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Arakawa andā za burijji (荒川アンダー ザ ブリッジ, Arakawa under the bridge)


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Arakawa andā za burijji (荒川アンダー ブリッ, Arakawa under the bridge). Regia, sceneggiatura e montaggio: Iizuka Ken. Soggetto: dal manga di Nakamura Hikaru. Fotografia: Sōma Daisuke. Musica: Kaida Shōgo.  Interpreti: Hayashi Kento, Kiritani Mirei, Oguri Shun, Yamada Takayuki, Shirota Yū. Durata: 115’. Uscita nelle sale giapponesi: 4 febbraio 2012.
Link: Sito ufficialeMark Schilling (Japan Times)
Tratto dall’omonimo manga di Nakamura Hikaru, Arakawa under the bridge narra dell’incontro tra il giovane Kō (chiamato anche Riku) Ichinomiya, interpretato da Hayashi Kento, e la bellissima Nino (Kiritani Mirei), venusiana che vive insieme ad altri bizzarri personaggi in una baraccopoli lungo le sponde del fiume Arakawa. Riku è ossessionato fin da piccolo da una regola di vita insegnatagli dal padre, ossia non maturare debiti nei confronti di nessuno; nonostante la sua ossessiva attenzione a riguardo, durante un sopralluogo scivola dal ponte sul fiume Arakawa e Nino gli salva la vita: per riscattare tale debito inizierà a vivere con la ragazza come suo fidanzato. Un mondo nuovo si dischiuderà agli occhi di Riku il quale ne rimarrà così affascinato da opporsi al volere del padre, intenzionato ad abbattere la baraccopoli per costruire su quel suolo un nuovissimo complesso residenziale, e a innamorarsi della bella venusiana che però, alla fine, dovrà far ritorno al suo pianeta d’origine.
L’approccio registico di Iizuka, che firma anche sceneggiatura e montaggio, è giustamente in linea con le atmosfere e i colori dei manga: stacchi veloci, zoom, effetti speciali dai toni brillanti. Ciò che più colpisce sono i tratti con cui viene delineata la baraccopoli abitata da quelli che in giapponese vengono definiti denpa-san, ovvero individui totalmente dissociati dalla realtà, le cui azioni e il cui modo di esprimersi appaiono eccentrici ai più. Shun Oguri è divertentissimo nel ruolo del kappa, sindaco di questo microcosmo a metà tra il Villaggio Pinguino di Toriyama Akira e lo Specter del Big Fish di Tim Burton, così come Yamada Takayuki, rocker con la testa a forma di stella, e Shirota Yū che interpreta il ruolo di una suora armata fino ai denti. Non a caso le scene più esilarati li vedono protagonisti, come quella in cui Sister cerca di schivare le pallottole in pieno stile Matrix ma non ci riesce, o ancora quella in cui L’ultimo samurai taglia i capelli agli altri abitanti della baraccopoli. Le scene corali, purtroppo, hanno un po’ il sapore della recita scolastica e talvolta risultano imbarazzanti, ma il tutto viene risollevato da una colonna sonora ritmata, degna di essere ripresa durante una serata al karaoke. Altra debolezza è l’approccio alle scene che hanno come soggetto il dramma familiare di Riku: la perdita della madre e il conseguente irrigidimento emotivo del padre sanno di cliché. Da quest’ottica non si slega neppure la morale del film (in aperta antitesi con gli insegnamenti ricevuti da Riku): da soli non sì può andare da nessuna parte. E come si può negarlo?  [Ramona Ponzini]
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