Mahoro ekimae Tada benriken (まほろ駅前多田便利軒, Tada’s Do-It-All House)
Mahoro ekimae Tada benriken (まほろ駅前多田便利軒, Tada’s Do-It-All House). Regia: Ōmori Tatsushi. Soggetto: dal romanzo di Miura Shion. Sceneggiatura: Ōmori Tatsushi. Fotografia: Otsuka Ryō. Interpreti: Eita, Matsuda Ryūhei , Kataoka Reiko, Suzuki Anne, Ōmori Nao, Maro Akaji, Kōra Kengo, Kishibe Ittoku. Durata: 112′. Uscita nelle sale giapponesi: 23 aprile 2011.
Link: Sito ufficiale – Nicholas Vroman (a page of madness) – House of Japan –
PIA: Commenti: 3,5/5 All’uscita delle sale: 73/100
Kinema junpō best ten 2011: 4° posto
Link: Sito ufficiale – Nicholas Vroman (a page of madness)
Punteggio ★★
Ambientato in un quartiere immaginario di Tokyo chiamato Mahoro – da cui il titolo che suona qualcosa come “Tada, il tuttofare (di fronte) alla stazione di Mahoro” – , il film racconta la storia di due compagni di scuola che si ritrovano dopo vari anni, ormai adulti, divorziati e amareggiati. Keisuke (Eita) lavora, meglio dire sopravvive, come tuttofare nel sopraccitato quartiere, Haruhiko (Matsuda Ryūhei) è uno sbandato con alle spalle, sembra, un matrimonio finito male, forse un figlio, forse qualche attività illecita. Lentamente e farraginosamente i due trovano una convivenza e affrontano insieme, seppur con atteggiamento diverso e a volte opposto, i vari piccoli problemi lavorativi che si offrono loro. Sarà proprio attraverso l’interazione con le difficoltà, le gioie e le piccole follie altrui, che i due troveranno il modo di sostanziare nuovamente la loro amicizia.
Le premesse per un buon film, anche in termini di successo, c’erano, a partire dal romanzo di Miura Shion, vincitore del Naoko Prize 2006 e successivamente best seller con oltre 500.000 copie vendute. I due protagonisti, sono piacenti ma, a differenza di molto loro colleghi coetanei, anche non stupidi. Eita vanta, fra l’altro, titoli come Dear Doctor, Ichimei e Ōshikamura sōdōki, nonché l’intenso drama Soredemo, ikite yuku; Matsuda Ryūhei ha esordito addirittura in Gohatto di Ōshima Nagisa e si è visto in vari titoli, fra cui Kanikōsen, Boys on the run e Akumu tantei. Per non dire poi del regista, Ōmori Tatsushi, che è passato alla regia nel 2005 subito con un film “d’autore estremo”, quel Gerumaniumu no yoru (Whispering of the Gods) che è entrato in varie classifiche dei migliori film dell’anno. Eppure, nonostante tutto ciò, il lavoronon decolla o,meglio, la tensione drammatica non raggiunge mai i livelli sperati. Il fatto che, attraverso i vari impieghi, i due protagonisti entrino in contatto con una umanità variegata, talvolta fastidiosa, talvolta commovente, e si sentano spinti a tentare di risolvere i problemi esistenziali dei clienti al di là del mero incarico lavorativo, poteva non essere male ma manca completamente di incisività: l’assenza di pathos impedisce il sorgere tanto della risata che della commozione. Anche il messaggio che viene dall’happy end – e cioè: sebbene le persone siano sempre meno interessate l’una all’altra, la felicità si può trovare e si può riprodurre in vari modi anche non convenzionali –, non dice granché. Al pari dell’altro recente film di Ōmori, Kenta to Jun to Kayochan no kuni (A Crowd of Three) del 2010, queste storie minimali di giovani alla ricerca di assetti affettivo-esistenziali non tradizionali, non riescono a cogliere nel segno. [Franco Picollo]