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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

“Nuove correnti” promosse da Hoga Holic

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Sumidaku kyojima 3 chome (Kyojima 3rd St., Sumida City). Regia, soggetto e sceneggiatura: Yoshida Kota; fotografia: Seki Masafumi; interpreti: Inoue Mana, Serizawa Tateto, Kawata Nozomi, Yoshida Yuka; durata: 30′; 2010. 
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Tuesday Girl (Tuesday Girl). Regia, soggetto e sceneggiatura: Imaizumi Rikiya; fotografia: Iwanaga Hiroshi; interpreti: Sekiguchi Takanori, Takagi Jun, Kimura Tomoki, Katagata Kazuyo, Aya; durata: 44′; 2011.
Link: Trailer (Youtube) – Sito del regista
 
Ancora due suggestioni da Nippon Connection 2011. Entrambe le opere sono state segnalate e promosse nell’ambito delle “nuove correnti” da Hoga Holic, una nota webzine che dal 2008 si concentra sulla promozione del cinema giapponese indipendente.
Tuesday Girl (Tuesday Girl) di Imaizumi Rikiya è una commedia grottesca sul matrimonio contrapposto alla separazione, sull’onestà contrapposta alla menzogna. La storia, suddivisa in giorni, ha come principali protagoniste due coppie: la prima deve sposarsi, ma il ragazzo, si scoprirà, si nasconde dietro una malcelata rete di menzogne mentre sta continuando a frequentare una ex dei tempi della scuola alla quale aveva fatto promesse di matrimonio; la seconda invece è una coppia divisa perché lui non riesce a confidare alla fidanzata che è stato licenziato (ma ci riuscirà alla fine). Per questo motivo passa le proprie giornate sull’argine di un fiume, con altri personaggi (due ragazzine, un barbone frastornato).
Il regista, già assistente alla regia di Yamashita Nobuhiro e premiato in passato per i suoi corti caratterizzati da sceneggiature precise e dialoghi realistici, regala qui un cameo surreale interpretando il personaggio dell’homeless che vive in una tenda in riva al fiume.
Mi pare vi siano diverse analogie con Love Addiction: i rapporti tra i quattro ripropongono in un certo senso il “gioco al massacro” del film di Nobuteru Uchida. Non solo: i dialoghi surreali, le inquadrature che racchiudono i personaggi come in un ring mentre si “combattono” battaglie di sentimenti anche dolorosi, ne ripropongono un po’ l’atmosfera, anche se qui il tono è più scanzonato, meno profondo. In Love Addiction la ragazza-love-addicted rimane invischiata nella sofferenza data dall’amare un uomo egocentrico ed egoista (ma dalla dialettica splendidamente brillante ed ironica, mentre espone le sue teorie sui sentimenti e sui rapporti) in Tuesday Girl una sequenza analoga (interno, i quattro attorno ad un tavolo) propone un finale diverso e liberatorio: allo svelare del tradimento da parte del futuro marito, la fidanzata si lascia andare ad una risata travolgente e salvifica.
Sumidaku kyojima 3 chōme (Kyojima 3rd st., Sumida City) di Yoshida Kota è una prova convincente di quel cinema  “addosso” al personaggio, del quale si vogliono indagare emozioni e stati d’animo.
Film breve di 30 minuti nel quale lo sguardo della macchina da presa segue una studentessa, la spia durante l’incontro con un’amica, più tardi in un negozio dove la ragazza ruba una piccola trousse per i trucco. Il proprietario del negozio, un tipo dall’aspetto mite, la vede e inizia con lei un sottile gioco sadico: costringe la ragazza a rimanere nel retro del negozio e insiste per avere i suoi dati, vuole a tutti i costi il suo indirizzo. Le racconta anche di un proprio furto, anni prima, la trattiene con gentilezza, ma di fatto il suo insistere è disturbante. Un gioco, forse. Una lezione da infliggere per il furto. Lei resiste, riuscirà ad andarsene senza lasciare l’indirizzo.
A casa però, durante la cena, decide di liberarsi la coscienza e rivela alla madre il proprio errore. Una scena toccante, il movimento della macchina da presa verso di lei è lentissimo, fino a chiudere sul suo viso in lacrime, che a quel punto però esprime anche forza e determinazione. Come nel film precedente, la scelta della verità si contrappone alla menzogna. Superata la soglia (e la relativa prova), la ragazza torna al negozio e lascia un biglietto accanto al tipo che dorme, con il proprio indirizzo (che è, chiaramente, il titolo del film). Il finale è tutto per l’eroina che si è confrontata con le proprie zone d’ombra, le ha affrontate e sconfitte, e che può a quel punto passeggiare insieme all’amica nella cornice tranquilla delle vie del quartiere. [Claudia Bertolè]
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