Koreeda Hirokazu’s However (Shikashi … fukushi kirisute no jidai ni)
Il documentario si concentra sulle storie di due suicidi. La prima è quella di Yamanouchi Toyonori, funzionario governativo dell’Agenzia per l’Ambiente, alle dipendenze del Ministero del Welfare. Dalle interviste con la vedova emerge la figura di una persona coscienziosa, che crede nel proprio lavoro e si impegna in ogni modo per svolgerlo al meglio. L’uomo viene coinvolto ad un certo punto nello “scandalo Minamata” (i pescatori della zona si ammalano a causa di inquinamento da mercurio. Il Governo riconoscerà il danno provocato dall’inquinamento solo nove anni dopo) e si ritrova a dover spiegare pubblicamente la posizione del Governo sulla vicenda.
La seconda storia è quella di una donna, Harashima Nobuko, affetta da gravi problemi di salute che le impediscono di svolgere un’attività lavorativa regolare, costretta per questo motivo a chiedere il sussidio statale. Da una registrazione realizzata dalla stessa tre settimane prima di morire, risulta che fosse stata indotta dagli assistenti sociali a rinunciare alla domanda di sussidio. I diversi funzionari che avevano avuto in carico il suo caso si erano comportati in modo molto scorretto, arrivando a consigliarle di prostituirsi per sostenersi economicamente. A capodanno, preoccupata per il futuro, da affrontare senza risorse, la donna sparge benzina nel proprio appartamento e si dà fuoco.
Yamanouchi si interrogava sui diversi aspetti dell’assistenza sociale, e scriveva, firmandosi con uno pseudonimo, articoli di critica. In gioventù aveva composto poesie ed una, in particolare, However…, rivista negli anni, sembra essere il filo conduttore di un’esistenza inizialmente aperta a tante possibilità, che poi, in un confronto tra passato e presente, si scontra con una realtà che non concede spazio agli ideali.
However… è il primo progetto di Koreeda in collaborazione con TV Man Union, e viene inserito nel programma di tarda serata di Fuji Television, intitolato Nonfix.
L’idea nasce a seguito dell’incontro del regista con un gruppo di ex compagni di scuola, in particolare dopo aver saputo che alcuni di essi avevano in passato avuto necessità di rivolgersi al servizio di assistenza sociale, ma non lo avevano mai ammesso, quasi per un senso di vergogna. Inizialmente il regista vorrebbe basare il film sulla registrazione della donna che si è uccisa a causa della mancanza di sussidio, unitamente alle testimonianze di altre persone. Durante la lavorazione però viene a conoscenza del secondo suicidio, quello di Yamanouchi Toyonori. Così, rendendosi conto che entrambe le vicende hanno attinenza con il tema trattato nell’opera, decide di attendere il trascorrere del periodo di lutto e poi contattare la vedova del funzionario. La donna accetta di essere intervistata per il film[1].
In seguito Koreeda ne scriverà anche il romanzo.
L’opera si concentra sul sistema di assistenza sociale in Giappone, considerandone in senso critico i diversi punti di vista. È un tema sociale, senza dubbio, ma che viene declinato attraverso le vicende personali dei due “protagonisti”. La poesia poi, che dà il titolo al film e i cui versi concludono l’opera, introduce al tema delle molteplici possibilità che la vita propone e che poi il trascorrere del tempo o il mutare delle situazioni, sembrano rendere non più percorribili.
La parte del film che riguarda il funzionario è in gran parte legata alle interviste alla vedova. Il regista, prima di iniziare a riprendere, è per sua stessa ammissione esitante: si pone infatti il problema etico del riprendere il dolore di una donna che ha da poco perso il marito in modo così drammatico. Di fatto poi, dopo una visita alla signora Yamanouchi ed a seguito delle rassicurazioni di lei, Koreeda, decide di proseguire nel suo progetto anche se, durante le riprese dei dialoghi con la donna, è attento ad evitare che il ritratto della moglie sofferente possa creare facili ed ingannevoli suggestioni nello spettatore[2]. I primi piani che la riguardano esprimono la pena composta della donna, la cui voce ha un tono calmo e il cui sguardo è quasi sempre indirizzato verso il basso.
Il documentario si compone, oltre che delle conversazioni con la vedova Yamanouchi, di fotografie, filmati di repertorio, interviste con altre persone coinvolte nelle due vicende, in un procedere ad incastro di tasselli che ne rendono infine il quadro completo. A quest’ultimo riguardo, per quanto attiene alla tragica fine di Harashima Nobuko, l’elemento chiave risulta essere, come si diceva, la registrazione realizzata dalla donna che racconta personalmente la propria storia. Si tratta di un momento di particolare pathos, accentuato dal fatto che, mentre si sente la voce della povera donna che spiega quali siano stati gli approcci scorretti degli assistenti sociali che si erano interessati al suo caso, Koreeda riprende in primo piano i visi (quasi) imperturbabili di altri funzionari che lavorano nel sistema assistenziale, e che si sono lasciati intervistare sulla vicenda. Il senso di critica è palese.
Koreeda descrive Yamanouchi come un uomo di alti ideali e brillanti intuizioni, sconfitto da un sistema che avrebbe dovuto, ma così non era stato, prendersi cura di persone in difficoltà, come la signora Harashima.
Uno degli ultimi intervistati sottolinea come gli inizi dei lavori presso l’Agenzia per l’Ambiente fossero stato contraddistinti da un intenso idealismo, che aveva poi lasciato il posto ad un approccio più pragmatico. La voce fuori campo che accompagna durante tutto il film conclude: «Con l’età le persone cambiano da comunque…a in effetti, e accampano scuse». Il senso nostalgico del passare del tempo, tipico di tutta l’opera successiva del regista, è fin da questi primi esordi percepibile. In questo caso il confronto tra il passato e il presente conduce anche a conclusioni sconfortanti. Si aggiunga che il senso di esitazione, di fiducia nelle possibilità offerte dalla vita, ed anche il senso di umanità, insiti nei versi di Yamanouchi, sono in un certo senso gli stessi che contraddistinguono il cinema di Koreeda[3].
Le ultime immagini, subito dopo alcune fotografie di Yamanouchi bambino e poi giovane uomo, sono emblematicamente per la parola However…, scritta a mano su un foglio. La vediamo scomparire a poco a poco lasciando il vuoto di una pagina bianca. [Claudia Bertolè]
Note.
[1] Aaron Gerow e Tanaka Junko, Documentarists of Japan # 12: Koreeda Hirokazu, in «Yamagata International Documentary Film Festival # 13», Aprile 1999, http://www.yjdff.jp/docbox/13/box13-1-e.html
[2] Tom Mes e Jasper Sharp, The Midnight Eye Guide to New Japanese Film, Stone Bridge Press, Berkeley California 2005, p. 207.
[3] Chuck Stephens, He who hesitates, in «Film Comment», n. 2, March – Apr 2005.