ONODA, 10.000 NUITS DANS LA JUNGLE (Arthur HARARI, 2021)
★★★
I Samurai che non vollero arrendersi
1974. Isola di Lubang, Filippine. Un giovane sbarca sull’isola e si accampa nella giungla con una tenda, una bandiera giapponese e un registratore che suona un canto di guerra. Le note della canzone arrivano fino alle orecchie di un vecchio soldato, intento a raccogliere dei fiori nella giungla.
Dicembre 1944. Wakayama, Giappone. L’ufficiale Onoda, profondamente deluso per non aver superato la prova per diventare un pilota kamikaze, viene addestrato dal maggiore Taniguchi alla guerra segreta: sarà un soldato speciale infiltrato tra le truppe regolari. Onoda può così compiere il suo dovere di servire la patria, un dovere che continuerà ben oltre la fine delle ostilità.
Se dovessimo ipotizzare un canone del war movie, un’immaginaria linea Maginot potrebbe dividere i film che hanno come protagoniste le battaglie corali, con imponenti scene di massa in cui eserciti contrapposti si fronteggiano – con grande dispiegamento di mezzi – dai film in cui invece il conflitto è circoscritto a pochi soldati, una pattuglia sperduta, un disertore in fuga, lontano dal fragore delle bombe e dei proiettili. Un’estrema reductio di questa seconda opzione ci porterebbe all’essenza della guerra come un duello che non sembra avere fine, o perché il nemico diventa un doppelgänger, come in Fear and Desire di Kubrick oppure perché la guerra provoca una derealizzazione dell’esperienza, come ci ricorda Paul Virilio in Guerra e cinema. Logistica della percezione (1984), con una conseguente perdita delle coordinate spazio-temporali. Il film di Harari rientra a pieno titolo in quest’ultima opzione, intessendo una sottile linea rossa che ci porta a ritroso a capolavori come Fuochi nella pianura (Nobi 1959) di Ichikawa Kon – stesso conflitto e ambientazione nelle Filippine – e a Duello nel Pacifico (Hell in the Pacific 1968) di John Boorman con Mifune e Marvin che si fronteggiano su un’isola deserta.
La storia di Onoda è un classico esempio di Japanese holdouts, soldati che, nonostante la fine della guerra, hanno continuato a “combattere” in solitaria, vuoi per uno stoico rifiuto dell’onta di aver perso la guerra – lo storico Alberto Rosselli li ha definiti “samurai che non vollero arrendersi” – vuoi per aver smarrito il senso della realtà e quindi tagliati fuori dai collegamenti con la madrepatria. A parziale discolpa di questi ostinati “samurai”, Rosselli sostiene che «dopo le conquiste americane di Iwo Jima (20 marzo 1945) e di Okinawa (21 giugno 1945), il Comando Supremo giapponese impartì via radio a tutte le unità ancora operative nei territori dell’Impero l’ordine di continuare a resistere a oltranza: messaggio che ovviamente venne captato soltanto da quelle guarnigioni o da quei reparti isolati che possedevano ancora impianti radio funzionanti».
Il caso di Onoda ha suscitato ampia eco (nel 1975 Mondadori pubblica Non mi arrendo. I miei trent’anni di guerriglia nella giungla filippina) per la durata estrema del suo isolamento, tanto da affascinare anche Werner Herzog che nel 1997, quando si trova a Tokyo per mettere in scena l’opera teatrale Chushingura, lo incontra e ne scrive un libro, Il crepuscolo del mondo (2021).
Il film di Harari (una coproduzione internazionale tra cui anche Rai Cinema) ripercorre la storia di Onoda con un lungo flashback, all’interno del quale se ne innescano altri che fanno luce sulla sua vicenda umana, soprattutto l’influenza che ebbe su di lui il maggiore Taniguchi, mentore del giovane soldato nella scuola in cui impara l’arte delle guerra segreta. Ma la parte più affascinante del film è quella in cui Onoda e i suoi tre commilitoni sono sempre più isolati e le loro certezze sembrano vacillare. È in questi momenti, nel loro vagare all’interno della giungla, che l’eco di Nobi si fa sentire, nella sua componente di macabra disperazione (i soldati morti in decomposizione) ma anche nei momenti di intimità cameratesca come il taglio dei capelli, la preghiera prima del pasto, il bagno. Particolarmente toccante il momento in cui, rimasti ormai in due, Onoda e Kozuka, quest’ultimo perde la propria pistola in riva a un fiumiciattolo. Redarguito severamente da Onoda, Kozuka, mortificato, si accorge che in mezzo al fiume c’è un mulinello che ha riportato indietro la sua pistola permettendogli così di trovarla. La tensione tra i due si scioglie in un abbraccio fraterno: resta quell’immagine iconica del mulinello, che porta indietro la pistola, ma non il tempo, il quale invece scorre inesorabilmente.
“Tutti noi avevamo sperato che un giorno saremmo tornati in Giappone. E ora io solo tornavo, lasciando gli spiriti dei miei insostituibili camerati sull’isola. Tornavo in un Giappone che aveva perso la guerra trent’anni prima. Tornavo nella terra dei miei avi, per la quale avevo combattuto fino al giorno prima. Se non ci fosse stata gente intorno a me, avrei battuto il capo per terra, gemendo… Per la prima volta osservavo dall’alto il mio campo di battaglia. Perché mai avevo combattuto laggiù per trent’anni? Per chi avevo combattuto? In nome di quale causa?”. Onoda Hiroo.
Postilla bibliografica
Per chi intendesse approfondire il tema dei Japanese holdouts rimandiamo al bell’articolo di Alberto Rosselli, I samurai che non vollero arrendersi che contiene anche una breve bibliografia di testi dedicati al tema. (http://www.storiain.net/storia/i-samurai-scomparsi-nel-nulla/)
Valerio Costanzia
Titolo originale: Onoda, 10.000 nuits dans la jungle; regia: Arthur Harari; soggetto: Arthur Harari, Vincent Poymiro; fotografia: Tom Harari; montaggio: Laurent Sénéchal; scenografia: Brigitte Bassart; musica: Andrea Poggio, Enrico Gabrielli, Gak Sato, Olivier Marguerit, Sebastiano De Gennaro; interpreti: Endō Yūya (Onoda Hiroo giovane), Tsuda Kanji (Onoda Hiroo anziano), Matsuura Yūya (Kozuka Kinshichi giovane), Chiba Tetsuya (Kozuka Kinshichi anziano), Kato Shinsuke (Shimada Shoichi), Inowaki Kai (Akatsu Yūichi), Ogata Issei (Major Taniguchi Yoshimi), Nakano Taiga (Suzuki Norio il turista); produzione: Bathysphere, To Be Continued, Ascent Film, Frakas Productions, Pandora Filmproduktion, Anti-Archive, Arte France Cinéma, Rai Cinema, Chipangu, Proximus, Creative Europe, Film und Medienstiftung NRW, FFA Filmforderunganstalt, CNC; durata: 165’; anteprima mondiale in Francia: Cannes Film Festival – Un Certain Regard, 7 luglio 2021. Uscita in UK: 15 aprile 2022.