ORA ORA BE GOIN’ ALONE (Ora ora de hitori higumo, OKITA Shūichi, 2020)
SPECIALE OKITA SHŪICHI
Okita Shūichi apre il suo film con scene di evoluzione della vita sulla Terra: dinosauri, pterodattili, esseri marini preistorici. E subito dopo l’attenzione si sposta su una donna minuta seduta in casa propria in compagnia di tre insolite figure, tre ragazzi vestiti esattamente come lei che la prendono in giro, che fanno battute, che canticchiano «Noi siamo te» e poi improvvisano un’orchestrina e l’anziana, insieme a loro, si alza e accenna a passi di danza nel proprio salotto, mentre fuori infuria il temporale.
Età che avanza e solitudine in stile Okita.
Gli anni di Momoko sono gli stessi che nel futuro distopico ipotizzato da Hayakawa Chie nel suo recente Plan 75 darebbero accesso a una sorta di piano autorizzato per ridurre il numero degli anziani dalla comunità dei viventi: Okita Shūichi, non senza un filo di malinconia, ce li descrive invece come gli anni della riflessione sul proprio passato, della crescente consapevolezza delle difficoltà del futuro e, perché no, della libertà di una deriva fantastica fino a quel momento imbrigliata.
Momoko è un personaggio in linea con i protagonisti dei precedenti film del regista: come Yonosuke (A Story of Yonosuke, 2013) si lascia condurre dal proprio cuore e dalle proprie immagini mentali, “persa” nelle giornate in solitudine come le eroine di Ecotherapy Getaway Holiday (2014) nella foresta, e affascinata da animali preistorici dalle forme sorprendenti, che riproduce sul proprio taccuino, così come faceva il pittore novantenne (Mori – The Artist’s Habitat, 2018) con le formiche sui rami degli alberi del proprio giardino.
L’anziana va dal medico (che a un certo punto immagina con le fattezze di un uomo dell’età della pietra), si applica i cerotti per il mal di schiena, lotta contro il demone che al mattino le consiglierebbe di starsene a dormire, frequenta la locale biblioteca: le sue sono giornate dai gesti ripetuti in solitaria, ma senza disperazione, quanto piuttosto alla ricerca di un possibile equilibrio tra fantasia e realtà. Non mancano riflessioni sulla propria condizione, di donna per la quale sarebbe apparso scontato accettare un marito prescelto dai genitori, che invece aveva deciso di prendere in mano la propria vita e fuggire, per «diventare una donna nuova» e finire poi per ricadere, ma questa volta per amore, nello schema della famiglia tradizionale. Una parte importante del tempo di Momoko, e quindi del film, ce l’hanno i ricordi. Il regista li isola illuminandoli di una luce calda e avvolgente, e così le memorie che hanno come protagonista una giovane e sorridente Momoko trapiantata nella capitale, poi moglie e madre accanto all’uomo che si era scelta, si intrecciano allo scenario preistorico e alla performance delle tre voci interiori per creare un presente che è sì pervaso di nostalgia, ma che può attingere a un immaginario ricco e salvifico.
Claudia Bertolé
Titolo originale: おらおらでひとりいぐも(Ora ora de hitori igumo); regia: Okita Shūichi; sceneggiatura: Okita Shūichi, dal romanzo di Wakatake Chisako; fotografia: Kondō Ryūto; interpreti: Tanaka Yuko (Momoko 75 anni), Aoi Yu (Momoko giovane), Higashide Masahiro (Shuzo), Hamada Gaku (voce interiore di Momoko 1), Aoki Munetaka (voce interiore di Momoko 2), Kudo Kankuro (voce interiore di Momoko 3), Tabata Tomoko (figlia di Momoko), Okayama Amane (venditore d’auto), Ohkata Hisako (nonna di Momoko), Washio Machiko (bibliotecaria); distribuzione: Asmik Ace; prima uscita Giappone: 6 novembre 2020; durata: 138’.