L’IMMORTALE (Blade of the Immortal, Mugen no jūnin, MIIKE Takashi, 2017)
Disponibile su Netflix
★★★½
Cinquant’anni dopo Manji viene assoldato da una ragazzina che ha assistito al brutale assassinio del padre da parte di una nuova scuola che ha intenzione di soppiantare tutti gli altri dōjō del Giappone, ed è ora in cerca di vendetta.
Il centesimo film di Miike Takashi, adattamento dell’omonimo manga di Samura Hiroaki, si apre con un riuscitissimo prologo in bianco e nero, scelta cromatica che omaggia le tavole della controparte cartacea, che mette subito le cose in chiaro: ci aspettano due ore di combattimenti, di sangue, di uomini che agiscono guidati dal proprio senso dell’onore e dalla disperazione. Miike torna a mettere in scena una storia di samurai dopo 13 Assassins (capolavoro ad opinione di chi scrive) di sette anni prima e lo fa con grande maestria. Nell’arco delle più di due ore di durata il regista sfoggia tutte le sue abilità, utilizzando tutti gli strumenti della settima arte, dall’immagine al suono(spesso l’azione avviene fuori campo, con il sonoro che ci suggerisce cosa sta succedendo), per portare avanti la narrazione.
Una narrazione che si basa sull’azione: i combattimenti rispetto a 13 Assassins risultano essere meno epici, meno eleganti, ma decisamente più fisici, più sanguinosi e raggiungono l’apice nel confronto tra gli immortali Manji e Shizuma Eiku che ha luogo nella parte centrale del film. Certo in questo film Miike non inventa nulla di nuovo e non rivoluziona il genere, ma introduce qualche elemento originale non riscontrabile frequentemente in altre opere: prima di tutto la componente fantasy che ha un ruolo importante nella narrazione e in secondo luogo la mancata linea di demarcazione tra bene e male. I villain forse non sono veri e propri villain e i protagonisti devono affrontare la loro abbondante dose di scheletri nell’armadio per poter evolvere e maturare.
Miike omaggia spesso e volentieri il manga originale costruendo inquadrature fumettistiche (a tratti viene in mente Sin City, senza tuttavia raggiungere neanche lontanamente l’estremizzazione stilistica del film di Miller e Rodriguez che spesso sfociava nel “tamarro”) e rendendo esteticamente iconici tutti i personaggi.
Tuttavia non è tutto rose e fiori: alcuni comprimari vengono a mala pena caratterizzati e la pellicola nel complesso risulta essere un po’ troppo lunga, ma Miike centra perfettamente l’obiettivo e confeziona una pellicola tecnicamente perfetta in grado di intrattenerci per più di due ore, e che ricorderemo anche molti giorni dopo la visione.
Luca Orusa
Titolo originale: 無限の住人(Mugen no jūnin); regia: Miike Takashi; sceneggiatura: Oishi Tetsuya; soggetto: Samura Hiroaki; fotografia: Kita Nobuyasu; montaggio: Yamashita Kenji; musiche: Endō Kōji; interpreti: Kimura Tayuka(Manji), Sugisaki Hana(Asano Rin), Fukushi Sōta (Anotsu Kagehisa); produzione: Koiwai Hiroyoshi, Saka Misako, Maeda Shigeji, Thomas Jeremy, Warner Bros. Japan., Magnet Releasing; durata: 141’; prima mondiale: 25 maggio 2017 (Cannes 70, fuori concorso).