Sayōnara Kabukichō (さよなら歌舞伎町, Kabukicho Love Hotel)
Punteggio ★★1/2
Autore nei primi anni Duemila, sebbene la sua carriera abbia attraversato anche gli anni Ottanta e Novanta, di alcuni dei più riusciti film giapponesi del periodo (Vibrator, 2003; It’s Only Talk, 2005), Hiroki Ryūichi ha recentemente perso quella forza espressiva che caratterizzava i suoi migliori lavori, alternando opere accettabili (The Egoists, 2011, River, 2012) ad altre che si sarebbe francamente preferito non vedere (The Lightning Tree, 2010; Crying 100 Times, 2013). Kabukicho Love Hotel, per fortuna, appartiene alla prima delle due categorie.
Il soggetto, che ricorda in parte quello di After Dark di Murakami Haruki, si svolge nell’arco di 24 ore e coinvolge un ampio numero di personaggi tutti in qualche modo legati a un love hotel del quartiere di Kabukichō (Tokyo). La coppia principale è quella formata dai giovani Saya e Tōru. Lei è una cantante che deve incontrare un importante discografico, il quale potrebbe dare una svolta alla sua carriera. Lui ha appena perso il posto in un hotel a quattro stelle e si è ritrovato a lavorare, all’oscuro della fidanzata, in un albergo a ore. Durante la giornata che lo attende, Tōru vivrà nel suo albergo due spiacevoli esperienze: la prima quando vi arriverà la sorella che, non potendo più pagarsi gli studi dopo che i genitori sono stati vittime dello tsunami, ha deciso di guadagnarsi da vivere come pornostar; la seconda, quando, fra i clienti dello stesso hotel, sopraggiungeranno la fidanzata e il discografico.
Su toni più vicini alla commedia che al dramma – nonostante eventi cruenti come l’omicidio di una prostituta di strada – Kabukicho Love Hotel intreccia alle vicende di Saya e Tōru, quelle di altre coppie: ci sono la donna delle pulizie e il suo amante ex-bandito, che questa nasconde in casa in attesa che, proprio a mezzanotte, il reato dell’uomo cada in prescrizione; la coppia di immigrati coreani, con la ragazza che lavora in un call center e presta i suoi servizi proprio nell’hotel di Tōru; un procacciatore di prostitute che si innamora di quella che dovrebbe essere la sua preda, la salva dal racket e finisce così nei guai; una comica coppia di poliziotti amanti che esita nel far rispettare la legge perché così la loro relazione adulterina potrebbe essere scoperta.
In sostanza ognuno sembra avere il suo bello scheletro nell’armadio, senza che il film – di fatto una sorta di commedia umana – voglia però in alcun modo puntargli contro un dito accusatore. La verità è che alla fin fine tutti hanno le loro ragioni e che la debolezza è qualcosa di consustanzialmente legato all’uomo.
Kabukicho Love Hotel procede a ritmo sostenuto, senza pause né incertezze, ma anche senza impennate o momenti davvero forti, di quelli in grado di lasciare il segno nello spettatore. Anche il sesso – che rappresentava un elemento centrale del primo Hiroki – ha qui più che altro una funzione ornamentale. In sostanza poco di più di un’opera d’intrattenimento, abbastanza riuscita ma niente di più. La domanda inevitabile è: «Saprà Hiroki Ryūichi risollevarsi dalla medietà dei suoi ultimi lavori?» [Dario Tomasi]