Yuriko, dasuvidaniya (Yoshiko&Yuriko)
Yuriko, dasuvidaniya (百合子、ダスヴィダーニヤ, Yuriko&Yoshiko).Regia: Hamano Sachi; soggetto: dal romanzo Nobuko di Chujo Yuriko e da interviste a Yuasa Yoshiko; musica: Yoshioka Shigemi; interpreti: Toi Hitomi, Nahana, Oosugi Ren, Yoshiyuki Kazuko, Dōguchi Yoriko; uscita nelle sale giapponesi: 7 settembre 2011.
Link: Sito ufficiale
PIA: Commenti: 2,5/5 All’uscita delle sale: 50/100
Punteggio ★★1/2
Hamano Sachi è una figura leggendaria nel mondo del pink eiga. Collaboratrice di Wakamatsu per alcuni anni, dal 1971 inizia la carriera registica che la porterà a realizzare più di 300 lavori. Ma Hamano è anche produttrice, insomma una donna che fra le altre cose si è saputa imporre con la sua abilità e le sue idee in un mondo che solitamente è riservato ai soli uomini. Da un po’ di tempo a questa parte Hamano si sta cimentando anche al di fuori del genere che l’ha lanciata. Per esempio, è del 2006 Cricket Girl, con cui ha adattato per il grande schermo tre storie della scrittrice giapponese Ozaki Midori. Anche con il suo ultimo lavoro qua recensito, la regista affronta la storia scandalosa, per l’epoca in cui si svolsero i fatti (gli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo), di due donne letterate e della loro relazione d’amore. Si tratta di Yuasa Yoshiko (1896-1990), traduttrice e studiosa di lingua e cultura russa, e di Chujo Yuriko (1899-1951), scrittrice. La prima lesbica dichiarata, per quel che si poteva dichiarare a quel tempo, che convive a con una geisha a Kyoto, la seconda sposata regolarmente con un professore conosciuto in America. E’ questa la situazione da cui parte il film tratto direttamente da due testi: Nobuko, un romanzo della Chujo, e una serie di interviste rilasciate dalla Yuasa poco prima di morire.
Siamo nel tredicesimo anno del periodo Taisho (1924) quando la famosa scrittrice Nogami Yaeko fa conoscere le due donne. Fra di loro si instaura fin da subito una forte relazione di amicizia che a poco a poco si trasforma in un vero è proprio sentimento amoroso. Da Tokyo, dopo aver rotto con il marito,Yuriko si trasferisce a Fukushima dalla nonna, dove verrà raggiunta subito da Yoshiko ma anche saltuariamente dal marito che tenterà in tutti modi di non perderla.
Nella prima parte il film non decolla particolarmente soprattutto a causa di un sonoro impercettibilmente fuori sincrono e di non altissima qualità e temo che ciò non sia un difetto della sala di proiezione dove l’ho visto. I luoghi descritti dal film, inoltre, il giardino di una villa, la casa di Yuriko e gli esterni, non rimangono molto impressi nella memoria , così come non aiutano molto a creare quell’atmosfera dell’epoca che ci si aspetterebbe da un film del genere. Nonostante tutto questo, è un lavoro che ha un suo fascino ed una sua forza che emergono lentamente nella seconda metà. Lo spettatore viene infatti lentamente trascinato nella relazione amorosa fra le due donne e questo è già un motivo più che buono per vedere il film. Essendo, come già detto, tratto anche dalle interviste della Yuasa, il film si concentra sugli aspetti personali e psicologici del rapporto fra le due donne e ha poco interesse a creare un’atmosfera che ci riporti ed evochi il periodo Taisho.
Le parti migliori risultano essere così i primi piani dei visi delle due ragazze e le loro riflessioni, anzi si potrebbe quasi dire che tutto il film si regge proprio su questi due aspetti. In questo la Hamano è stata brava. Fra gli attori, soprattutto Toi Hitomi, cantante qui al suo debutto, nella parte di Yuriko, assieme all’interpretazione maschile di Nahana, riesce a mettere bene in evidenza la differenza di personalità fra le due donne e la chimica di coppia su cui tutta la narrazione si sviluppa. Al contrario, il cast di supporto non brilla certo, a parte Dōguchi Yoriko nei panni della comune amica scrittrice. Specialmente il marito risulta troppo macchiettistico e, se è vero che probabilmente è una scelta atta a ridicolizzare la figura maschile in toto dovuta all’anima femminista della Hamano, resta comunque il fatto che in certe occasioni pare davvero un atteggiamento un po’ eccessivo che rischia di rompere l’atmosfera del film. Lo stile con cui il film è girato è abbastanza piano e senza particolari espressivismi di sorta, una scelta anche questa fatta per permettere allo spettatore di concentrarsi sulla pura narrazione e sulla relazione fra le due protagoniste. Si cambia registro solo negli ultimi minuti quando in una scena di sogno Hamano usa angolature oblique, colori accesissimi e indovina la posizione della camera con due o tre close up sul viso di Yoshiko. In definitiva, anche se non è un’ opera del tutto riuscita e che a tratti sembra quasi incompleta, è importante tanto per la scelta del tema affrontato quanto per la capacità di portare alla ribalta una storia tanto significatica quanto poco conosciuta, anche nell’ arcipelago giapponese stesso.[Matteo Boscarol]