Sayazamurai (Scabbard Samurai)
Sayazamurai ( さや侍, Scabbard Samurai). Regia: Matsumoto Hitoshi; soggetto e sceneggiatura: Ema Kōji, Hasegawa Tomoji, Itao Itsuji, Kuramoto Mitsuru, Matsumoto Hitoshi, Takasu Mitsuyoshi; fotografia: Kondō Ryūto; interpreti: Nomi Takaaki, Kumada Sea, Itao Itsuji, Emoto Tokio, Ibu Masato, Kunimura Jun; durata: 103′; uscita: 11 giugno 2011.
Link: Sito ufficiale – Mark Schilling (Japan Times) – Nicholas Vroman (a page of madness)
PIA: Commenti: 3,5/5 All’uscita delle sale: 69/100
Punteggio ★★★1/2
Partiamo dal festante finale al tip tap di Zatōichi con cui Kitano Takeshi disorienta e gioca uno scherzaccio al suo pubblico di affezionati e aggiungiamoci gli ultimi minuti di puro delirio di Symbol. Bisogna per forza partire da qui se si vuole affrontare un’opera come questa, ultimo lavoro di Matsumoto Hitoshi, comico che in Giappone gode di popolarità stellare (in coppia con Hamasa Masatoshi forma da anni il duo Downtown) e che da un po’ di anni a questa parte ha cominciato a cimentarsi nell’arte cinematografica, sua passione fin da bambino. Dopo l’incredibile Symbol sembrava che più niente potesse aggredire la mente serena dello spettatore, ma Matsumoto riesce a sorprendere ancora, con un lavoro che ripensa e rivisita il genere jidaigeki e il personaggio del ronin con figlio/a attraverso la lente deformante della sua sensibilità comica, eccessiva e spiazzante.
La storia inizia con un vecchio ex-samurai, interpretato dall’attore dilettante Nomi Takaaki, e sua figlia che vagano per il Giappone, un bellissimo territorio rurale e quasi bucolico fotografato con grande tocco da Kondō Ryūto, già direttore della fotografia per due film di Kumakiri Kazuyoshi, Nonko 36 sai (kaji tetsudai) (Nonko 36-sai) e Kaitanshi jokei (Sketches of Kaitan City). Nelle prime scene, praticamente senza alcun dialogo, vediamo il samurai sempre in fuga con fare codardo venire aggredito e ferito, in scene tanto comiche quanto deliranti, da tre assassini, macchiette comiche che ben ci introducono nell’atmosfera surreale del film. Sarà la piccola figlia Tae a curarlo ogni volta con un impasto di erbe di montagna. Ma ciò non basterà a salvarlo dagli scagnozzi di un signore locale, in cerca di qualcuno capace di far sorridere sua figlia ormai ridotta al mutismo dallo shock della morte della madre.
La scomparsa della madre è uno dei fili conduttori dell’opera, un dramma che ha colpito anche il samurai e la bambina. Da quando la moglie è morta, si è infatti lasciato andare in una sorta di apatia senza desideri che sembra potersi concludere solo con la morte ed è forse ciò che segretamente cerca. Se non sarà in grado di far ridere la piccola principessina entro i trenta giorni concessi, sarà costretto a commettere seppuku. Comincia così una parte surreale e comica fino all’eccesso in cui il derelitto samurai le prova tutte per salvarsi la vita. Viene fuori qui tutto il repertorio, anche al limite del buon gusto, del Matsumoto comico di Osaka e la mimica di Nomi che è quasi keatoniana. Anche se il personaggio ha qualche similitudine con quello che avevamo visto in Symbol, qui è più profondo e umano, l’espressione carica di tristezza ed immutabile, l’esposizione della sua fisicità che lo mette spesso in ridicolo e la quasi assenza di parola, sono un’esplicitazione fisica di quello che è il suo dramma interiore, quello di essere cioè un perdente, soprattutto agli occhi della figlia che spesso lo rimprovera. Tutto ciò riesce a tratteggiare, fra una risata e l’altra, un eroe umano-troppo-umano che solo nello splendido finale riuscirà a riscattarsi. Siamo qui in presenza forse dell’opera migliore di Matsumoto e oltre alla già citata ottima fotografia, troviamo scene surreali stilizzate al massimo grado che ci mostrano il talento comico e registico del nostro che e’ anche bravo a posizionare la macchina da presa. L’unica parte debole è forse quella centrale, dove la divertente successione di siparietti comici fatti per far ridere la principessa, alla lunga tende a ripetersi e a far perdere il ritmo. Ma glielo si può concedere perché la storia, l’idea di fondo che muove il film, il rapporto cioè fra padre e bambina che si esplica e sublima soprattutto nei dieci minuti finali, sono da applausi. Si ride, si piange nel sangue e i centododici minuti del film sono già terminati. Eppure ne vorremmo ancora di questa sublime e comica follia purificatrice. 「Matteo Boscarol」
Non vedo l'ora di vederlo!
ottimo! l'avevo già adocchiato nel programma di locarno di quest'anno, spero di riuscire a vederlo
a tre giorni dalla visione ce l`ho ancora davanti agli occhi e il significato si riverbera meglio a mente fredda (contrario di Confessions per dire), forse anche 4 stelle non sarebbero state ingiuste…
Se vuoi cambiare punteggio siamo sempre in tempo ….
Io sono per il 4 pur non avendolo visto (vado sulla fiducia), visto che lo giudichi migliore degli altri due ai quali ho dato 3 1/2.