HOLY MOTHER (Hōrī mazā, NISHIMURA Yoshihiro, 2022)
di Rebecca Abate
TOHorror Fantastic Film Festival
In una città periferica, buia e piovosa, fatta di scantinati e garage, illuminata soltanto da neon verdi e rosa, si scontrano una banda di criminali della Yakuza e un gruppo di gangster da strapazzo. A dominare la scena in veste di “salvatrice” sopraggiunge una donna transessuale con corpo scolpito, caschetto rosa e trucco dark-punk. Dopo la prima strage iniziale, cui ne seguiranno altre, il film di Nishimura tocca con genio, ironia e spavalderia il surreale, senza essere mai banale, pur nella sua temeraria impresa di rappresentare scontri estremi, mescolando realtà e videogioco, cazzotti e joystick, katane e pistole.
“Holy Mother”, la donna che non sorride mai, colpisce i nemici senza batter ciglio e guarisce feriti e morenti sfiorandoli con la mano. Da questo momento la sua figura si carica di glorioso significato mistico, tutti la riconoscono come la Vergine Maria venuta al mondo per salvare l’umanità. Musica celestiale che fa pensare alla Grazia Divina in contrasto con le cantilene infantili, nenie sadiche o le risate perfide dei personaggi femminili del film, tutti maligni e senza pietà.
Fluidità di genere, ma anche fluidità tra una realtà plastificata e una dimensione “altra”, dove la morte è barocchismo splatter colorata da uno sguardo che cuce viaggi nel tempo, omaggi più o meno espliciti al cinema degli anni Ottanta e Novanta e riflessioni sulla fede e la contemporaneità più vicina. Il corpo come passaggio, medium smembrabile e ricomponibile, metafora della libertà di essere e rivendicare un’alterità ancora oggi vista come sporca e aliena. Esagerato e povero, ma fantasioso e con un’attitudine punk che in certi momenti indulge forse troppo in un montaggio frenetico che pare voler nascondere qualche limite di regia. Quando le simbologie sessuali e il discorso religioso si incontrano si rischia grosso, ma l’energia del film è proprio in questo iato. Noir metropolitano, revenge movie o manifesto LGBT non è importante perché tra villain ipersadici, aiutanti tatuati che odiano i tatuaggi e mostri di varie entità, il film è più vicino a un’Opera, con una propensione al lirismo tipica giapponese che qui si traduce al meglio nella cristologica camminata dei miracoli, dove le esplosioni ematiche vengono riparate, a dimostrazione che è solo questione di punti di vista e non di realtà assolute. La salvatrice arrivata da un’altra dimensione attraverso un corpo-stargate ci ricorda che non è finita qui e che è più reale di tanta fuffa venduta a peso d’oro.
Titolo originale: Hōrī mazā; regia, sceneggiatura e montaggio: Yoshihiro Nishimura; fotografia: Suzuki Keizo, Kaizu Shin’ya; montaggio: Doi Yoshinari, Wakamatsu Miyuki; musica: Nakagawa Ko; effetti speciali: Nishihimura Yoshihiro, Kazuhide Shimohata; interpreti: Nagasaki Anna, Shiina Eihi, Uenishi Yūdai; produzione: Kanoh Tomomi, Nishimura Yoshihiro, Kawamoto Masanori, Ōnishi Takatsugu, Kitakado Tōru; durata: 95’; prima uscita giapponese: 10 settembre 2022.