GIAPPONE 2016 – 2021: LE SCELTE DI ICHIYAMA
Dieci film da non perdere dell’ultimo cinema giapponese, secondo il nuovo responsabile della programmazione del Tokyo Film Festival
★★★★½
Che il quarantenne Mariko Tetsuya sia oggi uno dei registi più interessanti del cinema giapponese contemporaneo, lo aveva già qui notato Jacopo Barbero nella sua recensione a
Destruction Babies (2016). In quell’occasione, si indicava del film, con parole che valgono anche per
Miyamoto, la rappresentazione di «una società intrinsecamente brutale, assuefatta alla crudeltà e ai meccanismi di sopraffazione reciproca, in cui l’atto violento è normale, quotidiano». Nella stessa recensione, Barbero notava il sentimento di «impotenza» che aleggiava nel film. E proprio un tale sentimento a dominare, almeno sino all’epilogo, l’ultimo lavoro di Mariko, nel suo raccontare la storia un giovane, Hiroshi, che vuole vendicare lo stupro di cui è stata vittima la sua fidanzata, Yasuko, da parte dell’energumeno, Takuma. Come accadeva nel miglior Miike, la violenza, in questo
revenge movie alquanto
sui generis, è segno di relazioni umane dove i sentimenti feriti dei protagonisti non trovano, né possono trovare, altre vie d’uscita alle ingiustizie di cui sono vittima. Il modello narrativo del “boy meets girl” diventa, nelle mani di Mariko, delle sue immagini a ridosso del personaggi, della sua instabile cinecamera e dei suoi andirivieni temporali, il mezzo con cui si mette in scena un disagio esistenziale, una sofferenza interiore, una rabbia dell’animo che ricorda la desolazione che permeava alcuni dei classici della Post-Nouvelle Vague francese (vedendo il film ho provato quasi la stessa ansia che aveva suscitato in me quel capolavoro che è
La maman et la putain, Jean Eustache, 1973).
From Miyamoto to You è un film molto urlato, sopra le righe, dai toni esacerbati e con una recitazione che punta all’eccesso, caratteri questi che a volte possono anche irritare ma che, in questo caso, bene esprimono i lacerati sentimenti vissuti dai personaggi e tutta la loro rabbia. Il gusto per il paradosso è più che evidente, a partire dalla scena della violenza sessuale subita da Yasuko, di cui Hiroshi, addormentatosi dopo aver bevuto un’intera bottiglia di sake, non si accorge di nulla, anche se tutto accade lì, a pochi centimetri da dove si trova; attraverso l’uso di certe battute di dialogo ( «Violentami anche tu, tanto una o due volte, cosa cambia», dice la fidanzata al giovane protagonista, il mattino successivo allo stupro) sino a quando Hiroshi porta in bici, a Yasuko, Takuma, dopo avergli quasi “strappato le palle”, per mostrarle la compiuta vendetta.
Insomma, si sarà capito, rispetto ad altri celebrati film del cinema giapponese contemporaneo, in odore di Oscar, qui siamo davvero su un altro pianeta.
Dario Tomasi
Titolo originale: 宮本から君へ (Miyamoto kara kimi e); regia: Mariko Tetsuya; soggetto: dal manga omonimo di Arai Hideki; sceneggiatura: Mariko Tetsuya, Minato Takehiko; fotografia: Shinomiya Hidetoshi; interpreti: Miyamoto Hiroshi (Ikematsu Sōsuke), Yasuko (Aoi Yū), Iura Arata (Yuji), Ichinose Wataru (Takuma), Ono Heihachiro (Satō Jirō); produzione: Satō Junko per Kadokawa; durata: 129’; prima uscita in Giappone: 27 settembre 2019.