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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

MILLENNIUM ACTRESS (Sennen Joyū, KON Satoshi, 2001)

22° NIPPON CONNECTION (Francoforte, 24 -29 maggio 2022)

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Nel 1997 Kon Satoshi esordisce sul grande schermo con Perfect Blue, dando una forte scossa all’industria anime: artisti e critici rimasero impressionati da questo debutto audace, in cui filosofie novecentesche, psicanalisi e nouveau roman, metacinema e gusto horror allo stesso tempo raffinato e exploitation aderivano senza soluzione di continuità. Dalla radicata passione cinefila di Kon, dal suo immaginario liberamente in movimento tra realtà e sogno, era nata un’opera che mirava a riprodurre lo spirito dell’essere umano e il suo discorso interiore. Il film, purtroppo, non ebbe successo commerciale, cosa che pose Kon su un piano scomodo: la sua reazione fu di tentare con una secondo lungometraggio meno radicalmente “di genere”, ma che non tradisse la sua ispirazione.


Da questo stato d’animo ha origine Millennium Actress, tra i più bei film “sul cinema” mai realizzati. Per la sua complessità, per il suo linguaggio “generativo” che innesca continui rimandi metacinematografici, per la qualità compositiva che affonda in un immaginario collettivo profondo, Millennium Actress è un’opera “sorella” di altri due misterici capolavori: Viale del Tramonto (1950) e Fedora (1978), forme di espressione artistica che superano il proprio tempo per diventare frammenti di percorso iniziatico attraverso lo spazio sur-realista del cinema, il suo potere veggente, la sua natura psicanalitica.

Tra tutti i film di Kon, Millennium Actress è forse quello che più intensamente guarda al passato, o ancor meglio alle relazioni che intercorrono tra passato, presente e futuro. Venato di malinconia, ma anche di amore per la vita e le sue infinite possibilità, l’opera esplora il mistero della circolarità del tempo: il passato proietta luci e ombre sul presente, mentre il futuro è quel viso che si mostra e fugge, lasciandoci col desiderio di raggiungerlo.
Apparentemente la trama è semplice: un documentarista si reca a intervistare la celebre ed elusiva diva Fujiwara Chiyoko, ritirata da trent’anni in un solitario isolamento. Come tutte le eroine di Kon, Chiyoko è una figura “duplice” in cui il regista trasferisce i tratti biografici e il percorso artistico di due grandi protagoniste del cinema giapponese: Hara Setsuko e Takamine Hideko. Flashbacks ci conducono dolcemente (a la Cocteau) nel passato di Chiyoko, mostrandoci la sua carriera di attrice e la sua parallela ricerca di un uomo misterioso, di cui è perdutamente innamorata. Durante l’intervista, il documentarista e il suo cameraman “scivolano” all’interno dei ricordi di Chiyoko, prendendone parte: ecco allora che la grande avventura del cinema giapponese diviene anche racconto individuale, memoria e sogno.
Seguendo la linea tracciata da Perfect Blue, opera speculare, Kon ci suggerisce che l’immagine cinematografica non può restituire la “realtà oggettiva”, poiché questa non esiste; anzi, il suo specifico è la restituzione di molteplici realtà soggettive. Nel cuore umano “i ricordi, il presente, il passato e il futuro coesistono”, secondo la filosofia di Kon; la vita passa attraverso la libertà e la fantasia delle nostre percezioni.

La troupe segue Chiyoko attraverso diversi periodi temporali e generi che fanno riferimento a grandi autori del passato (Ozu, Kurosawa, Mizoguchi, Naruse…): vere lettere d’amore tecnicamente stupefacenti. La protagonista corre nel mezzo di una realtà “messa in scena” in cui i fondali colorati cambiano come in un film di Kinoshita; piani sequenza si risolvono in una concezione temporale soggettiva, che vede anni trascorrere in un secondo; piogge di frecce diventano bombe, scenografie jidai-geki si trasformano in paesaggi devastati dalla seconda guerra mondiale; manifesti cinematografici (What’s Your Name e Love Letter, 1953) ci parlano di realismo e romanticismo post-bellici. La memoria del cinema è un nastro che scorre senza fine. Chiyoko, modellata su Hara Setsuko, Takamine Hideko ma anche Tanaka Kinuyo, è “la donna” del cinema giapponese: creatura trasfigurata, amata, desiderata; personaggio protagonista del cambiamento, corpo del sacrificio, ma sempre pronta a vivere e amare, a gettarsi in un futuro sconosciuto. La Millennium Actress  piange con il viso tra le mani ricordandoci la Noriko di Viaggio a Tokyo (1953), corre in bicicletta come Hisako in Ventiquattro occhi (1954), affronta una photocall giornalistica assieme a Godzilla (1954), cammina tra le macerie come Yukiko di Floating Clouds (1955)

Stupisce, ancora una volta, l’ingegno senza fine del regista nel sovrapporre in forme emotivamente struggenti realtà e finzione, e parallelamente cinema e metacinema. Kon interpreta codici linguistici in trasformazione: la pulizia classica diviene immagine “instabile” moderna fino ad arrivare alle sperimentazioni del fantastico. La colonna sonora di Hirasawa Susumu, che si sviluppa attraverso stili differenti (dal pianoforte romantico all’inquietudine elettronica) contribuisce a proiettare il film in una dimensione irraggiungibile: là dove Chiyoko, incurante degli ostacoli, è la forte/fragile viaggiatrice dell’Amore: “dopotutto… è rincorrerlo la cosa che mi piace di più”.

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Marcella Leonardi

Titolo originale: 千年女優 (Sennen Joyū); regia: Kon Satoshi; sceneggiatura: Murai Sadayuki, Kon Satoshi; musica: Hirasawa Susumu; produzione: Maki Taro, Madhouse; durata: 87’; prima uscita: 28 luglio 2001 (Fantasia International Film Festival).
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