DEAR DOCTOR (Dia dokutā, NISHIKAWA Miwa, 2009)
Speciale Nishikawa Miwa
di Davide Morello
Dear Doctor è stato premiato con molti riconoscimenti nei più prestigiosi festival giapponesi, per la migliore regia (Blue Ribbon Awards, 2010; Hochi Film Awards, 2009), come miglior film (Kinema Junpō Awards, 2010, Yokohama Film Festival, 2010), oltre che per l’interpretazione degli attori, per la sceneggiatura e la fotografia, in queste e numerose altre competizioni. Il film infatti è una composizione corale di temi, personaggi, elementi espressivi, in una vicenda in cui i prevalenti toni della commedia e del dramma coesistono in una detective story, la quale innesca un intreccio a flashback.
La sera della scomparsa del medico nel rurale villaggio di Kamiwada, gli investigatori sono presenti sul luogo, mentre gli anziani abitanti sono sotto shock. Il giovane dottor Soma si affanna nel tentativo di cercare il dottor Ino. Infatti il ragazzo era giunto dalla città al villaggio per affiancare il medico locale, assistito a sua volta dall’infermiera Ōtake e dal corriere dei medicinali Saimon. In una dimensione circoscritta di personaggi e di luogo, il dottor Ino e i suoi aiutanti vivono una routine di continua assistenza agli abitanti del villaggio, i quali vedono nella figura del medico un salvatore. Ciò avviene sin dal loro primo soccorso quando un anziano appena dato per morto, con una pacca sulla schiena, sputa del sushi e resuscita. Circondato da affetto e riconoscenza si imbatte in due pazienti che segnano la sua carriera: il signor Sakamoto, colpito da pneumotorace, e la signora Torikai, una vedova anziana del luogo di cui una delle figlie è medico a Tokyo. Con il primo sente vacillare la sua competenza professionale, non sa come agire e viene consigliato dall’assistente; con la seconda, paziente che soffre di mal di stomaco, intraprende un percorso di cura che è anche un rapporto affettivo e di confidenze. La figlia della donna non sa della malattia e, in una delle sue rare visite, scopre nei rifiuti le confezioni di medicinali. Andrà dal dottor Ino per consultarlo e affidare la mamma alle sue cure, mentre lui, improvvisamente, scappa. Gli investigatori, nel frattempo, hanno scoperto che Ino non è un medico.
Come in Sway, ma con toni differenti, è l’arbitrarietà dei punti di vista al centro della riflessione del film, che verte in questo caso sull’identità del protagonista. L’investigatore ribadisce all’assistente che non è un medico, mentre lei con gli altri colleghi sostiene il contrario. In effetti ha curato molte persone, pur non essendo qualificato: forse per denaro o per vocazione. E fra le differenti prospettive, i confini non sono così nitidi, come le numerose immagini che giocano sull’effetto flou. Il film suggerisce, attraverso una scrittura evocativa ed empatica, emozioni e stati d’animo che interagiscono con i dialoghi. Le reazioni di coloro che assistono alla morte dell’anziano sono un esempio di accurata messa in scena che gioca sui primi piani, sui sottili giochi di sguardi, sui dettagli di piccoli gesti, capaci di dilatare nelle attese e nel silenzio un momento fortemente drammatico, per poi cambiare umoristicamente registro. Nel climax centrale di fronte al paziente in pericolo di vita, la reticenza, l’indecisione, lo smarrimento, prendono corpo attraverso una dosata dilatazione di sguardi e gesti fra il medico e l’infermiera, primissimi piani e dettagli, seguiti poi, in ospedale, dall’uso enfatizzante del ralenti. Qui l’immagine riflessa del dottore nella buia finestra palesa la crisi di identità a cui seguono i suoi sguardi nel vuoto.
La solitudine, la lontananza, i conflitti generazionali, le fragili relazioni familiari, la precarietà, sono tematiche che trovano espressione in molte scene e snodi narrativi, ma particolare rilevanza assume la figura della signora Torikai, la quale, incorniciata dalla porta, inquadrata in profondità, chiama la figlia che non risponde. Sulla scrivania una cimice capovolta sul dorso fatica a spiccare il volo, osservata dal dottore in solitudine. Analogamente, il dettaglio del gelato che si scioglie nel lavandino quando la figlia scopre i farmaci, assume una medesima funzione metaforica e significante. Gli spazi aperti, la presenza della natura con il suo verde dominante e gli interni, disordinati e geometrici, accentuano sul piano visivo la contrapposizione fra la vita cittadina e l’isolamento della vita rurale, presente sin dal dialogo fra detective, nell’incipit, e ancora ribadita dal dottor Soma che ne illustra una differente prospettiva.
Titolo originale: ディア・ドクター (Dia dokutâ); Regia e sceneggiatura: Nishikawa Miwa; fotografia: Yanagijima Katsumi; montaggio: Miyajima Ryūji; musiche: Kawahara Piston, Nakamura, Sasaki Antonio Shimizu Kōichi; interpreti: Shôfukutei Tsurube (Dr. Ino Osamu), Nagayama Eita (Soma Keisuke) Kagawa Teruyuki (Saimon Masayoshi), Igawa Haruka (Torikai Ritsuko), Yo Kimiko (Ohtake Akemi), Yachigusa Kaoru (Torikai Kaduko); produzione: Bandai Visual Company, Denner Systems, Dentsu; distribuzione: Engine Film, Asmik Ace Enterteinment, durata: 127’; uscita nelle sale giapponesi: 27 giugno 2009.