Shokuzai (贖罪 – Atonement) – Episode 5
Episodio 5: Atonement. Regia e sceneggiatura: Kurosawa Kiyoshi. Soggetto: dal romanzo di Minato Kanae. Fotografia: Ashizawa Akiko. Montaggio: Takahashi Kōichi. Musica: Hayashi Yūsuke. Interpreti e personaggi: Koizumi Kyōko (Adachi Asako), Ikewaki Chizuru (Ogawa Yūka), Kagawa Teruyuki (Aoki Hiroaki), , Tanaka Tetsuji (Adachi Toshirō), (Shimada Kyūsaku (detective Yabe). Produzione: WoWow. Durata: 75’. Trasmesso alla tv giapponese domenica 5 febbraio 2012.
Avvisata dell’incidente occorso alla figlia Emiri, Adachi Asako si precipita nella palestra della scuola dove apprende della morte della bambina. Invitate a casa le quattro amiche di Emiri, che hanno visto l’assassino, Asako dice loro che non potrà perdonarle sino a che qualcuna non ricorderà il volto dell’uomo e permetterà così la sua identificazione. 15 anni più tardi, Yūka, una delle quattro, dice ad Asako di aver sentito per radio la voce di un uomo che è certamente quella dell’assassino: si tratta di Aoki Hiroaki, direttore della Libera scuola di Yūai. La donna, decisa ad uccidere l’uomo, si reca sul posto e lo incontra, scoprendo che si tratta di un suo vecchio compagno di università che, nel frattempo, ha cambiato nome. Gli allievi della scuola, tutti vestiti di bianco, appaiono più come membri di una setta che normali studenti. Aoki presenta ad Asako la moglie Suzuka e le fa notare la somiglianza con una certa Akie. Turbata dall’atteggiamento dell’uomo, la donna lascia la scuola, ma questi si getta al suo inseguimento con un’auto e, proprio quando l’ha raggiunta, finisce, forse nel tentativo di investirla, fuori strada. A casa, Asako confessa al marito che il vero padre di Emiri è Aoki. Tornata nella scuola, Asako scopre che Aoki è scomparso dopo l’incidente. Fermata dalla polizia, la donna confessa loro che ai tempi dell’università ebbe una relazione con lo stesso Aoki, che poi però le preferì l’amica Akie. Quando questa, a sua volta incerta sui sentimenti dell’uomo, finì col tagliarsi le vene, Asako, chiamata sul posto dalla stessa Akie, la lasciò morire senza intervenire e se ne andò portandosi via la sua lettera d’amore per Aoki. Per una serie di coincidenze la lettera finì poi nelle mani dello stesso Aoki, che decise di vendicarsi di Asako uccidendone la figlia. Nel corso di un ultimo incontro fra Asako e Aoki, la donna rivela all’uomo che era lui il padre della bambina uccisa e violentata. L’uomo invita la donna a seguirlo, e davanti ai suoi occhi si getta sotto un treno. Alla polizia Asako dice di aver spinto Aoki sotto il covoglio, ma la testimonianza del macchinista la scagiona. Sconvolta, la donna vaga in mezzo alla brume del mattino.
Il quinto e ultimo episodio di Shokuzai si concentra sulla figura di Asako, la madre della piccola Emiri, qui finalmente protagonista, dopo essere stata sempre presente anche nelle altre prime quattro parti, ma in un ruolo secondario. La risoluzione dell’intreccio, presumibilmente segnata dal soggetto originale, il romanzo di Minato Kanae, è alquanto macchinosa e troppo indulgente nei confronti di certi cliché tipici del melodramma. Troppo costruito è il tragitto che la lettera di Akie segue, passando da questa ad Asako e poi a Emiri, ad Aoki, a Suzuka, ancora ad Asako e, infine, alla polizia, permettendo così il concatenarsi degli eventi principali e la loro risoluzione drammatica. Così come perlomeno sopra le righe appare la scelta di fare dell’assassino anche il padre della stessa vittima, con tanto di conseguente e prevedibile agnizione.
Ciò che comunque quest’intreccio mette in evidenza è il rovesciamento di ruolo del personaggio di Asako e la sua trasformazione da vittima (in quanto madre della bambina uccisa) a carnefice (in qualità della responsabile della morte di Akie). Come già accadeva in Cure (1997), e in molto J-Horror, è il ritorno del rimosso e delle colpe passate a determinare nel presente lo scatenarsi di una serie di fatti drammatici e che nessuno riesce più a controllare.
Nel rapporto che si viene a designare tra Asako e Aoki, entrambi per così dire sdoppiati nel ruolo di vittime e carnefici, il film insinua anche il tema delle differenze di classe, quando Aoki rimprovera ad Asako di aver cercato di por fine alla loro drammatica relazione scegliendo un matrimonio combinato che le offriva agi e sicurezze, lasciando invece lui in una situazione di precarietà (da cui poi anche lui uscirà con un matrimonio di convenienza).
Come Asako, anche Aoki è un personaggio complesso e contraddittorio, incapace di liberarsi del proprio passato. Se ha spostato Suzuka è anche per via della sua somiglianza con Akie, e, se ha violentato la piccola Emiri e perché in questo modo si è illuso di poter possedere ancora una volta Asako.
Se il soggetto dell’ultimo episodio di Shokuzai sceglie nei fatti la via del feuilletton, non così è per la regia di Kurosawa, che, al contrario, si caratterizza per una rappresentazione che tende ad essere fredda e staccata, senza mai induìgere nel facile sentimentalismo. Come del resto riesce a fare in modo molto convincente la brava Koizumi Kyōko (già in Tokyo Sonata), uno dei volti più intensi del cinema giapponese contemporaneo, cui lo stesso regista dà il giusto risalto.
Fra le soluzioni di messa in scena più riuscite, quasi da antologia, dell’ultimo episodio di Shokuzai, va citato l’uso delle luci dinamiche e intermittenti (i lampeggianti delle autoambulanze e delle macchine della polizia) che accompagnano il momento in cui Asako si rende conto della morte della figlia, e gli conferiscono una tensione visiva che è tutt’uno col dramma vissuto dalla donna. Altrettanto efficace l’uso degli ambienti, a volte anche stranianti, come il magazzino in cui avvengono gli interrogatori della polizia ad Asako e, soprattutto, la casa abbandonata dell’ultimo incontro fra Asako e Aoki. Luoghi che sembrano essere lì – che sono lì – per ricordare e nello stesso tempo celare, si pensi alla cassaforte in cui è prima nascosta e poi trovata la lettera d’amore di Akie, un passato da cui non è possibile fuggire, e le cui colpe bisogna espiare. [Dario Tomasi]