Hidamari no kanojo (陽だまりの彼女, Girl In The Sunny Place)
Hidamari no kanojo (陽だまりの彼女, Girl In The Sunny Place). Regia: Miki Takahiro. Soggetto: dal romanzo di Koshigaya Osamu. Sceneggiatura: Mukai Kōsuke, Kanno Tomoe. Fotografia: Itakura Yoko. Montaggio: Itō Jun’ichi. Musica: Mio-Sotido. Interpreti: Matsumoto Jun, Ueno Juri, Tamayama Tetsuji, Ōkura Kōji, Tanimura Mitsuki, Wakana Aoi, Natsuki Mari. Produttori: Ichikawa Minami, Julie K. Fujishima, Hatanaka Tatsurō, Teshima Masao, Ogawa Shinji, Uda Mitsuru, Endō Manabu. Durata: 128 minuti. Uscita nelle sale giapponesi: 23 ottobre 2013.
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Una variante curiosa, di più non possiamo dire per non rovinare la sorpresa, del folto gruppo di film sul primo amore (hatsukoi), l’amore puro (jun ai), l’amore oltre la morte, il ritorno dalla morte (yomigaeri) e simili. Il film si apre con l’immagine di un bambino, Kōsuke, che salva un gattino e lo porta a una anziana signora che vive su una collina in mezzo ai gatti. Anni dopo, Kōsuke è a scuola e arriva una nuova compagna, Mao, innocente e sprovveduta, che tutti deridono. Kosuke la difende e diventa il suo paladino. Molti anni dopo, Kōsuke, laureato, partecipa a un meeting di lavoro e fra i rappresentanti della controparte c’è Mao. Lui non è sicuro che lei l’abbia riconosciuto ma presto l’equivoco si chiarisce e, anzi, i due ritrovano l’antica intesa. Mao è la più decisa dei due e presto l’innamoramento dei tempi della scuola esplode. L’unione cresce velocemente e diventa matrimonio ma il padre di Mao, ex poliziotto, si sente in dovere di prendere da parte Kōsuke per informarlo che Mao è stata trovata per strada da bambina e adottata ma non si sa chi fosse prima del ritrovamento. Lei per prima non ricorda nulla e i medici prevedono che questa amnesia possa tornare a manifestarsi. Kōsuke non cambia idea. Strani indizi di malessere cominciano però a manifestarsi nel comportamento di Mao…
Basato sul romanzo omonimo di Koshigaya Osamu, il film racconta tramite continui flashback la storia d’amore passata e presente fra i due giovani, mentre inserisce progressivamente piccoli elementi di incertezza, mistero e preoccupazione per la natura e il futuro di Mao. Lo stile è quello che una volta si sarebbe definito da cartolina, incluse immagini di Enoshima e canzoni dei Beach Boys, ma che oggi andrebbe forse chiamato “alla Instagram”. Il regista Miki Takahiro aveva esordito nel 2010 con l’interessante Solanin, un film sul mondo giovanile contemporaneo e la musica, per poi proseguire con alcuni titoli abbastanza piatti, fra cui la monumentale storia romantica Bokura ga ita (We Were There, 2012), uscito addirittura in due puntate. Anche Girl in the Sunny Place, continua su questa linea di romanticismo estremo e l’intervento del regista sta più che altro nell’applicare correttamente le regole del genere e svolgere senza scossoni il piccolo tocco di novità che regala la storia originale. Rari momenti di commozione ci sono ma sono proprio fugaci.
I due protagonisti sono stati entrambi gli eroi di due drama giovanilistici del passato poi diventati anche film: Matsumoto Jun in Hana yori dango e Ueno Juri in Nodame cantabile. Se Matsumoto (che, conformente a una delle peggiori consuetudini del cinema giapponese contemporaneo, si è dato al cinema in quanto membro della celebre band Arashi) mantiene inalterata la sua rigidità e incapacità di recitare, Ueno Juri manifesta un’espressività genuina nel corso degli anni. Nonostante la banalità della storia, alcuni sguardi aperti con i suoi occhioni non lasciano insensibili. [Franco Picollo]