Figyuana anata (フィギュ アなあなた, Hello, My Dolly Girlfriend)
Figyuana anata (フィギュ アなあなた, Hello, My Dolly Girlfriend). Regia, e sceneggiatura: Ishii Takashi; Soggetto: da un manga di Ishii Takashi; Interpreti e personaggi: Emoto Tasuku (Uchiyama Kentarō), Sasaki Kokone (Kokone), Mamiya Yuki (Hosoki), Dan Mitsu (Ballerina), Takenaka Naoto (Caporeparto aziendale), Kazama Rimi (Yocchan), Sakuragi Rina (Hiromi), Itō Yozaburō (boss Yakuza); Produzione: Kadokawa Picrures; Uscita nelle sale giapponesi: 15 giugno 2013. Durata: 112’.
Punteggio ★★★
In una direzione opposta a quella seguita da molti suoi colleghi giapponesi che hanno iniziato a lavorare nell’ambito del cinema erotico per approdare poi, secondo i casi, ad ambiti più esplicitamente autoriali o main stream, Ishii Takashi, dopo aver ottenuto una notevole attenzione nell’ambito dei festival cinematografici europei con film – pur molto legati a una logica di genere – come Shinde mo ii (Original Sin, 1992), Nūdo no yoru (A Night in Nude, 1993) e Gonin (Five, 1995), si è rivolto principalmente in questi ultimi anni a una produzione che sembra rievocare i vecchi fasti del Roman porno e del Pinku eiga. Lo si potrebbe considerare un nuovo maestro della serie B erotica giapponese, se non fosse che i suoi film si caratterizzano sempre per un alto tasso di elaborazione estetica – soprattutto nella cura fotografica delle immagini e nell’uso delle luci e dei colori – che poco si confà alla tradizione dei B Pictures.
Il carattere baroccamente erotico del suo lavoro – evidente anche nel recente Amai muchi (Sweet Whip, 2013) – può ricordare diversi momenti del recente cinema di Sono Sion, in particolare Koi no tsumi (Guilty of Romance, 2011), così come il soggetto di Hello, My Dolly Girlfriend, rimanda alla recente pellicola di Koreeda Hirokazu, Air Doll (2009), poiché, in entrambi i casi, esso verte su un uomo solitario che trova consolazione in una bambola erotica, la quale prende vita e tematizza il male del vivere urbano.
Il giovane Kentarō è stato di fatto allontanato dalla compagnia editoriale preso la quale lavora, per aver prodotto delle perdite economiche. Nella scena iniziale del film, mentre subisce in silenzio i rimproveri dei suoi capufficio e colleghi, alcuni immaginari inserti in bianco e nero lo mostrano ribellarsi alle accuse, introducendo così quella dimensione fra reale e immaginario che sarà costitutiva dell’intero lavoro. Lasciato anche dalla sua compagna, che sembra non voler avere a che fare con un perdente, Kentarō tenta, abbastanza inutilmente, di trovare consolazione con i modellini erotici della sua collezione di personaggi femminili di manga e in alcuni locali di striptease. Dopo un litigio con una coppia di lesbiche, fugge inseguito dalle due, decise a non perdonargliela, e trova rifugio in un palazzo abbandonato. Qui, in un locale pieno di bustine di cocaina, incontra un manichino femminile in tutto e per tutto uguale a una donna reale – tanto da prender vita – con cui finisce con l’amoreggiare. Dopo diverse traversie – che comprendono anche l’uccisione delle due lesbiche da parte di un gruppo di spacciatori, stupri, nonché un momento necrofilo – Kentarō si porta a casa la bambola, le dà un nome, Kokone – lo stesso dell’attrice che interpreta il ‘personaggio – e conduce con lei la sua desolata esistenza quotidiana, trovando consolazione solo in un morboso rapporto erotico, che si divide fra il letto e la stanza da bagno, momenti di tenerezza e altri di violenza.
Caratteristica principale del film è in qualche modo la sua dimensione fantastica, nell’accezione todoroviana del temine, nel senso che tutto quel che accade è sospeso nell’incertezza se sia davvero accaduto o se sia semplicemente una fantasia di Kentarō.
Pur nei suoi compiacimenti erotici – le scene di sesso sono particolarmente protratte nel tempo -, Hello, My Dolly Girlfriend offre un convincente ritratto della solitudine urbana, del vano tentativo di porvi rimedio attraverso surrogati sentimentali ed erotici, del precipitare nelle proprie ossessioni, isolandosi sempre più dal mondo, e del vivere il sesso come unica forma di sollievo ai mali di cui siamo vittime. [Dario Tomasi]