HOKUSAI (Id., HASHIMOTO Hajime, 2020)
ASIAN FILM FESTIVAL
ROMA 7 – 13 APRILE
★★★
Il film racconta, romanzandola, parte della storia di Katsushika Hokusai (1760 – 1849), il celebre e geniale pittore giapponese le cui opere ispirarono generazioni di artisti anche occidentali, a partire da Monet e Van Gogh.
Siamo nel periodo dello shogunato Tokugawa e l’artista che sarebbe poi diventato famoso con il nome d’arte di Hokusai (pseudonimo ispirato alla Stella Polare) viene presentato dal regista ancora bambino mentre, nella scena di apertura, dà forma alla figura di un animale direttamente sulla sabbia. Il film poi procede in una suddivisione a capitoli, dai primi contatti non favorevoli con il mondo editoriale dell’epoca: l’editore Tsutaya, che intrattiene rapporti con grandi artisti del momento, come Utamaro, lo nota, ma all’inizio le sue opere non lo convincono. Saranno successivamente i paesaggi, le onde in particolare, a dargli conferma del talento del giovane pittore scontroso. Nel secondo frammento temporale Hokusai lavora all’illustrazione di un libro, si è sposato e ha una figlia. Le ultime due scansioni ce lo propongono anziano: afflitto da problemi fisici e da dolori personali, non cede e persevera nel trasporre nei suoi disegni ciò che del mondo, della natura, delle persone che lo circondano, colpisce la sua sensibilità.
Hokusai, la cui sceneggiatura è opera di Kawahara Ren (che interpreta anche la parte della figlia pittrice Oī), scompone la vita del pittore in due passaggi: la giovinezza, caratterizzata dalla necessità appassionata di vedere apprezzata la propria arte, e l’età avanzata nella quale lo sguardo sul mondo circostante e sulle dinamiche del vivere sociale si fa più profondo.
Yagira Yūya (l’attore che ad appena quattordici anni nel 2004 vinse come miglior attore per il film Nobody Knows di Kore-eda Hirokazu) dà corpo a un personaggio che appare in conflitto con sé stesso e con la società, appassionato, ma ancora alla ricerca del proprio percorso; Tanaka Min, che ci restituisce la figura dell’artista anziano, ne coglie tutta l’ostinazione e la necessità di perseverare nella propria arte. La “danza” nella pioggia al ralenti, il viso in un’espressione estatica, imbrattato di quel nuovo blu di Prussia, che conferirà una brillantezza inedita alle sue composizioni geniali, ne sono un esempio.
Con uno stile classico e ricercato Hashimoto Hajime “disegna” una Edo esteticamente efficace, nella quale chi esprime la propria arte lo fa consapevole dei rischi derivanti dai divieti di chi è al potere: il rapporto tra l’artista e la società nella quale vive è sicuramente un tema che percorre tutto il film.
Interessanti accenni (poco importa se aderenti o meno alla realtà storica dei fatti) ai rapporti di Hokusai con gli altri artisti del suo tempo: dal già citato Utamaro, che vive e lavora in una casa di geishe, allo scrittore Ryūtei Tanehiko, samurai logorato dal dilemma se rimanere fedele ai principi del clan ovvero dare voce alla propria essenza di artista. Un passaggio li ritrae insieme, lui e Hokusai seduti davanti all’abitazione di quest’ultimo e i loro sguardi sono esplicativi: quello dello scrittore rimane confinato all’interno dell’inquadratura, quello del pittore, già anziano e provato, vola invece libero oltre i confini.
Claudia Bertolé
Titolo originale: 北斎 (Hokusai); regia: Hashimoto Hajime; sceneggiatura: Kawahara Ren; fotografia: Tsunoda Shinichi; interpreti: Yagira Yūya (Hokusai giovane), Tanaka Min (Hokusai anziano), Abe Hiroshi (Tsutaya Juzaburo), Tamaki Hiroshi (Utamaro), Nagayama Eita (Ryūtei Tanehiko), Kawahara Ren (Oī), Takimoto Miori (Koto), Aoki Munetaka (Takai Kozan), Tsuda Kanji (Nagai Goemon), Tsujimoto Yūki (Takizawa Bakin), Uragami Seishū (Toshizai Sharaku), Imō Haruka (Asayuki); produttore: Nakayama Kenichi; durata: 129’; prima proiezione in Giappone: 28 Maggio 2021.