Lakeside Murdercase ( レイクサイド マーダーケース, The Lakeside Murder Case)
Lakeside Murdercase ( レイクサイド マーダーケース, The Lakeside Murder Case). Regia: Aoyama Shinji. Soggetto: dal romanzo di Higashino Keigo. Sceneggiatura: Aoyama Shinji, Fukasawa Masaki. Montaggio: Aoyama Shinji. Fotografia: Tamura Masaki. Musica: Nagashima Hiroyuki. Interpreti: Yakusho Kōji, Yakushimaru Hiroko, Emoto Akira, Toyokawa Etsushi, Tsurumi Shingo, Sugita Kaoru, Kuroda Fukumi, Mano Yuko; Prodotto da: Sentō Takenori, Koiwai Hiroyoshi per Fuji Television Network, Rumble Fish. Durata: 118′. Uscita nelle sale giapponesi: 22 gennaio 2005.
Link: Manfred Selzer (Asian Movie Web)
Punteggio ★★★
Prima dell’interessante Tōkyō kōen (Tokyo Park, 2011) e del duro ma coinvolgente Tomogui (Backwater, 2013), nella ricca filmografia di Aoyama Shinji troviamo Lakeside Murdercase, un film significativo che matura man mano attraverso una sapiente costruzione della tensione.
Tre coppie di genitori organizzano per i propri figli un soggiorno di studio in un cottage su un lago con il celebre professor Tsukumi, per prepararsi per il test d’ammissione presso una università importante. Al soggiorno partecipano anche i genitori. Il solo signor Namiki (Yakusho Kôji) sembra non essere del tutto convinto della cosa, mentre la moglie Minako si imbarazza per il comportamento del marito. Namiki è in realtà padre adottivo della figlia di Minako, Maika, e condivide una relazione amorosa con la fotografa Nakashima Reiko. Ad aggiungere ulteriore instabilità alla cena organizzata dai genitori, arriva la stessa Reiko con la scusa di dover consegnare dei documenti di lavoro a Namiki. In un crescendo di sfiducia e rancori, la tensione culmina nel ritrovamento del cadavere di Reiko. Dopo la semplice ipotsi iniziale secondo cui Reiko è stata uccisa da Minako, nella mente di Namiki inizia a farsi strada i dubbi che lo porteranno a una verità ancor più complessa.
Aoyama Shinji dopo il notevole Eureka (id., 2000), ha realizzato l’anno successivo Desert Moon, un dramma di denuncia sociale e ha poi diretto per tre anni documentari o serie televisive. Nel 2005 è tornato al cinema di fiction più mainstream con questo riadattamento di un romanzo di successo di Higashino Keigo, le cui atmosfere iniziali fanno subito pensare ad una storia da film giallo classico concentrato sulla ricerca del colpevole. Il discorso però si amplia e mette in mostra le aberrazioni cui possono giungere le famiglie borghesi giapponesi nella loro ricerca del successo per i figli. L’impostazione iniziale da thriller lascia progressivamente il posto alla denuncia nei confronti di un sistema sociale che da sempre dà troppa importanza ai risultati conseguiti sul lavoro o a scuola per la valutazione di una persona e che, come nel caso in questione, arriva a spingere persone “per bene” a diventare criminali. Namiki è l’unico a non voler imporre il proprio volere ai ragazzi e a pensare che i giovani dovrebbero decidere da soli cosa fare per il proprio futuro.
Aoyama è bravo a giocare sulla scenografia per creare un’atmosfera che tinge il tutto di una venatura sinistra: il territorio attorno al lago è desolato, silenzioso e spesso ricoperto da una coltre di nebbia ma anche le scene negli interni hanno spesso un sapore inquietante. Nei paraggi non si vedono zone abitate, tantomeno abitanti. Solo ed esclusivamente il cottage per il ritiro di studio sembra popolare quell’area. Atmosfere talvolta ai limiti dell’onirico, ma sempre con una chiara attenzione per i dettagli. Aoyama sceglie abilmente di creare un thriller a sfondo sociale in cui non si vede nemmeno l’omicidio in fase di esecuzione, ma tutto ciò che ne consegue è architettato con estrema cura ed attenzione per i dettagli.[Fabio Rainelli]