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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

NAGISA (id., KOGAHARA Takeshi, 2021)

TORINO FILM FESTIVAL 40

 (25 novembre – 3 dicembre 2022)

di Claudia Bertolé

kogahara

Nagisa – opera prima in concorso alla 40esima edizione del TFF, che si è aggiudicata una menzione speciale – offre allo spettatore i tasselli di un puzzle e lo conduce insieme al suo protagonista nella dolorosa ricomposizione di un qualche equilibrio dopo il caos emozionale di un lutto. Kogahara Takeshi, regista di corti e di spot commerciali, esordisce con un lungometraggio per certi versi complicato e faticoso, ma altrettanto affascinante e coinvolgente.

Fuminao è un ragazzo che studia e lavora a Tokyo: di giorno segue le lezioni in università, alla sera lavora in un ristorante. Si era trasferito anni prima nella capitale da Nagasaki, grazie a una borsa di studio, lasciando nella città d’origine il padre vedovo e la sorella Nagisa, con la quale aveva un legame profondo. Una sera i colleghi del locale gli propongono di fare un’uscita tutti insieme, e di raggiungere un luogo ‘infestato’ dagli spettri, un tunnel nel quale l’incidente di un autobus aveva provocato la morte di diverse persone. Fuminao accetta, e così facendo entra nel tunnel del proprio passato e di un dolore mai risolto.

 Da subito colpiscono i suoni (non la colonna sonora, che è praticamente assente): la voce suadente e modulata che invita a indossare le cinture di sicurezza su un autobus che sfreccia nella notte, le onnipresenti cicale, una sveglia, il rumore di fondo del chiacchiericcio di un bar pieno di studenti, che copre le parole che si scambiano due ragazzi seduti a un tavolino. E poi i colori, il rosso sfocato nei ricordi che creano tensione, oppure il blu dell’abito di Nagisa e di quella campanella di vetro che i due fratelli costruiscono insieme per farla tintinnare al vento, e che invece riportano a momenti di serenità.  Il regista non svela, accumula indizi e li rilascia lentamente con una narrazione non lineare e una progressione man mano sempre più dolorosa nei ricordi e negli stati d’animo: il tunnel ‘infestato’ dai fantasmi è per il protagonista la porta di ingresso nel mondo delle sensazioni rimosse, un ponte tra passato e presente, tra memorie e realtà.  Fuminao porta con sé il fardello del lutto non superato per la morte dell’amata sorella, e forse anche quello del non aver saputo affrontare la relazione malsana con lei, ma di essere fuggito. Il regista sembra anche voler riflettere sul tema della famiglia: dai frammenti di ricordi emerge il quadro di due fratelli che, a causa della morte della madre e della poca attenzione del padre nei loro confronti, si ritrovano a dover ricomporre il nucleo familiare e lo fanno contando solo sulle loro forze, sul legame che li unisce, un po’ come i quattro fratelli di Nobody Knows di Koreeda Hirokazu. Anche se l’ombra della relazione incestuosa getta un riflesso sinistro sulla ‘nuova famiglia’ ricomposta. Nagisa ‘gioca’ con situazioni tipiche del genere horror, soprattutto nei passaggi all’interno del tunnel, pur non essendo un film di genere: nonostante parrebbe di coglierne il rimando, non sono certe atmosfere inquietanti dei film di Kurosawa Kiyoshi ad aver ispirato il film, quanto piuttosto, per stessa ammissione del regista, un’opera come Peppermint Candy di Lee Chang-dong, da quel tunnel ferroviario che là dava avvio alla ricostruzione a ritroso della storia. Anche qui il ‘quadro’ si ricompone poco a poco a partire dallo sguardo che si insinua nel buio della galleria, così come nelle ombre e nei riflessi inquieti dell’animo. «Tu sei il fantasma!» dice a Fuminao il poliziotto che lo riporta a casa, ed in effetti è proprio così. Un giovane uomo che non vive realmente, bloccato in uno spazio di dolore e sensi di colpa da cui non riesce a venir fuori. La fidanzata con la quale non comunica più e che lo sfiora appena nella caffetteria lo fa sussultare in maniera esagerata, perché è il tocco di una persona viva, reale.Il rapporto tra i corpi, le pulsioni sessuali, la fatica delle relazioni umane, sono altri tasselli che compongono il tutto e che il regista dissemina nei salti temporali del film: le immagini di sesso ‘rubate’ da bambini, e soprattutto la relazione profondissima, ma anche di un’intimità fisica ambigua con la sorella, il cui peso pregiudica ogni contatto di Fuminao. Quando il ragazzo aveva deciso di trasferirsi a Tokyo è presumibile che Nagisa avesse sofferto, anche se il regista non ci permette di cogliere l’espressione del volto della ragazza, ripresa di spalle, mentre tentava ossessivamente di raggiungere il fratello al telefono. Poi era salita sull’autobus con l’intenzione di ricongiungersi a lui. In quel viaggio verso il tunnel e la morte si fondono ancora immagini di ricordi – la stanza dove dormivano insieme da bambini, il movimento delle piccole mani verso la luce – e, a questo punto sì, uno splendido primo piano della ragazzina rivolto allo spettatore.  Alla fine tutti i pezzi del puzzle hanno trovato la loro collocazione? Forse sì. E, con un’inquadratura finale che ‘apre’ a un esterno luminoso, anche con un accenno di speranza.


Titolo originale: なぎさ (Nagisa); sceneggiatura, regia e montaggio: Kogahara Takeshi; fotografia: Ishida Ryo; suono: Ogawa Takeshi; interpreti: Aoki Yuzu (Fuminao), Yamazaki Nanami (Nagisa), Kita Kana; produzione: Akari Mami, Kogahara Takeshi; prima uscita Giappone: 3 novembre 2021 (Tokyo International Film Festival); durata: 87’.

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