焦点, Zero Focus)

*** Flashback ***

250px-zero_focus_poster_2009-5063989Zero no shōten (ゼロの焦点, Zero Focus). Regia: Inudō Isshin; soggetto: dal romanzo di Matsumoto Seichō; sceneggiatura: Nakazono Kenji, Inudō Isshin; fotografia: Tsutai Takahiro; interpreti: Nakatani Miki, Hirosue Ryōko, Kimura Tae, Nishijima Hidetoshi, Kaga Takeshi, Sugimoto Tetta; durata: 131′; prima: 14 novembre 2009.

Link: Mark Schilling (Japan Times)
PIA: Commenti: 3/5    All’uscita delle sale: 63/100
Punteggio ★★★
I gialli di Matsumoto Seichō sono un’istituzione nazionale giapponese. Fra i vari motivi per cui piacciono è che nelle sue storie spesso una componente di critica sociale condisce meccanismi delittuosi raffinati. Inutile a dirsi, da essi sono stati tratti moltissime serie televisive e film. Uno dei suoi titoli più famosi è appunto “Zero no shōten” (1959), storia di un uomo che si sposa e dopo una settimana non torna più a casa dalla città dove lavorava in precedenza. La moglie inizia a cercarlo e piano piano scopre con crescente sconcerto una lunga rete di relazioni che arrivano al tempo della seconda guerra mondiale. Nel 1961, Nomura Yoshitarō trasformò la storia in un film giallo cupo e teso, dove il bianco e nero dell’epoca si sposava con l’asprezza dei paesaggi nevosi sulla penisola di Noto, il tutto al servizio di un ingranaggio diabolico, dove i vari personaggi erano più che altro rotelle dell’ingranaggio stesso. Il personaggio centrale del film di Nomura era la moglie dello scomparso, interpretata da Kuga Yoshiko.
Nel 2009, anche sull’onda della ricorrenza del centenario della nascita di Matsumoto, Inudō Isshin ha (ri)fatto il film basato sulla stessa storia. Purtroppo non ho letto il romanzo ma quel che è certo è che il film di Inudō è molto diverso da quello di Nomura. A parte l’ovvia presenza del colore, Nomura aveva fatto un film contemporaneo, mentre Inudō fa una minuziosa ricostruzione d’epoca. In secondo luogo,mentre Nomura era molto attento, conformemente alla tradizione del mistery giapponese, di giustificare accuratamente per bocca dei suoi personaggi ogni passaggio logico della trama fino alla risoluzione finale, Inudō è meno preoccupato di spiegare le concatenazioni del giallo ma va al di là dei confini del genere per darci una storia di passioni, paure, angoscie pubbliche e private. In terzo luogo, Inudō aggiunge molti elementi,  come il pittore o il gruppo di  donne che sostengono la prima candidata alla carica di sindaco, che non erano presenti nella prima versione (non so se esistano nel romanzo)  e che da un lato arricchiscono il quadro storico e sociale e dall’altro forniscono un ritratto dei personaggi più ricco e sfaccettato. Infine,  ciò che è particolarmente significativo, l’accento narrativo ed emotivo è impercettibilmente ma inequivocabilmente spostato dalla moglie dello scomparso (Hirosue Ryōko) alla moglie dell’industriale di Kanazawa amico e cliente dello scomparso, impersonata da Nakatani Miki.
Il risultato è un sontuoso melodramma ambientato nel periodo della ricostruzione e dell’inizo del boom con uno stile e con delle atmosfere suggestive e coinvolgenti splendidamente fotografate da Tsutai Takahiro.  Per usare uno slogan, si potrebbe dire “Hitchcock più Sirk nel paese delle nevi”. Senza rivelare nulla della trama,  Isshin sembra enfatizzare quel principio politico, economico e sociale vecchio come la storia dell’umanità secondo cui alla radice di ogni fortuna c’è un delitto. Ma lo fa così bene, così articolatamente, che più che parteggiare per i “buoni”, non possiamo che soffrire insieme a buoni e cattivi indistintamente.
Tutti gli attori sono diretti molto bene e si esprimono altrettanto bene, con la sola eccezione forse di Hirosue Ryōko, che qua come altrove non pare particolarmente portata per la recitazione. Un po’ sottoutlilizzata la sempre piacevole Kimura Tae. In compenso, Nakatani Miki dispiega tutto il catalogo delle sue capacità per fornirci un ritratto indimenticabile, confermandosi così come una delle protagoniste del cinema giapponese contemporaneo. [Franco Picollo]
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2 commenti su “Zero no shōten (ゼロの焦点, Zero Focus)

  1. visto al FEFF l'anno scorso. non sono riuscito a digerirlo. forse perchè non avevo digerito la cena, non lo so. non finiva più…
    aspettative (visto anche le tre signorine attrici principali) distrutte.

  2. eh, in parte hai ragione. Anche altri mie amici hanno avuto la stessa reazione. Effettivamente, poi, Kimura Tae è proprio un po' sprecata…

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