Futatabi: Swing Me Again
Futatabi: Swing Me Again (ふたたび Swing Me Again, Futatabi Swing Me Again). Regia: Shioya Toshi; soggetto: dal romanzo di Yagi Junichi; sceneggiatura: Yagi Shunichi; produttore: Tom Yoda; interpreti: Suzuki Ryōhei, Zaitsu Ichirō, Jinnai Takanori, Minji; durata; 111′; uscita nelle sale giapponesi: 13 novembre 2010.
Link: Sito ufficiale – Nicholas Vroman (a page of madness)
PIA: Commenti: 3,5/5 All’uscita delle sale: 72/100
Punteggio ★★1/2
La riservatezza e la compostezza tipiche dei giapponesi che giustamente ci affascinano hanno anche un rovescio della medaglia nell’atteggiamento di rifiuto ed emarginazione nei confronti di coloro che sono colpiti da gravi malattie. E, simmetricamente, le vittime e i loro famigliari, consapevoli di questa ostilità ambientale, tendono a nascondere e a nascondersi. Così fu per le vittime della bomba atomica, così è in qualche caso per la gente di Fukushima, così è stato, infine, per i malati di lebbra.
Per molti decenni i malati di lebbra in Giappone sono stati confinati forzatamente in strutture ospedaliere semicarcerarie: solo verso la fine degli anni ’90 sono state rimosse le leggi che disciplinavano quella che di fatto era una detenzione e si è dovuti arrivare al 2002 perché il primo ministro di allora, Koizumi Jun’ichirō, decidesse di non ricorrere in appello contro la sentenza che ordinava al governo di pagare i danni ai malati di lebbra, aprendo così di fatto il pubblico riconoscimento dei torti inflitti.
Partendo da questo tema, ma considerandolo solo sul versante privato, il film racconta del ritorno a casa di un uomo anziano che dopo anni di ospedalizzazione è dichiarato guarito e viene riaccolto, con un po’ di problemi, nella famiglia che durante i lunghi anni di separazione il figlio ha costruito. Di fatto, l’uomo non non solo non conosce la nuora e i due nipoti, un maschio e una femmina, ma neppure il proprio figlio: quando si ammalò, infatti, colei che sarebbe diventata sua moglie era appena rimasta incinta. Dopo una serie di problemi iniziali dovuti a questa estraneità, l’anziano signore si avvicina al nipote. Questi è appassionato di musica jazz e suona la tromba nel club della scuola. Grande è perciò il suo stupore quando scopre che il ritrovato nonno era un bravo trombettista in un quintetto jazz e che dovette abbandonare la carriera a causa della lebbra. Grazie alla musica, tra nonno e nipote si instaura un feeling superiore a quello con gli altri membri della famiglia e quando il nonno, nonostante le preoccupazioni dei famigliari, si metterà in viaggio per ritrovare i compagni di musica di allora, sarà proprio il nipote ad accompagnarlo, trasformando il film in un road movie abbastanza simpatico. Il viaggio si concluderà nell’apoteosi del quintetto che si ricostruisce e suona nel mitico locale dove doveva suonare trent’anni prima, con il nonno che, dopo aver realizzato il suo sogno, passsa il testimone al nipote.
Pur senza particolare creatività e nonostante qualche eccesso di melensaggine, il film resta garbato nell’affrontare un tema scomodo e nel mostrare, anche se solo superficilamente, un aspetto non positivo della società giapponese – la discriminazione nei confronti di chi à malato – e anche nel rappresentarci degli adolescenti che non sono né sciocchi bulli né drogati dalla moda e dal lusso e che hanno aspirazioni artistiche e si indigninano di fronte alle ingiustizie. [Franco Picollo]