Sono Sion’s 0cm4 パリコレバージョン
Speciale Sono Sion
0cm4 パリコレバージョン (id.). Regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio: Sono Sion. Fotografia: Ishii Isao. Direttore creativo: Arakawa Shinichirō. Luci: Ōsaka Akio. Scenografia: Suzuki Keiko, Ishikawa Yuya, Arakawa Shinichirō, Fujimoto You. Musica: Yabe Tadashi (U.F.O.). Stilisti: Adam Howe, Arakawa Shinichirō. Trucco: Kubota Naomi, Suetake Kōjiro. Interpreti: Nagase Masatoshi, Asō Kumiko, Suzuki Takuji. Produttore: Furusawa Binbun. Produzione: Arakawa Shinichirō. Durata: 22’. Anno: 1999.
Un uomo, Maeda (Nagase Masatoshi), riceve la visita di un amico (Suzuki Takuji) che gli porta una videocamera. Maeda ne ha già molte. Passa il tempo a filmare le cose, gli altri e se stesso. Come in un’autointervista, rivolto alla videocamera che tiene in mano, dice che manca una settimana e che lui non vede i colori, vede in bianco e nero.
La scena è ora in una stanza a pois di vari colori vivaci, Maeda è vestito di rosso. Suona la sveglia. Maeda dice che ha sognato di trovarsi dopo l’operazione e si chiede qual è il vero colore rosso. Poi va in giro per le strade con la videocamera, filma le cose e dice che lui vede il mondo così come si vede con la videocamera.
Riprende l’intervista nella casa. Maeda dice che non vede i colori ma ha una sua idea dei colori. Si chiede se rinunciare all’operazione. Ha paura che ciò che vedrà dopo sarà peggio, perché ora immagina, poi invece sarà definitivo. Cammina e si fa filmare dalla sorella (Asō Kumiko). Dice che il suo mondo è più colorato di quanto si possa pensare. I colori che gli altri vedono, aggiunge, sono soggettivi.
Ora Maeda è nuovamente nella stanza a pois. Suona la sveglia, un suono violento, incessante. Maeda si sveglia e distrugge tutto ciò che c’è nella stanza a colori. Man mano che “si sveglia” e distrugge le cose, i (suoi) colori svaniscono. Esce fuori nella luce abbagliante: è bianco puro.
Nella scena finale, dopo l’operazione, il medico gli toglie le bende e gli dice di aprire gli occhi. Maeda è perplesso. Il medico gli chiede “Com’è?”. Lui risponde: “Cosa significa “com’è?”?”.
Ocm4 è un film su di un uomo che soffre di daltonismo totale, cioè non vede i colori. Una settimana prima di essere operato per risolvere la sua malattia, egli inizia a sentire l’ansia per come potrebbero cambiare dopo l’operazione il suo senso dei colori e il mondo che ha dentro di sé. Sono ha affermato a proposito di questo film: “Che cos’è il rosso? Il rosso che vedo io e il rosso che vedono le altre persone sono diversi. Su cento persone ci potrebbero essere cento tipi di rosso”. Attraverso il protagonista, il regista si interroga sul fatto che i colori che vediamo differiscono da una persona all’altra poiché passano attraverso la capacità di percezione di ognuno. Maeda si chiede: “chi è che stabilisce se i colori che vedo sono sbagliati, se i colori che vedono le altre persone sono giusti?”. Quando si dice “anormale”, come nel caso del protagonista, si considera “normale” la percezione dei colori della grande maggioranza delle persone, ma tale differenza più che “giusto” o “sbagliato” significa “maggioranza” e “minoranza”. Il mondo creato dalla maggioranza influenza il singolo individuo che vive in tale mondo. Non c’è nessuna scala di misura per stabilire che cosa sia giusto o sbagliato. “Zero centimetri alla quarta” è una misura che non esiste, così come non esiste una misura oggettiva dei colori. All’estremo del ragionamento, i colori sono soggettivi.
Prodotto dal famoso disegnatore di moda Arakawa Shinichirō (che ha partecipato a tutta la creazione del lavoro come direttore artistico, stilista e scenografo), il cortometraggio beneficia dell’interazione artistica fra Sono e lo stilista. Proprio nel 1999, Arakawa inizia a sviluppare quell’approccio concettuale che lo renderà famoso secondo cui gli abiti hanno anche la funzione di dipinti che possono essere appesi al muro. Il loro modellarsi sul corpo di una persona o fissati su una parete dipende dalle pieghe che vengono date al colore.
Celebre è appunto il suo abito/dipinto rosso incorniciato e appeso al muro. Il rosso è un colore importante per Arakawa: “Il rosso è un colore con due facce” spiega, “irradia potere ma anche debolezza”, rendendolo un simbolo dell’umanità. “Qualche volta mi sento forte, qualche volta debole. Ma cionondimeno voglio essere me stesso.” “Essere se stesso” e “conoscere se stesso” sono due caratteristiche fondamentali della filosofia di Arakawa e si ritrovano nelle domande che si pone il protagonista del film.
Intrecciando le proprie tematiche con quelle dello stilista, Sono ci offre una riflessione intuitiva sulle contaminazioni tra sguardo, immaginazione, sogno e, in ultima istanza, il cinema. La stanza a pois multicolori rappresenta come il protagonista vede il mondo attraverso la sua immaginazione. La sveglia (l’operazione) lo costringe a uscire dal sogno, cioè a vedere la realtà, senza più immaginarla. Quando Maeda va per le strade, guarda-vede attraverso la videocamera. Il cinema, vien da dire, è ciò che ci consente di vedere il sogno. Il cinema dà forma all’immaginazione.
L’interazione tra Sono e Arakawa proseguirà poi l’anno successivo con Utsushimi, dove Arakawa sarà uno dei protagonisti del film e Sono mostrerà la progettazione e realizzazione dei suoi capi-dipinti che sembrano fuoriuscire dalla materia grezza. [Franco Picollo]