Homesick
Homesick (id.). Regia e sceneggiatura: Hirohara Satoru. Fotografia: Shimokawa Ryūichi. Scenografia: Imori Norihiro. Montaggio: Ishii Saki. Musica: Tokumaru Shūgo. Suono: Watanabe Kazuki. Interpreti e personaggi: Kenji (Kaku Tomohiro), Nozomi (Okuda Erika), Korosuke (Kaneda Yūki), Yatarō (Funasaki Tsubasa), Occhi (Honma Shō). Produzione: Amano Mayumi per PFF Partners / Tōhō. Uscita nelle sale giapponesi: 10 agosto 2013. Durata: 98’. Girato in HDCAM.
Links: Sito ufficiale (in giapponese, con trailer) – Mark Schilling (Japan Times) – Asianwiki (con trailer)
Punteggio ★★1/2
Neanche trentenne, è nato nel 1986, Hirohara Satoru ha esordito con Sekai good morning!! (Good Morning to the World, 2010, premiato a Vancouver e presentato a Berlino) cui hanno fatto seguito Kamifūsen (idem, 2011) e Henji ha iranai (No Reply, 2011).
Homesick è così il suo quarto film, presentato a Busan. Kenji è un giovane trentenne che vive solo in una casa che sta per essere demolita e che lui non vuole lasciare. La madre è scomparsa da anni, il padre abita per conto suo in una zona rurale (ma si fa frequentemente vivo con una serie di messaggi registrati sulla segreteria telefonica del figlio), la sorella è sempre in viaggio in paesi lontani (e i suoi spostamenti sono meticolosamente seguiti da Kenji su una grande cartina geografica).
Un giorno recatosi al lavoro scopre che il titolare della sua azienda è fuggito, lasciando ai dipendenti un messaggio di scuse scritto sulla lavagna. A rendere ancora più complicata l’esistenza del protagonista è un gruppo di ragazzini che ha preso di mira lui e la sua abitazione. Poco alla volta, però, Kenji riuscirà a stringere amicizia con Korosuke, orfano della madre, e con i suoi due amici. Insieme costruiranno nel cortile della casa un grosso triceratopo di cartone, che si ergerà a simbolo del loro legame affettivo.
Con una certa sobrietà di stile e messinscena, Hirohara racconta una storia di solitudine, che solo per un breve periodo l’amicizia stretta con i tre bambini riesce a mitigare. Nei fatti l’incontro fra Kenji e Korosuke è quello fra due esseri soli, che solo parzialmente riescono così a mitigare il loro disagio esistenziale. Il film non porta loro – e neanche allo spettatore – alcuna consolazione come testimoniano la scena dell’incendio del triceratopo e quella della visita all’acquario, ahimè nel suo giorno di chiusura.
Allo stesso modo anche l’incontro con Nozomi, ex compagna di scuola di Kenji e impiegata nella società che cura lo sgombero dell’edificio abitato dal protagonista, non produce, come inizialmente si potrebbe credere, alcun sviluppo sentimentale.
Intenso e delicato nello steso tempo, Homesick manca però di quella forza espressivo che, in fin dei conti, segna sempre il confine fra un film anche di un certo interesse e un altro davvero in grado di lasciare un segno. [Dario Tomasi]