Kawaki (渇き, The World of Kanako)
Kawaki (渇き, The World of Kanako). Regia: Nakashima Tetsuya. Soggetto: da un romanzo di Fukamachi Akio. Sceneggiatura: Nakashima Tetsuya, Monma Nobuhiro, Tadano Miako. Fotografia: Ato Shoichi. Montaggio: KoikeYoshiyuki. Musiche: Grand Funk Inc. Personaggi ed interpreti: Fujishima Akikazu (Yakusho Kōji), Fujishima Kanako (Komatsu Nana), detective Asai (Tsumabuki Satoshi), detective Aikawa (Odagiri Joe), Endo Nami (Nikaidō Fumi). Produzione: Gaga Communications. Durata: 118 minuti. Uscita in Giappone: 27 giugno 2014
Fujishima Akikazu è un ex poliziotto che ha lasciato le forze dell’ordine e divorziato dalla moglie dopo aver pestato a sangue il di lei amante. Ridotto in uno stato di semi alcolizzato e tormentato dai ricordi della moglie e soprattutto della figlia diciasettenne Kanako che ha sempre trascurato, un giorno riceve una telefonata. La moglie in lacrime lo supplica di aiutarla a trovare Kanako, sparita da ormai alcuni giorni, nella sua camera trova sostanza stupefacenti e forografie che rivelano che sotto l’aria angelica della ragazza si nasconde qualcos’altro.
Nakashima secondo il suo stile psichedelico e a patchwork, fa struttura e sviluppa il lungometraggio con il parallelo dispiegarsi della storia presente, quella della ricerca della figlia da parte di Fujishima, alternata a continui flashback del passato, il passato recente dove allo spettatore viene rivelata la “vera” vita di Kanako e del suo mondo. Non solo la storia è raccontata su più piani temporali ma la stessa azione viene espressa con un montaggio battente, macchina da presa che balla di continuo, filtri colorati che cambiano uno dietro l’altro, spruzzi di sangue copiosi che si trasformano in schermate animate, fino adirittura a vere e proprie sequenze animate, girate dallo Studio 4C, che si svolgono sottacqua per rappresentare il mondo interiore di Ai, il ragazzo che si innamora di Kanako. La violenza è continua, dalle prime scene in cui vediamo i tre corpi massacrati delle vittime che lanciano il mistery, ai continui pestaggi che Fujishima infligge alle donne e ragazzine che incontra ed interroga, agli yakuza che a sua volta lo riducono malissimo, fino alle scene dell’ultima parte della pellicola in cui Nakashima sfiora e tocca il genere gore. Ad un certo punto però la violenza finisce per stancare vista la sua gratuità, specialmente quando assume dei toni quasi parossistici e irreali, è questa la parte più debole del film, quando non si capisce cioè dove Nakashima voglia andare a parare trasformando il film quasi in una sorta di b-movie senza pretese. Per fortuna la pellicola si risolleva nel finale, quando viene a galla che la violenza è soprattutto quella che tutti in un modo o nell’altro subiscono dalle loro vite e nel loro animo, tutti i protagonisti sono come impregnati da un senso di disperazione senza via d’uscita in cui si dibattono senza speranze di fuga, da Fujishima, alla moglie, fino ai giovani ragazzi e naturalmente a Kanako la cui vita però sembra sempre essere sospesa in una sorta di limbo etereo/demoniaco. Il personaggio di Kanako interpretato dall’esordiente Komatsu Nana è una delle cose migliori del film anche perchè il senso di irrealtà che avvolge la ragazza è amplificato dal fatto che per quasi tutto il film la vediamo solo quando viene ricordata o raccontata da altri e non direttamente nel tempo presente del film. Notevole è anche la prestazione interpretativa di Yakusho Kōji che riesce a portare il suo personaggio da un posizione iniziale già deteriorata, fino a toccare veramente il fondo, pazzia, colpe commesse, sogni ad occhi aperti ed una violenza subita e perpetrata che lo disfa della sua poca umanità di partenza.
Tipico dello stile pop-acido-psichedelico del regista giapponese, già visto in Kamikaze Girls per esempio, sono poi le scene ambientate nella discoteca-party, inserite quasi in modo subliminale durante il racconto del ragazzo innamorato di Kanako, lsd, speed e chi più ne ha più ne metta sono le spezie che sostengono questo mix letale, anche visivamente, che volge spesso al cartoonistico.
Fin qui ciò che riguarda lo stile compositivo e visivo di The World of Kanako. Senza cadere in spoiler, dello svolgimento della storia si può invece dire che pur partendo da buoni presupposti ed idee, l’isolamento dei giovani, il disinteresse dei genitori nei loro confronti, il vuoto spinto quasi onirico in cui si muovono i protagonisti adolescenti ed anche la diafana malvagità della gioventù, manca quel quid che potrebbe trasformare un buon film in un qualcosa di più. La rappresentazione del caos morale, etico ed esistenziale è, come scritto più sopra, resa molto bene visivamente, si inserisce perfettamente nel tessuto e nel ritmo stesso del lungometraggio, alla lunga però finisce per risultare ripetitiva e si muove, come i personaggi che animano il film, solo in superficie. Manca una certa profondità, non che la superficialità sia per forza negativa anzi talvolta è più significativa, detto altrimenti, manca un movimento del film che riveli ed esplori qualcosa di più. Il film è bello, su questo non c’è dubbio, una vera e propria festa per gli occhi, ma è la bellezza dei colori dell’arcobaleno su una macchia di olio, è patina che non resta troppo attaccata dopo la visione, almeno per chi scrive, ma forse sarà una questione di età, per un pubblico giovane non troppo avvezzo al cinema giapponese The World of Kanako potrebbe essere una vera e propria bomba.
Da rimarcare poi anche le continue strizzatine d’occhio al cinema poliziesco ed exploitation degli anni settanta, split screen, la stessa grana sporca della pellicola, i primissimi piani, la violenza e la brutalità quasi gratuite, influenza che viene dichiarata e resa esplicita fin dai fantasiosi titoli di testa e che naturalmente viene filtrata ed interpretata in modo originale dalla sensibilità di Nakashima.[Matteo Boscarol]