Sango ranger (サンゴレンジャー)
Sango ranger (サンゴレンジャー). Regia: Nakamae Yūji. Sceneggiatura: Miura Yuiko, Takahashi Maki. Fotografia: Madarame Shigeyu. Personaggi e interpreti: Aoyagi Sho (Yajima Takashi), Tanaka Kei (Kishitani Hiroto), Sasaki Nozomi (Shimabukuro Risa), Ikeda Tetsuhiro (Kizaki Yutaka), Takahata Atsuko (Shimajiri Yoko), Natsuyagi Isao (Yogi). Prodotto da: Tomita Toshiie, Koibuchi Masaru. Durata: 100 minuti. Uscita in Giappone: 15 giugno 2013.
Link: Sito ufficiale
Punteggio ★★1/2
Una ripresa subacquea della splendida barriera corallina nei pressi dell’isola di Ishigaki, ad Okinawa, introduce la commedia di Nakamae Yuji.
I personaggi del film si muovono in questo paradiso naturale, tra le isole di Taketomi e Ishigaki, appunto, che il progetto di un ponte per unire le due isole minaccia di danneggiare. I funzionari del Ministero dell’Ambiente sembrano mantenere una posizione ambigua circa la costruzione dell’opera (che raccoglie attorno a sé gli interessi economici di più parti), fino a quando sull’isola non arriva Yajima, un collega eccentrico e determinato, che riuscirà a catalizzare il sentimento di protesta e a renderlo movimento attivo.
Insieme a un altro funzionario, a un ragazzo di un centro diving e a una giovane maestra, fonda il gruppo dei “Coral Rangers”, in difesa dei coralli minacciati.
Tutto ruota attorno al sentimento di difesa dell’ambiente naturale, ma non solo: il regista mette in evidenza anche i conflitti in seno alla piccola comunità, tra i residenti-pescatori, capeggiati dall’anziano Yogi, e coloro che vengono definiti “stranieri”.
Lo stile utilizzato è quello della commedia, i personaggi si muovono e si atteggiano come figure dei manga. Yajima è l’eroe eccentrico, che si batte, perde la battaglia, poi si rialza e infine vince, conquistando anche il cuore della bella. Attorno a lui personaggi dai tratti un po’ semplicisticamente abbozzati, come il padre del bambino in carrozzella, un ometto tarchiato che sembra quasi uno gnomo cresciuto, con un casco di capelli spessi e un grosso naso, totalmente insensibile ai bisogni del figlio (che vuole vivere come i suoi coetanei, vuole nuotare e partecipare alle attività della scuola), ma che si ricrede, quasi d’incanto, quando, a seguito di un incidente occorso al bambino, ritroverà il suo diario. Poi la timida maestra, quasi sconvolta durante il primo incontro con Yajima apparsole improvvisamente davanti senza mutande (il giovane era caduto in acqua inavvertitamente e aveva perso i pantaloni e il resto tra le onde…), che nel corso della storia rimane sempre più affascinata dalla determinazione del ragazzo. E alla fine saltano fuori anche gli amministratori corrotti (uno di questi è il padre di Risa), non manca neppure il giornalista-sciacallo. Figure schematiche, ma, a ben pensarci, realistiche.
Degno di nota, a mio avviso, il sorriso guadagnato con fatica del bambino che non può camminare, ma che non vuole sentirsi “diverso” e combatte la sua personale battaglia per sentirsi vivo.
Il ponte infine non si farà, ma il regista non rinuncia ad un tocco di realismo, proprio sul finale: dopo l’epilogo della vicenda dei Sango Rangers, Kishitani torna sull’isola, dieci anni dopo, per ritrovare l’amico Kizaki del centro diving che gli confida: «L’oceano è sporco, ma con il ponte sarebbe stato peggio». La guerra contro l’inquinamento e gli effetti deleteri dello sfruttamento delle risorse naturali non si vince in un giorno. E, soprattutto, non si vince da soli: anche l’anziano pescatore Yogi, che osteggiava fermamente la protesta contro il ponte, ha cambiato idea ed è lì anche lui, che raccoglie insieme ad altri l’immondizia dal mare, diventato a tutti gli effetti il Sango Ranger n.5. [Claudia Bertolè]