GON, THE LITTLE FOX (YASHIRO Takeshi, 2019)
PRE-OPENING JAPANESE FILM FESTIVAL ONLINE 2022
★★★★
Tratto dal celebre racconto Gongitsune di Niimi Nankichi, pubblicato nel 1932 (già fonte di ispirazione per un cortometraggio animato del 1985) considerato in patria una sorta di Andersen giapponese, Gon, the Little Fox è realizzato con la nobile tecnica della stop motion, un lavoro certosino che ha occupato la produzione e il regista Yashiro Takeshi per oltre due anni.
La stop motion conta in Giappone alcuni autori particolarmente amati come Tomoyasu Murata che nel 2017 ha realizzato Matsu ga e wo musubi (A Branch Of A Pine Is Tied Up), uno dei lavori più toccanti e poetici che riflette sul triplice disastro che colpì il Giappone nord occidentale nel marzo del 2011; Naoyuki Tsuji (quest’ultimo lavora sia con la tecnica del carboncino animato sia con la clay animation ovvero i pupazzi di plastilina) e Tomoki Misato autore di quel piccolo capolavoro della stop-motion animata giapponese contemporanea che è My Little Goat (2018). A dispetto della CGI questi autori continuano a creare originali e poetici film con la magia del passo 1, una tipologia di animazione che nel Sol Levante gode di buonissima salute e che non è certo quella a cui pensiamo quando accostiamo i due termini “Giappone” e “animazione”. Nel dopoguerra i due nomi che più hanno contribuito a dare lustro a questo tipo d’arte sono stati Kihachiro Kawamoto (1925-2010) e Tadanari Okamoto (1932-1990), entrambi provenienti dalla scuola del pioniere Tadahito Mochinaga, con cui fecero apprendistato.
A rimarcare l’importanza che questi due autori ricoprono nelle arti visive del paese, nel corso di questo 2021, il National Film Archive of Japan ha dedicato loro una lunga retrospettiva, purtroppo moncata e resa quasi fantasma dalla pandemia. Ma torniamo alla nostra piccola volpe. Il lavoro compiuto da Yashiro Takeshi e dallo studio Tecarat è a dir poco straordinario. Non stiamo parlando solo della storia che, va da sé, commuove e scalfisce anche il più arido dei cuori, ma della regia tout court: carrellate, grandangoli, cambi repentini di prospettiva, oggettive irreali, soluzioni luministiche ardite, insomma tutto il complesso – classico e non – dei codici visivi e sonori messi a disposizione per la gioia dello spettatore.
Ci sono sequenze che colpiscono per il rigore formale come quelle girate negli interni dell’abitazione di Hyoju: per esempio l’utilizzo dell’illuminazione extradiegetica, per abbagliare la minaccia in agguato in esterno, o della profondità di campo, per far vedere la madre sofferente sullo sfondo, o ancora del grandangolo, per conferire a Gon, e alla sua impertinente espressione lignea, un’aura di particolare dolcezza mentre compie la sua, ultima, buona azione.
Matteo Boscarol e Valerio Costanzia
Titolo originale: 劇場版 ごん (Gon, the Little Fox); regia: Yashiro Takeshi; sceneggiatura: Honda Takaaki, Yashiro Takeshi (dal romanzo di Niimi Nankichi); fotografia: Maki Kenji; montaggio: Yashiro Takeshi; musica: Hayashibe Akiko interpreti: Yamazaki Kento (Nagata), Matsuoka Mayu (Saki), Satô Kan’ichirô (Nohara), Itô Sairi (Aoyama), Iguchi Satoru (Komine), Asaka Kôdai (Tadokoro); produzione: Oikawa Masaaki, Tecarat, Explorers Japan, Taiyo Kikaku Company; durata: 28’; uscita in Giappone: 8 ottobre 2021 (Fukuoka Asia Film Festival)