Wasurenai to chigatta boku ga ita (忘れないと誓ったぼくがいた, Forget Me Not)
Wasurenai to chigatta boku ga ita (忘れないと誓ったぼくがいた, Forget Me Not). Regia: Horie Kei. Soggetto: dal romanzo di Hirayama Mizuho. Sceneggiatura: Horie Kei, Okazaki Satoko. Montaggio: Murakami Masaki. Musica: Saegusa Shintaro. Personaggi e interpreti: Hayami Akari (Oribe Azusa), Murakami Nijiro (Hayama Takashi), Takemura Hiroto (Nishikawa Yoshikazu), Watanabe Yutaro, Yamazaki Shigenori, Nikaido Satoshi, Ikehata Reina. Prodotto da: Yoshida Masahiro, Mukuju Hirohisa, Watanabe Takatoshi. Durata: 94′. Uscita in Giappone: 28 marzo 2015.
Link: Mark Schilling (Japan Times)
Movimenti della macchina da presa lenti ma continui fin dalle primissime sequenze sembrano fatti apposta per introdurre lo spettatore in un mondo – e in una storia – in cui le certezze oscillano mentre i riferimenti reali sbiadiscono.
Azusa è una studentessa come tante, sempre in ordine nella divisa della scuola, e la sua vita sarebbe normale non fosse che le persone si dimenticano di lei. Le compagne di scuola, gli insegnanti, persino il padre, non riescono a trattenere alcun ricordo che la riguardi, costringendola a sentirsi sempre e nuovamente un’estranea.
Un giorno la ragazza incontra Takashi, un adolescente come lei che invece sembra notarla e, soprattutto, ricordarla. I due iniziano a frequentarsi, lui dichiara entusiasta: «Non ti dimenticherò mai», la presenta alla famiglia e tutto sembra andare per il meglio. Fino al momento in cui sarà chiaro che anche il prode Takashi non avrà saputo vincere contro il drago dell’oblio.
Il film, presentato all’ultimo Far East Film Festival alla presenza del regista, si fonda su una vicenda romantico-adolescenziale che si sviluppa sull’orlo del baratro più temuto: la perdita della memoria. Addirittura qui l’oblio è collettivo e indirizzato verso un unico soggetto: una sorta di Alzheimer al contrario perché la ragazza si rende conto che le persone attorno a lei la dimenticano. Azusa vive in un costante stato di straniamento, consapevole della spirale negativa in cui è precipitata, muovendosi come un’entità aliena alla propria comunità. Forse un po’ troppo “caricato” il personaggio da parte della giovane attrice (ex componente di un gruppo musicale), in ogni caso capace di rendere tutto il malinconico frastornamento del non essere mai riconosciuta, del doversi sempre riproporre a nuovi incontri che nuovi non sono, ma di cui si è solo dimenticato il precedente.
La sceneggiatura, tratta dal romanzo fantasy di Hirayama Mizuho, è in sostanza suddivisa in tre fasi: quella in cui le reazioni della ragazza sembrano decisamente strane rispetto alle normali situazioni che la coinvolgono, quella in cui lei stessa spiega all’amico che da un certo momento in poi tutte le persone attorno a lei hanno cominciato a dimenticarla, e quella in cui anche l’innamorato Takashi ne perde il ricordo.
Un film di sguardi intensi, che peraltro forse indugia con fin troppa insistenza sui primi piani dei due ragazzi, rendendo il ritmo a tratti lento e sfilacciato.
Certo, non si può non apprezzare il rimando quasi “baziniano” delle riprese che “salvano” (almeno per un po’) Azusa dalla “morte“ certa dell’oblio, così come intenerisce che, in un precedente incontro, i due fossero entrambi intenti a noleggiare un dvd: lui I 400 colpi di Truffaut, lei un film sul viaggio nel tempo…
Tutto sommato una prova interessante per Horie Kei (giovane regista con un passato da attore, che esordì alla regia nel 2001 con il film Suicide (Glowing, Glowing). Senza dubbio ciò che più mi ha colpito è come riesca a far emergere, in un film che è di fatto una storia d’amore tra due adolescenti, il senso di precarietà di ogni relazione umana, e l’incubo della memoria che svanisce. Il signore anziano marito di una donna affetta da Alzheimer, al centro dove Azusa fa volontariato, afferma, parlando della moglie: «Non importa quanta memoria perde, il tempo insieme non può essere cancellato». La conclusione del film di Horie Kei sembra dimostrare il contrario: la perdita dei ricordi ci annulla senza scampo. [Claudia Bertolè]