Hayabusa (はやぶさ)
Hayabusa/HAYABUSA (はやぶさ/HAYABUSA, Hayabusa). Regia: Tsutsumi Yukihiko. Sceneggiatura: Shirasaki Hiroshi, Inoue Kiyoshi. Fotografia: Karasawa Satoru. Musica: Hasebe Toru, Segawa Heishi. Interpreti: Nishida Toshiyuki, Sano Shirō, Takeuchi Yūko, Ichikawa Miwako, Toda Keiko. Produttore: Inoue Kiyoshi. Durata: 140′. Uscita nelle sale giapponesi: 1 ottobre 2011
Link: Sito ufficiale – Mark Schilling (Japan Times) – Nicholas Vroman (a page of madness)
Punteggio ★★
Nel giugno del 2010 un satellite giapponese ritorna con successo dal suo viaggio nello spazio, iniziato nel 2003 per raccogliere campioni di minerali da un asteroide, primo satellite nel riuscire in quest’impresa. Vero proprio evento salutato con orgoglio nazionale da tutti i media, da questa missione sono stati prodotti ben tre film: un documentario e due fiction. Di quest’ultimi due, uno è uscito alla fine del 2011 diretto da Tsutsumi Yukihiko, già autore della colossale trilogia di 20th Century Boys.
Il lungometraggio ci racconta con un pizzico di commedia e di melodramma ed un leggero tono da documentario scientifico, come il progetto sia nato e come siano stati vissuti i momenti di difficoltà e di successo da tutto il team che stava alle spalle di questo progetto spaziale. Talvolta fanciullescamente didascalico, talvolta animato da momenti di comicità da “otaku dello spazio”, le vicende vengono viste attraverso l’intrecciarsi dei rapporti dei vari personaggi, un anziano ricercatore (Nishida Toshiyuki), il serioso manager della missione (Sano Shirō) e quella che si potrebbe definire la protagonista, Megumi (Takeuchi Yūko), una giovane e impacciata universitaria super appassionata del satellite che grazie alle sue capacità riesce ad entrare a far parte del team (come volontaria, cosa che non va dimenticata). Anche se questo Hayabusa ha qualche pregio, come ad esempio quello di far conoscere allo spettatore ignaro i tempi di preparazione di simili progetti e quindi di addentrarsi (molto minimamente, invero) nelle vite di chi a queste missioni dedica la propria esistenza, non si può dire che sia un film indimenticabile, anzi. Come già detto all’inizio, il tono un po’ sopra le righe fra il comico ed il didascalico rende la tensione praticamente assente, e forse non era neanche in programma; inoltre è piuttosto lungo, le due ore e venti di durata potevano facilmente venire ridotte un po’. Quindi un film che si guarda senza infamia e senza lode, più una lunga spiegazione della missione e dei suoi raggiungimenti che non un’epica spaziale o scientifica. Adatto ad un pubblico di preadolescenti con il pallino dello spazio o perfetto per tappare la noia di un lungo viaggio in aereo. [Matteo Boscarol]