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Kirishima, bukatsu yamerutteyo (桐島、部活やめるってよ, The Kirishima Thing)

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Kirishima, bukatsu yamerutteyo (桐島、部活やめるってよ, The Kirishima Thing). Regia: Yoshida Daihachi. Soggetto: dal romanzo di Asai Ryō. Sceneggiatura: Kōhei Kiyasu, Yoshida Daihachi. Fotografia: Kondō Ryūto. Montaggio: Kusakabe Mototaka. Musica: Kondō Tatsuo. Interpreti: Kamiki Ryunosuke, Hashimoto Ai, Ōgo Suzuka, Higashide Masahiro, Shimizu Kurumi, Yamamoto Mizuki, Matsuoka Mayu. Durata: 103′. Uscita nelle sale giapponesi: 11 agosto 2012.
Link: Sito ufficialeMark Schilling (Japan Times) 
Punteggio ★★★1/2

Mainichi Film Award: miglior film e miglior regista 2012
Japan Academy Prize: miglior film, miglior regista e film più popolare 2012

In un liceo giapponese il leader della squadra di pallavolo della scuola lascia improvvisamente la squadra e sparisce. La notizia coglie compagni e compagne increduli. La ricerca dei motivi dell’abbandono e della persona stessa alterano i ritmi e i rapporti relazionali all’interno della scuola. In particolare, Maeda (Ryunosuke Kamiki), appassionato di cinema e frequentante il film club della scuola, percependo la tensione intorno a sé, inizia a girare un film con una 8mm ricevuta dal padre, mentre Kasumi (Hashimoto Ai), una ragazza con sensibilità superiore a quella delle sue frivole compagne, si interroga sul suo ruolo nel gruppo e inizia il lento processo di emancipazione verso la maturità.
In estrema sintesi la trama è tutta qua. La bravura del regista – già noto e apprezzato per l’originale Funuke domo, kanashimi no ai wo misero (Funuke Show Some Love, You Losers!) e per l’eccellente Permanent Nobara – consiste nel rendere l’atmosfera e i fatti infinitesimali della scuola oggetto di interesse per lo spettatore quasi come se fosse un thriller. Raggiunge questo risultato con un uso sapiente del montaggio, grazie al quale riprende e monta in sequenza le stesse scene topiche riprese dalla visuale di una persona diversa presente sulla scena o intorno a essa. Questa scelta stilistica crea man mano una visione caleidoscopica dei piccoli fatti interni alla scuola e sposta progressivamente l’attenzione dalla scomparsa di Kirishima ai ritratti degli altri ragazzi. Vediamo così l’impettita Risa (Yamamoto Mizuki), la fidanzata di Kirishima che sembra una regina spodestata; Aya (Ohgo Suzuka), una timida suonatrice di sassofono, silenziosmente innamorata del ragazzo che siede davanti a lei; la superficiale Sana (Matsuoka Mayu), fidanzata con il ragazzo di cui è innamorata Aya.
La seconda parte del film non riesce mantenere la tensione espressiva e l’analisi dei caratteri dei personaggi si stempera in una visione d’ambiente più convenzionale, ma l’impianto resta originale e la visione è piacevole. Alla fine di un film in cui è successo tutto e nulla, sembra dirci Yoshida, di Kirishima non ce n’è bisogno, gli altri ragazzi sono interessanti tanto quanto lui. Il medium di questo spostamento progressivo del baricentro narrativo è Maeda, il regista in nuce e facile alter ego di Yoshida. È il cinema ciò che consente di osservare le cose da punti di vista molteplici e non usuali e di vedere ciò che apparentemente non si vede. Ciò che vediamo qua in ultima istanza è un evento “tramautico” che, nello scuotere la struttura di una società come quella scolastica, dipinge con sapiente sensibilità timori, ansie e desideri nell’avvicinarsi alla linea sottile della maturità. Icona di questa atmosfera da coming of age è Hashimoto Ai, la cui rigida timidezza virginale tende ad allentarsi solo in alcuni momenti emotivamente topici: la visione in una sala quasi deserta di Tetsuo oppure quando schiaffeggia una compagna di fronte alla rissa di cui è vittima Maeda. [Franco Picollo]

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Un commento su “Kirishima, bukatsu yamerutteyo (桐島、部活やめるってよ, The Kirishima Thing)

  1. Mi ha entusiasmato, specialmente nella prima parte. Per me uno dei migliori affreschi dell'universo liceale giapponese, capace di farne emergere tutte le sfumature, gli umori, le diversità, gli attriti, i punti di contatto, eccetera, semplicemente parlando di qualcosa che non c'è. Yoshida prova a smuovere per un istante le acque calme della quotidianità tramite un evento che per la maggior parte dei personaggi risulta sconvolgente, e resta poi a osservare le reazioni e i movimenti del suo microcosmo di studenti, insistendo su alcuni aspetti e tralasciandone altri con leggerezza e, allo stesso tempo, grande padronanza della materia, senza mai risultare né superficiale, né intrusivo. Tanto che alla fine riesce anche a incrinare in parte i cliché ai quali, inizialmente, i personaggi sembrano aderire con una certa, trascurabile, rigidità (come fa notare Mark Schilling).

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