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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Matsumoto Hitoshi’s R100 (松本人志のR100)


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R100. Regia, soggetto e sceneggiatura: Matsumoto Hitoshi. Fotografia: Tanaka Kazushige. Scenografia: Aikō Etsuko. Costumi: Rie Araki, Iga Daisuke. Montaggio: Honda Yoshitaka. Musica: Sakamoto Hidekazu. Suono: Okamoto Tatsuhiro. Interpreti e personaggi: Ōmori Nao (Katayama Takafuni), Daichi Mao (la “Regina della voce”), Terajima Shinobu (la “Regina della frusta”), Watanabe Naomi (la “Regina della saliva”), Ai Tominaga (la “Regina della violenza”), Satō Eriko (la “Regina della distruzione”), Lindsay Hayward (CEO, la “Regina delle dominatrici”), Suzuki Matsuo, (il manager del club Bondage), Nishimoto Haruki (Arashi, il figlio), Maeda Gin (il suocero), Matsumoto Hitoshi (il poliziotto). Produzione: Okamoto Akihiko, Konishi Keisuke, Takemoto Natsue per Yoshimoto Creative Agency. Uscita nelle sale giapponesi: 5 ottobre 2013. Durata: 100’. Girato in DCP.

Links: Sito ufficiale (in giapponese, con trailer) – Nicholas Vroman (A Page of Madness) – Derek Elley (Film Business Asia) 
Punteggio ★★★

Quarto film di Matsumoto Hitoshi, dopo Dai Nipponjin (2007), Simbol (2009) e Sayazamurai (2011), R100 prosegue l’inesauribile vena comica, surreale e postmoderna del suo autore, pur non collocandosi alle altezze dei primi due lavori.
Katayama Takafuni (interpretato dal bravo Ōmori Nao, l’Ichi the Killer dell’omonimo film di Miike Takashi) lavora come venditore di un grande magazzino, la moglie è in coma da lungo tempo, e così tocca a lui badare al figlio Arashi, di otto anni, con l’aiuto del suocero. Forse per vincere la monotonia e il grigiore della sua vita quotidiana, Katayama s’iscrive ad un insolito club S&M, denominato Bondage: per un anno dominatrici di ogni tipo potranno irrompere improvvisamente nella sua esistenza e sottoporlo ad ogni tipo di sevizia – cosa che suscita in lui un evidente piacere, rappresentato graficamente attraverso una serie di cerchi concentrici intorno al suo volto estasiato –. Ecco così succedersi in rapida successione una serie di incontri con dominatrici di ogni tipo(quella della frusta, della violenza, della distruzione, della voce, della saliva ecc.) che sembrano riuscire a rendere un po’ più eccitante la triste quotidianità del protagonista. Il meccanismo però si inceppa nel momento in cui le dominatrici iniziano a invadere spazi che mettono in pericolo la vita professionale e quella familiare di Katayama, minacciando addirittura l’incolumità del piccolo Arashi. La situazione, poi, precipita del tutto quando, nel corso di un incidente, la “Regina della saliva” muore cadendo dalle scale di casa Katayama, spingendo il boss del club Bondage sulla strada della vendetta. Nello scontro finale – accompagnato dalle note de L’inno alla gioia e rievocante il più scatenato action cinema giapponese degli anni Sessanta – Katayama dovrà vedersela con una squadra di scatenate ninja femminili e con la più che temibile “Regina delle dominatrici”.
Girato con colori stinti, quasi in bianco e nero, R100 è un postmoderno succedersi di “attrazioni” visive che si danno sia nei loro provocatori contenuti di tipo sadomaso, sia in forme che evocano una grafica da fumetto. Nello stesso tempo Katayama incarna uno dei personaggi più diffusi del cinema giapponese del secondo dopoguerra, quello del salaryman frustrato, dalla dolente e afflitta quotidianità. Ne nasce una miscela che coniuga modelli del tradizionale shomingeki (i “film della gente comune”) a certe esasperate tendenze pop del cinema contemporaneo. Il risultato non è sempre convincente ma Matsumoto conferma la sua inesauribile originalità – vedi anche la voluta inadeguatezza delle musiche – che lo pone fra i cineasti più interessanti del panorama giapponese odierno. A conferma di tale inventività c’è anche l’idea di introdurre nel film alcune sequenze in cui si immagina una strampalata commissione di censura (o forse di funzionari di una casa di produzione) che, come noi spettatori, assiste alla proiezione di R100, esprimendo più di una perplessità sul suo insolito sviluppo narrativo e interrogandosi ironicamente su alcuni suoi snodi (ad esempio se i continui riferimenti al terremoto non costituiscano una sorta di voluto intreccio secondario dai reconditi significati). Sempre grazie a questa commissione si viene a sapere che il regista di R100 è un centenario – le cui fattezze sembrano ricordare quelle di Suzuki Seijun – convinto che il film possa essere capito solo da chi è di età pari alla sua. [Dario Tomasi]

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