Shinboru (Symbol)
*** Flashback ***
Shinboru (しんぼる, Symbol). Regia: Matsumoto Hitoshi; sceneggiatura: Matsumoto Hitoshi, Takasu Mitsuyoshi; fotografia: Tōyama Yasuyuki; montaggio: Honda Yoshitaka; interpreti: Matsumoto Hitoshi, David Quintero, Luis Accinelli, Lilian Tapia, Adriana Fricke, Carlos C. Torres; durata: 93′; prima: 12 settembre 2009.
Link: Sito ufficiale – Trailer (Youtube) – Niels Matthijs (Twitchfilm)
Link: Sito ufficiale – Trailer (Youtube) – Niels Matthijs (Twitchfilm)
Pia: Commenti: 2,5/5 All’uscita delle sale: 50/100
Punteggio ★★★1/2
Un uomo acconciato con un caschetto infantile e vestito di un altrettanto ridicolo pigiama giallo a pois colorati si risveglia in una stanza bianca priva di porte, dalle cui pareti emergono gli organi genitali di una miriade di putti. Come fare a uscire? Nel frattempo, in Messico, un goffo e taciturno lottatore di wrestling soprannominato “Escargot Man”, si prepara per un incontro.
Queste le premesse del secondo film diretto e interpretato dal comico e presentatore televisivo Matsumoto Hitoshi, che aveva già dato buona prova di sé nel precedente film di mostri e supereroi Dainipponjin (Big Man Japan) e la cui originalità e libertà espressiva nel trattare una delle più classiche icone pop giapponesi aveva fatto pensare a un caso simile a quello di Kitano. Come a ribadire una precisa poetica, al suo secondo film Matsumoto ha mantenuto alcuni degli elementi che caratterizzavano la pellicola d’esordio, concentrandosi tuttavia su un progetto ancora più ambizioso.
Un altro punto che Matsumoto dimostra di avere in comune con Kitano è infatti la scioltezza con cui egli passa dalla comicità più triviale (i puttini che scoreggiano in faccia al protagonista) al sublime (i riferimenti a 2001: Odissea nello spazio). Come il supereroe triste e reietto di Big Man Japan, il protagonista interpretato da Matsumoto (così come il personaggio del lottatore messicano) è un omino goffo e ridicolo, continuamente sbeffeggiato e umiliato, destinato tuttavia a ricoprire, suo malgrado, un ruolo grandioso e cruciale per la realtà che lo circonda. Considerando il ruolo che egli riveste, la sua natura puerile e distratta ne fa un individuo potenzialmente pericoloso per quella stessa realtà, eppure la sua presenza è fondamentale e necessaria. Benché ne sia ignaro, infatti, egli è in grado di compiere cose meravigliose, autentici miracoli.
Queste le premesse del secondo film diretto e interpretato dal comico e presentatore televisivo Matsumoto Hitoshi, che aveva già dato buona prova di sé nel precedente film di mostri e supereroi Dainipponjin (Big Man Japan) e la cui originalità e libertà espressiva nel trattare una delle più classiche icone pop giapponesi aveva fatto pensare a un caso simile a quello di Kitano. Come a ribadire una precisa poetica, al suo secondo film Matsumoto ha mantenuto alcuni degli elementi che caratterizzavano la pellicola d’esordio, concentrandosi tuttavia su un progetto ancora più ambizioso.
Un altro punto che Matsumoto dimostra di avere in comune con Kitano è infatti la scioltezza con cui egli passa dalla comicità più triviale (i puttini che scoreggiano in faccia al protagonista) al sublime (i riferimenti a 2001: Odissea nello spazio). Come il supereroe triste e reietto di Big Man Japan, il protagonista interpretato da Matsumoto (così come il personaggio del lottatore messicano) è un omino goffo e ridicolo, continuamente sbeffeggiato e umiliato, destinato tuttavia a ricoprire, suo malgrado, un ruolo grandioso e cruciale per la realtà che lo circonda. Considerando il ruolo che egli riveste, la sua natura puerile e distratta ne fa un individuo potenzialmente pericoloso per quella stessa realtà, eppure la sua presenza è fondamentale e necessaria. Benché ne sia ignaro, infatti, egli è in grado di compiere cose meravigliose, autentici miracoli.
Matsumoto riflette sulla natura dell’uomo e del divino, sulla vita e la morte, sul caso e sulla predestinazione, sul rapporto tra infanzia ed età adulta, ma lo fa con estrema leggerezza e senza mai smarrire l’ironia di fondo (la sua incarnazione di protagonisti superuomini appare autoironicamente narcisista) nemmeno nella folgorante scena della scalata, in cui l’elevazione spirituale del buffo protagonista detta i ritmi della natura, dell’umanità e del progresso. Il Matsumoto attore è strepitoso negli eccessi delle scene comiche, e tuttavia, per quanto possa sembrare paradossale, la principale qualità che egli dimostra nella regia è la misura: apprezzabile nel modo in cui sono calibrati il crescendo narrativo (tanto frustrante quanto appagante) e la progressione parallela delle due storie; nel perfetto dosaggio di umorismo e poesia (emblematica la scena in cui la frustrante operazione di svuotare un enorme vaso pieno di sushi con delle bacchette è accompagnata dal fiorire di un bonsai capitato – a prima vista casualmente – nella stanza); infine, nell’uso intelligente della computer graphic, sempre funzionale e mai intrusivamente spettacolare.
Symbol conferma le doti che Matsumoto aveva già dimostrato di possedere in Big Man Japan, portando una nuova ondata di freschezza e audacia nel cinema giapponese. Forse è ancora presto per festeggiare l’avvento di un nuovo autore, e occorrerà necessariamente aspettare i suoi prossimi lavori per stabilire se l’originalità e la spontaneità dei suoi esordi non siano soltanto un fuoco di paglia o, peggio, una colossale presa in giro. Nel frattempo, godiamoci questi due gioielli. [Giacomo Calorio]
Symbol conferma le doti che Matsumoto aveva già dimostrato di possedere in Big Man Japan, portando una nuova ondata di freschezza e audacia nel cinema giapponese. Forse è ancora presto per festeggiare l’avvento di un nuovo autore, e occorrerà necessariamente aspettare i suoi prossimi lavori per stabilire se l’originalità e la spontaneità dei suoi esordi non siano soltanto un fuoco di paglia o, peggio, una colossale presa in giro. Nel frattempo, godiamoci questi due gioielli. [Giacomo Calorio]
geniale, a me e` piaciuto piu` questo del primo, fuori da qualsivoglia regola ed attendiamo con ansia l`ultimo lavoro che qualcuno in rete ha definito "l`opera della maturita`" per Matsumoto paragonandolo a Kitano……
sì, anche secondo me Matsumoto è uno dei nuovi autori da seguire …