MISSING (Sagasu, KATAYAMA Shinzō, 2021)
IN CONCORSO AL 24° FAR EAST FILM FESTIVAL (Udine, 22 – 30 aprile 2022)
Kaede è una ragazzina combattiva che vive col padre Satoshi a Osaka. Sembra lei la ‘grande’ della famiglia, che corre in aiuto quando l’uomo viene scoperto a rubacchiare in un negozio, e lo sostiene. Lui appare in difficoltà, disoccupato e in una deriva di depressione.
Un giorno però il padre improvvisamente scompare. Kaede non se ne dà pace e inizia a cercarlo, con l’aiuto di un compagno di scuola, innanzitutto in un cantiere dove Satoshi ha lavorato. Qui incontra un ragazzo scontroso che la ragazza ritiene potrebbe trattarsi di un serial killer ricercato e di cui il padre le aveva parlato pochi giorni prima di scomparire per via della consistente taglia messa a disposizione dalla polizia per chi lo avesse individuato. Da quel momento le cose si complicano, e la storia, tra misteriosi messaggi sul cellulare, inseguimenti nelle vie della città e flashback su delitti inquietanti, porterà la sua protagonista su un’isola vicino alla città, dove è arrivata anche una donna in sedia a rotelle che aveva risposto a un annuncio in rete per aspiranti suicidi.
Katayama Shinzō, dopo aver lavorato per parecchi anni come assistente alla regia per il cineasta coreano Bong Joon-ho, esordisce nel 2018 con il lungometraggio Siblings of the Cape, storia di un uomo che costringe la sorella disabile mentale a prostituirsi, premiato come miglior film allo Skip City International D-Cinema Festival. Con Missing si concentra ancora su personaggi in difficoltà, che vivono in aree sociali emarginate, in questo caso però con una scrittura a incastri sviluppa un viaggio nel lato oscuro del mondo ‘normale’, e ci rende un quadro articolato di rapporti umani deviati, sconvolti dal dolore o dalla solitudine.
Al centro del suo racconto c’è una giovane donna coraggiosa, un personaggio femminile che non si ferma di fronte alle richieste fastidiose del compagno di scuola al quale chiede aiuto, forte del legame con un padre abbattuto per la perdita della moglie affetta da SLA, della quale si verrà a sapere peraltro che è stato proprio lui a chiedere al killer con il quale è venuto in contatto di ‘occuparsi’, in un passaggio fin troppo crudo del film. Kaede non esiterà ad andare fino in fondo per arrivare a far luce su tutti gli aspetti, anche i più macabri, della vicenda, e soprattutto quelli che coinvolgono Satoshi, un uomo dall’aspetto bonario e pasticcione, ma del quale i rimandi temporali del film svelano aspetti discutibili. La lunga sequenza finale degli scambi a ping pong tra la ragazza e il genitore suggella in definitiva una sorta di resa dei conti.
Il regista descrive un mondo e un sottomondo, nei quali l’alienazione regna sovrana e conduce gli umani a scelte senza ritorno, nei quali, alla Suicide Club di Sono Sion, le persone aderiscono in rete a gruppi di sostegno al suicidio per porre fine a una vita divenuta insostenibile, o si fanno adescare da predatori anaffettivi in cerca di vittime sulle quali scaricare i propri impulsi di eros e morte.
I piccoli gesti condivisi tra un padre e una figlia, il calore di una famiglia, anche se problematica, sono deboli luci in un universo di ombre dove si muove a proprio agio un serial killer senza nome esteticamente intrigante e che il regista fa apparire davanti agli occhi di Kaede, che arriva al cantiere in cerca del padre, avvolto in una improvvisa quanto metaforica nuvola di fumo.
Claudia Bertolé
Titolo originale: さがす (Sagasu); regia: Katayama Shinzō; sceneggiatura: Katayama Shinzō, Kotera Kazuhisa, Takada Ryo; fotografia: Ikeda Naoya; musica: Takai Hiyoko; interpreti: Itō Aoi (Harada Kaede), Satō Jirō (Harada Satoshi), Hiroya Shimizu (Yamauchi Terumi), Matsuoka Izumi (Zoshima Midori), Narushima Tōko (Harada Kimiko), Ishii Shotaro (Hanayama Yutaka); produzione: Ide Yoko, Yamano Akira, Harada Koji; durata: 123’; prima uscita in Giappone: 21 gennaio 2022.