Shin Godzilla ( シン ゴジラ, Godzilla Resurgence). Regia: Anno Hideaki e
Higuchi Shinji. Sceneggiatura: Anno Hideaki. Fotografia: Yamada Kosue. Montaggio: Anno Hideaki, Satou Atsuki. Effetti speciali: Higuchi Shinji. Musiche: Sagisu Shirō. Personaggi ed interpreti: Hasegawa Hiroki, Takenouchi Yutaka, Ishihara Satomi, Ichikawa Mikako, Inudo Isshin, Emoto Akira, Osugi Ren, Kora Kengo, Tsuda Kanji, Maeda Atsuko, Yo Kimiko. Produttori: Ichikawa Minami, Ueda Taichi, Satō Yoshihiro, Shibusaya Masaya, Wadakura Kazutoshi. Durata: 120′. Uscita nelle sale giapponesi: 29 luglio 2016.
Come spesso accade, il cinema di genere è uno dei modi migliori per sondare la situazione storica ed artistica di un paese e dell’epoca in cui un film viene prodotto. Godzilla e le sue infinite declinazioni, 28 pellicole prodotte dalla Toho dal 1954 al 2004, hanno così saputo riflettere ed in qualche modo commentare la storia del Giappone contemporaneo, dalle conseguenze delle bombe di Hiroshima e Nagasaki sulla psiche dei giapponesi al periodo del boom degli anni sessanta fino alla bolla economica che inghiottì l’arcipelago negli anni ottanta. Non è un caso quindi che il triplice disastro di Fukushima, il sisma, lo tsunami ed il conseguente incidente nucleare del marzo 2011, sia il referente simbolico della nuova pellicola dedicata al kaiju ed uscita qualche mese fa nell’arcipelago. Diretta da Anno Hideaki, padre di Evangelion, assieme all’amico Higuchi Shinji che ne ha anche curato gli effetti speciali, il film sta facendo molto parlare di sé, sia per il risultato al botteghino, sia perché va a incrociare temi e problematiche politiche molto sentite nel Giappone post-Fukushima e naturalmente anche perché c’era molta attesa su come sarebbe stato reso il lucertolone nell’era del dominio della computer graphic.
I motivi per amare questo reboot sono molti, ma altrettanti sono quelli che ne abbassano le potenziali qualità e che hanno fatto storcere il naso a molti appassionati e critici, più quest’ultimi a dir la verità. La storia ha alcuni spunti molto interessanti, Shin Godzilla/Shin Gojira, questo il titolo della pellicola dove “shin” vale sia per “nuovo”, sia per “divinità” o “vero”, è fra le altre cose un commento in forma di immagini sui problemi emersi nel post-Fukushima, l’incapacità della politica di gestire e comprendere i momenti di crisi, le responsabilità per il patto col diavolo fatto con l’energia nucleare e, forse il tema più controverso di tutto il film, l’incapacità ed il paradosso legislativo delle forze di difesa giapponesi che anche in casi eccezionali non possono essere davvero attive e d’aiuto nei momenti di emergenza.
|
Detto fatto: ecco il nuovo manifesto di reclutamento delle Forze di Autodifesa |
Dalla pellicola il reparto militare ne viene fuori molto bene e tutto il lavoro sul design di elicotteri, aerei e carri armati, che scaturisce dalla sconfinata passione di Anno e Higuchi, lo rende, come è stato notato da molte parti, degno di ammirazione per gli spettatori, tanto che in Giappone il poster del film si è visto spesso accostato a quello che invita i giovani a unirsi alle “forze armate” di difesa. Proprio questo punto è uno dei nodi cruciali del film, perché se da una parte il lavoro sembra quasi parteggiare per un apparato militare che sia libero dal dominio americano post-bellico e quindi capace di agire attivamente, cosa che emerge prepotentemente durante il corso della pellicola, d’altra parte è stato criticato per una tendenza che potrebbe venire interpretata come nazionalista e, visto il periodo storico e vista la leadership contemporanea di Abe Shinzo, il rischio di sollevare un vespaio di polemiche, specialmente a livello asiatico, è sempre presente.
Questi contrasti e questi nodi politici vengono resi da Anno in lunghissime scene con riunioni fra politici e militari in uffici amministrativi, funzionali al messaggio che il regista vuole far trasparire, ma spesso troppo pesanti per lo spettatore. Le informazioni rigettate sul pubblico da questi discorsi si intrecciano infatti con le veloci e lunghe sovraimpressioni, marchio di fabbrica del regista peraltro, che qui però rischiano di provocare una sorta di sovraccarico che inonda il pubblico. Nel bene e nel male però anche queste lunghissime scene ci dimostrano come
Shin Godzilla sia prima di tutto un’opera autoriale che riflette in tutto e per tutto lo stile e l’idea di cinema del suo autore, montaggio serrato, angolazioni estreme, che ricordano il suo live-action
Love & Pop, un feticismo per aerei, treni, carri armati e macchine da guerra in genere, ma anche dei personaggi e delle situazioni che riflettono, anche se solo in parte, quelli che popolano l’universo di
Evangelion.
Assieme al protagonista Yaguchi, il personaggio più riuscito e azzeccato è quello di Ichikawa Mikako, impiegata del ministero dell’ambiente che in qualche modo ricorda l’algidità ed il distacco di Rei Ayanami in
Evangelion. Di contro, alcuni attori o almeno alcune scelte di scrittura nello sviluppo dei personaggi lasciano davvero il tempo che trovano e rasentano il dilettantismo. Il riferimento è specialmente a Ishihara Satomi nel ruolo di Kayoko che recita nel film in un improbabile mistura di inglese e giapponese, non per forza un male, ma che davvero rasenta il ridicolo e forse neanche per colpe tutte sue. Fa piacere però vedere Tsukamoto Shin’ya, anche lui grande amante dei
kaiju eiga, interpretare uno degli esperti del gruppo che escogita il piano per sconfiggere il lucertolone e anche, in un piccolissimo ruolo di biologo, il documentarista Hara Kazuo, del resto i cameo anche piccolissimi che Anno e soci si sono divertiti a nascondere abbondano in tutto il lungometraggio .
La parte più riuscita di
Shin Godzilla e quella che solleva la pellicola al di sopra dei suoi difetti è il mostro stesso, cattivissimo nell’espressione e nelle fattezze spigolose e quasi emanazione di una forza selvaggia e primigenia della terra, non a caso il design ricorda molto da vicino una colata di roccia lavica ancora incandescente sempre sul punto di spaccarsi. Godzilla non ha certo la fluidità di quello in CG del film di Gareth Edwards del 2014, qua il budget era molto inferiore, ma la scelta di usare una tecnica ibrida, il motion-capture con Nomura Mansai, un famoso attore di teatro Kyōgen, che ha dato vita ai suoi movimenti, è risultata vincente. Se in alcune scene, pochissime in verità, questa tecnica mostra i suoi limiti, riesce ad esprimere allo stesso tempo una crudezza ed una materialità che rendono questo Godzilla, e parliamo del mostro in sé, probabilmente quello più terrificante e riuscito di tutte le serie, dal 1954 ad oggi. Ci troviamo di fronte ad un
“essere” che nell’arco delle due ore del film subisce delle inattese ma importanti mutazioni, nasce con certe caratteristiche per poi cambiare, sorta di mostruosa salamandra anfibia che dall’acqua si trasferisce sulla terra. Cambiamento, mutazione e disastro ed il modo di rapportarsi ad essi da parte del genere umano sono del resto le tematiche principali e cardine che emergono dalla visione di questa pellicola. Ma è anche la storia con i suoi improvvisi momenti di stasi e cambiamenti di rotta inaspettati ad essere una delle cose più riuscite del film, al di là, come si diceva sopra, dell’eccessiva verbosità e tempo speso in riunioni fra politici e militari. In questo senso la parte conclusiva della pellicola, con il suo finale aperto che rivela senza paradossalmente rivelare, è al cento per cento opera di Anno e l’ultimissima scena, quando l’inquadratura si chiude sull’estremo lembo della lunghissima coda di Godzilla che ne racchiude il suo segreto, è forse quella più significativa di tutto il film.
Il successo al botteghino, ad oggi 60 milioni di dollari incassati con circa 4 milioni di biglietti venduti, ed il generale consenso di pubblico fanno sì che un sequel sia ineluttabile, anzi immaginiamo che questo reboot sia il primo episodio di una nuova serie. La speranza è che la storia continui sugli stessi binari ma che registi e produzione abbiano il coraggio di ammettere i loro errori, a cominciare dal fatto che l’uso dell’inglese ed in generale il personaggio di Kayoko sono completamente inutili e deleteri, e che si concentrino invece di più su Godzilla stesso, sul suo sviluppo e sul rapporto reale e simbolico con la razza umana e gli abitanti dell’arcipelago. [Matteo Boscarol]
PS. Per una rassegna dettagliata di tutti i film della serie del “vecchio” Godzilla, si segnala il volume di Davide Di Giorgio, Andrea Gigante, Gordiano Lupi, Godzilla, il re dei mostri, Edizioni Il Foglio, 2012, pp. 310, euro 15,00.