I LOVE THEE FOR GOOD (Eien ni kimi o aisu, HAMAGUCHI Ryūsuke, 2009)
di Valerio Costanzia
SPECIALE HAMAGUCHI RYŪSUKE
Eiko e Seiichi stanno per convolare a nozze ma c’è qualcosa di irrisolto tra i due. Come nelle migliori scene da un matrimonio i nodi vengono al pettine proprio il giorno della cerimonia, sull’altare, tra l’imbarazzo generale del padre della sposa e degli invitati. Ma “les choses de la vie” sembrano aggiustarsi all’ultimo perché Eiko e Seiichi, secondo la consueta formula, si giurano amore reciproco. Tutti vissero felici e contenti? Il “Not The End” che chiude il film e il primissimo piano di Eiko, adombrata dal velo, sembrano suggerire un altro destino.
Nel 2009 Hamaguchi ha alle spalle un solo lungometraggio (se escludiamo la sua primissima prova del 2003 in Super8 Like Nothing Happened e alcuni cortometraggi), il “saggio” di laurea Passion (2008) che vede una coppia alle prese con un imminente matrimonio, il cui annuncio fa presagire che tra i due non tutto è come sembra. I Love Thee for Good riprende questo tema spostando l’attenzione sulla coppia Eiko-Seiichi, la prima interpretata da Aoba Kawai (già presente in Passion, insieme a Okabe Nao, e poi nel recente Il gioco del destino e della fantasia, 2021). In poco meno di un’ora, Hamaguchi realizza un piccolo racconto morale dimostrando di trovarsi a proprio agio nel trattare i sentimenti con pudore, da un lato, e con partecipata commozione dall’altro, ricorrendo alla sua predilezione per la drammaturgia di derivazione teatrale, una costante del suo cinema, da Intimacies (2012) a Drive My Car (2021) senza per questo rinunciare ai codici che il linguaggio del cinema mette a disposizione.
Alludiamo, in particolare, al deep focus, marcatamente presente sia nel piano sequenza iniziale (1) che introduce i due protagonisti Eiko e Seiichi sia nella sequenza che vede protagonisti Eiko e Hisashi (2), il giovane modello con cui la futura sposa ha avuto una relazione. In entrambe le sequenze Hamaguchi mantiene il fuoco sui due personaggi, “così lontani e così vicini” per ragioni opposte, lavorando sul concetto di distanza emotiva, apparente nel primo caso – perché ancora nulla fa intuire del tormento interiore di Eiko – e reale nel secondo caso quando Hisashi si presenta al matrimonio accusandola di essere un’egoista.
Una distanza che torna anche sul piano temporale, sempre nella prima sequenza, durante il dialogo tra i due, quando, alla richiesta di Eiko di sbrigarsi per non far tardi (e la sposa “non può fare tardi”), Seiichi, addormentato e con i postumi della sbornia, calcola il tempo che ci vuole per arrivare al luogo del matrimonio elencando anche i mezzi di trasporto (veri e propri vettori di corpi e di emozioni nel cinema di Hamaguchi) necessari per arrivare. La stessa preoccupazione per il tempo è oggetto del dialogo tra i quattro musicisti che dovranno occuparsi della parte cantata della cerimonia; ma anche la madre dello sposo rimprovera Seiichi per il suo ritardo, non solo, pure il padre della sposa sembra avere problemi con il tempo… Di fatto, tutto pare concorrere a mettere in discussione quel “per sempre” del titolo che, in termini temporali, equivale all’eternità, senza fine, o meglio: “Not The End”.
Nel complesso I Love Thee for Good possiede una sua ricercatezza formale che troverà pieno compimento nelle opere future del regista, a partire dai silenzi e dalle toccanti e malinconiche soggettive di Eiko e Seiichi dalla monorotaia, dai dialoghi introspettivi, dall’orchestrazione fluida e naturale di situazioni e gruppi di personaggi diversi che paiono confluire, come in un gioco del destino e della fantasia, verso un finale quanto mai aperto e irrisolto.
Titolo originale: 永遠に君を愛す (Eien ni kimi o aisu); regia: Hamaguchi Ryūsuke; sceneggiatura: Watanabe Yuko; fotografia: Aoki Jo; montaggio: Yamazaki Azusa; musica: Okubo Inata; interpreti: Aoba Kawai (Makita Eiko), Sugiyama Hikohiko (Mizuno Seiichi), Okabe Nao (Narusawa Hisashi), Kanno Rio (Erina); produzione: Takezawa Heihachiro; durata: 58’; uscita in Giappone: 18 ottobre 2009