Eien no Zero (永遠の0, The Eternal Zero)
Eien no Zero (永遠の0, The Eternal Zero). Regia: Yamazaki Takashi. Soggetto: dal romanzo omonimo di Hayakuta Naoki. Sceneggiatura: Yamazaki Takashi, Hayashi Tamio. Fotografia: Shibasaki Kōzo. Montaggio: Miyajima Ryūji. Musica: Satō Naoki. Interpeti e personaggi: Okada Jun’ichi (Miyabe Kyūzo), Miura Harima (Saeki Kentarō), Inoue Mao (Matsuno), Hamada Gaku (Isaki), Arai Hirofumi (Kageura), Sometani Shota (Oishi), Fubuki Jun (Kiyoko), Fukishi Kazue (Keiko), Tochihara Rakuto (Teranishi), EndōYūya (Kagawa), Aoki Ken (Ito). Produzione: Robot Company, Tōhō. Durata: 144’. Uscita nelle sale giapponesi: 21 dicembre 2013.
Link: Trailer – Maggie Lee (Variety) – John Watanabe (World Socialist Web Site)
Vincitore a sorpresa – e con qualche perplessità americana – del Gelso d’oro all’ultimo Far East Film di Udine e campione al box-office in patria – il film è entrato a far parte dell’elenco dei dieci film giapponesi più visti di tutti i tempi – The Eternal Zero riprende l’ormai classica struttura di Quarto potere per narrare l’esistenza del suo protagonista, un pilota e istruttore di volo, Miyabe Kyūzo, vissuto negli anni della seconda guerra mondiale.
Ai giorni nostri, il suo giovane nipote, che ha già fallito per quattro volte l’impegnativo esame di accesso all’avvocatura, decide di incontrare alcuni anziani ex-militari che avevano conosciuto il nonno per farsene raccontare la storia. Dalla diversità delle interpretazioni – qualcuno lo considera un «codardo» se non addirittura la «vergogna dell’esercito giapponese», qualcun altro, al contrario, un vero maestro di vita – nasce un mosaico audiovisivo che ripercorre attraverso una nutrita serie di flashback la vita di Miyabe in parallelo a quella del conflitto: da Pear Harbour alla battaglia delle Midway, dalla disfatta di Rabaoul agli attacchi dei kamikaze.
The Eternal Zero non è il primo film dedicato ai tokkōtai, i piloti suicidi dell’aviazione giapponese, né certamente sarà l’ultimo. E come sempre, parlare di kamikaze significa creare non poche polemiche. A dar loro altro fuoco è anche il fatto che l’autore del romanzo da cui il film è tratto, Hayakuta Naoki, oggi consigliere d’amministrazione della tv nazionale Nhk, è recentemente passato alla cronaca per aver negato il massacro di Nanchino e difeso l’attacco di Pearl Harbour sulla base del principio che ben pochi conflitti militari del XX secolo si sono aperti con una ufficiale dichiarazione di guerra. Il film ha così diviso la critica fra chi lo accusa di nazionalismo ultraconversatore e chi invece ne ha colto la portata umanistica e anti-bellica. A sostegno delle tesi dei primi ci sono soprattutto due aspetti: il fatto che le critiche che Miyabe muove all’esercito sono spesso di natura esclusivamente strategica e militare (non esulta dopo Pearl Harbour perché non è stata affondata alcuna portaerei, è contrario alla missione di Guadalcanal perchè troppo lontana dalla base, critica l’uso dei kamikaze perché la stragrande maggioranza di loro finisce con l’essere colpito e precipitare in mare prima di aver centrato il bersaglio); e, soprattutto, c’è il finale del film – reale? immaginario? – in cui lo stesso Miyabe punta il suo aereo, schivando tutti i colpi nemici, contro una portaerei americana. Dalla parte di chi ha sostenuto il film, c’è invece il fatto che Miyabe si rifiuti, ripetutamente, con insistenza, almeno sino all’epilogo, di mettere in gioco la propria vita per il “bene” della nazione, ritenendo suo dovere primo quello di, terminato il conflitto, rientrare a casa vivo per poter accudire le amate moglie e figlia. L’ambiguità del film sta anche nel non risolvere il suo mistero, nel non esplicitare la ragione per cui alla fine del conflitto – e dell’intreccio – Miyabe decide di smentire se stesso e partecipare ad un attacco suicida (le interpretazioni possibili sono tante ma a loro modo tutte possibili).
Evidenziate le sue ambiguità non resta da aggiungere che The Eternal Zero è ben costruito sul piano narrativo, almeno quanto è coinvolgente il suo protagonista sia nella fierezza e ostinazione con cui si contrappone ai valori dominanti, sia nel modo in cui riesce lo stesso a essere vicino alla sua famiglia (anche dopo aver deciso di morire). Di notevole efficacia spettacolare, infine, le scene degli attacchi aerei realizzate con l’uso di un’ottima CGI, cui Yamazaki aveva già fatto ricorso in Always – Sunset on Third Street (Always san-chome no yūhi, 2005) per ricreare, con un senso di nostalgia non dissimile da quello di The Eternal Zero, un quartiere popolare della Tokyo degli anni Cinquanta. [Dario Tomasi]