SEISAKU’S WIFE (Seisaku no tsuma, MASUMURA Yasuzō, 1965)
SPECIALE MASUMURA YASUZŌ E WAKAO AYAKO
SONATINE CLASSICS
di Claudia Bertolé
Nel 1965 – l’anno prima de Il tatuaggio, nel quale, in una delle interpretazioni più note, Wakao Ayako è Otsuya, la giovane costretta a diventare una geisha con il corpo “ferito” da un enorme ragno impresso sulla pelle – Masumura dirige la sua attrice-musa in Seisaku’s Wife. La protagonista, Okane, è figura profondamente umana, in una vicenda nella quale viene messa in risalto l’ipocrisia di una società che si regge su un vuoto senso dell’onore.
Okane è una ragazza di umili origini che, a causa delle condizioni di ristrettezza economica nelle quali versa la famiglia, è stata costretta a vivere con un uomo molto più anziano di lei. Quando questi improvvisamente muore, lei torna al villaggio dal quale proviene insieme alla madre, per ritrovarsi in un ambiente che le è ostile e che la rifiuta, etichettandola come donna perduta. L’unico che la difende e che si innamora perdutamente di lei decidendo di sfidare l’opinione comune addirittura proponendosi di sposarla, è Seisaku, il perfetto bravo ragazzo della compagnia. Si è infatti distinto al fronte con atti di coraggio (siamo all’inizio della guerra russo-giapponese), ed è un membro della comunità indicato come esempio di rettitudine e senso dell’onore.
Storia di amore contrastato che porta alla follia, ripreso in un drammatico bianco e nero, narrativamente all’apparenza più lineare di altre opere di Masumura, il film è allo stesso tempo coerente con certe scelte tematiche del regista. La critica sociale, innanzitutto, messa in scena attraverso le tante voci fastidiose che si levano da parte dei compaesani nei confronti di qualcuno percepito come ‘diverso’. Il film inoltre non manca di sottolineare – in negativo – il militarismo e nazionalismo, ad esempio in apertura, durante la festa per il rientro del protagonista dal servizio militare, poi in un passaggio successivo, quando Seisaku torna dopo essere stato ferito in un’azione suicida per la quale si era proposto e gli uomini e donne del paese non risparmiano commenti volgari, e anche in particolar modo in occasione dei festeggiamenti per le vittorie dell’esercito giapponese di cui al villaggio ricevono notizia. I dialoghi sono intrisi di un senso dell’onore che appare formale e privo di sostanza, e che si contrappone al senso tutto umano del sentimento di Seisaku che arriverà a comprendere la sofferenza della donna rifiutata, proprio perché è la stessa esperienza che anche lui ha infine dovuto subire, trattato come un traditore dagli stessi che inneggiavano al suo valore.
Nel film tutto è un rimando a Okane, fin dall’inizio donna-oggetto scambiata per soldi e che poi riceve grazie al testamento dell’anziano marito un importo in denaro, poi evocata dalla campana che Seisaku porta con sé al villaggio e che, nelle intenzioni del giovane, dovrebbe cambiare le abitudini dei contadini, ‘svegliandoli’. I paesani però se ne lamentano, così come li infastidisce la presenza della donna, che si rivela autonoma e combattiva, capace di sfidare eventi e pregiudizi pur di salvaguardare ciò che ama. E la cui bellezza stimola desideri che rimangono frustrati.
Una Wakao Ayako più attrice che star, irresistibile femme fatale (come quando, appena arrivata al villaggio, una ripresa la coglie mentre si acconcia i capelli, nella luce della sera) e allo stesso tempo ragazza risoluta che si oppone a regole che non condivide, a tratti sprezzante, poi innamorata, quindi folle. “Appare” nel bosco come uno spirito, per poi lasciarsi seguire da Seisuke e trasformarsi in donna viva e appassionata. I corpi dei due amanti sono isolati nella bolla dell’attrazione esclusiva che condividono, scomposti in frammenti che nell’inquadratura ricompongono un tutt’uno, spesso inseriti in contesti naturali svincolati dall’umanità ostile, nella foresta, nei campi.
L’escalation di ossessione amorosa della donna culmina in un gesto che non può non far pensare a Abe Sada, l’altrettanto appassionata-ossessionata protagonista di Ecco l’impero dei sensi di Ōshima Nagisa (1976): Okane non resiste all’idea di una nuova separazione da Seisuke e, preda del proprio amore folle, infierisce sul viso dell’amante rendendolo cieco per non vederlo partire per la guerra. La donna viene inseguita dagli uomini del villaggio e brutalmente picchiata, prima di essere consegnata alle autorità. La mutilazione dello sguardo paradossalmente permette a Seisuke di “vedere” e alcuni passaggi che alternano primi piani, fumo e catene preludono allo struggente riavvicinamento dei due, dopo la fine della reclusione di Okane: «Grazie a te sono diventato un uomo normale e non sono più uno stupido soldato modello». Nel finale la coppia è ricongiunta proprio in quei campi che avevano accolto lo sbocciare della passione, ed è Okane che si accinge ad arare la terra, e a occuparsi del marito.
Titolo originale: 清作の妻 (Seisaku no tsuma). Regia: Masumura Yasuzō; sceneggiatura: Shindō Kaneto, dal racconto di Yoshida Genjirō; fotografia: Akino Tomohiro; montaggio: Nakashizu Tatsuji; musica: Yamauchi Tadashi; interpreti e personaggi: Wakao Ayako (Okane), Tamura Takahiro (Kamikaji Seisuke), Chiba Nobuo (Heisuke, cugino di Okane), Konno Yuka (Oshina), Tonojama Taiji (primo marito di Okane); prodotto da: Nagata Masaichi. Uscita in Giappone: 25 giugno 1965. Durata: 93’.