MONSTER (Kaibutsu, KORE’EDA Hirokazu, 2023)
Sonatine Contemporanea – Cannes 2023
di Matteo Boscarol
Kore’eda torna, dopo alcuni anni, a dirigere un lungometraggio nel suo paese e torna a concentrare la sua attenzione sul mondo dei bambini. Lo fa in modo convincente affidandosi ad una sceneggiatura non sua ed esplorando tematiche a lui già care, ma anche affrontando nuove e pressanti problematiche. “Chi è il mostro?”
Quando suo figlio Minato inizia a chiudersi in sé stesso e a comportarsi in modo un po’ inusuale, Saori, sua madre e vedova, capisce che c’è qualcosa che non va. Decide allora di andare alla scuola del figlio e di chiedere delucidazioni, lì scopre che è successo qualcosa con l’insegnante di Minato e con il suo amico Eri. La vicenda si sviluppa ed i nodi verranno alla fine sciolti, poco a poco, in tre segmenti che descrivono i fatti visti attraverso gli occhi della madre prima, quelli dell’insegnante poi e alla fine dal punto di vista dei due bambini Eri e Minato.
Dopo le esperienze prima in Francia con il lungometraggio Le veritá del 2019, successivamente in Corea del Sud con Le buone stelle – Broker l’anno passato e con la serie per Netflix The Makanai: Cooking for the Maiko House uscita agli inizi di questo 2023, Kore’eda continua a suo modo a mettersi in gioco e cercare nuove strade e nuove sfide, pur rimanendo fedele al suo modo di fare cinema. Con Monster infatti il regista porta sul grande schermo un soggetto non suo, si tratta della prima volta che questo succede dopo Maborosi, il suo debutto nel cinema di finzione del 1995 con cui adattò una novella di Miyamoto Teru.
Per Monster Kore’eda lavora su una sceneggiatura di Sakamoto Yūji, che a Cannes ha vinto il Prix du scénario, autore che molto ha scritto per la televisione, ma che ha al suo attivo anche collaborazioni a lungometraggi, il più noto è probabilmente Crying Out Love in the Center of the World diretto da Yukisada Isao nel 2004. Fra le differenze che questa collaborazione ha portato nella realizzazione del film, Kore’eda ha dichiarato che avere una sceneggiatura da seguire non scritta da lui ha lasciato meno spazio all’improvvisazione degli attori o a cambiamenti portati sul momento alla storia, una ‘metodologia’ che il regista giapponese ha spesso usato durante tutta la sua carriera.
Una sorta di rigidità si nota quindi in alcune parti del lungometraggio che forse appare meno fluido di altri lavori di Kore’eda, ma che viene molto ben compensata da una struttura a tre atti che porta lo spettatore alla scoperta di un mondo e di una serie di vicende che sono, o forse non sono, quello che sembrano. Come è stato già scritto da molti, una struttura rashomoniana. Nagayama Eita, l’insegnante, è bravo a mettere in scena il suo ruolo ambivalente che cambia a seconda del racconto, mentre Andō Sakura nel ruolo della madre è una garanzia ed una delle attrici giapponesi più talentuose, ma forse i suoi ruoli recentemente finiscono per assomigliarsi sempre di più, in A Man ad esempio interpreta un ruolo per certi versi simile. Yūko Tanaka, attrice che ha lavorato con mostri sacri quali Imamura Shōhei, Shindō Kaneto, Yamada Yōji o Yoshida Kijū, invece dà un’interpretazione quasi brechtiana della preside e del suo voler a tutti costi salvaguardare l’ordine della scuola.
Ognuna delle tre parti inizia con le immagini di un incendio in una palazzina, probabilmente doloso, viste da prospettive diverse, in quanto ogni racconto rappresenta la prospettiva di uno dei protagonisti. Di questi tre segmenti, i primi due sono quelli che muovono e sviluppano in maniera più dettagliata la trama, ma è l’ultimo, quando la storia viene vista e si conclude attraverso gli occhi dei due ragazzi, quello meglio realizzato e di maggior impatto visivo ed emotivo. Questo anche perché si tratta del segmento dove viene esaltata la bravura dei due giovani attori, Kurokawa Sōya e Hiiragi Hinata, e quella di Kore’eda nel catturare e indirizzare nel modo migliore le loro interpretazioni, in apparenza molto naturali. Come ha detto lo stesso regista in alcune interviste rilasciate alla televisione giapponese, legando questa esperienza con quella agli inizi della sua carriera come regista di documentari per il piccolo schermo, questa naturalezza che si sprigiona dalle interpretazioni dei due bambini e dal loro rapporto è però frutto di artificio, costruzione e lavoro.
Senza rivelare troppo della storia, meno si sa sul film e meglio funziona, una delle scene più emotivamente cariche del film, accompagnata dalle musiche del compianto Sakamoto Ryūichi, scena cardine del lungometraggio e punto di svolta che porterà al rivelatorio finale, è costruita da Kore’eda e dal suo direttore della fotografia Kondō Ryūto quasi come uno sperimentale gioco di luci. Nell’ultimo segmento sono proprio le luci e le ambientazioni usate, la verde e boschiva prefettura di Nagano, assieme ai movimenti di macchina che diventano qui più fluidi e poetici, e segnare e segnalare il passaggio al mondo dei bambini. Il lungometraggio sembra infatti voler demarcare visivamente e abbastanza nettamente il mondo visto dagli adulti, quello abitato dalla madre e dall’insegnante, un mondo dove emergono tutte le pressioni sociali e i meschini inganni fatti per mantenere la facciata, da quello, non necessariamente puro o privo di cattiveria ma semplicemente diverso, dei due ragazzini.
Titolo originale:怪物 (Kaibutsu); regia e montaggio: Kore’eda Hirokazu; sceneggiatura: SakamotoYūji; fotografia: Kondō Ryūto; musiche: Sakamoto Ryūichi; interpreti e personaggi: Andō Sakura (Saori), Nagayama Eita (Hori Michitoshi, l’insegnante); Kurokawa Sōya (Minato), Hiiragi Hinata (Eri), Tanaka Yūko (Makiko Fushimi, la preside); produzione: Gaga, Fuji Terebi, AOI Pro, Bun-Buku; durata: 125’; prima uscita internazionale: Festival di Cannes 17 maggio 2023; prima uscita in Giappone: 2 giugno 2023. Riconoscimenti: Prix du scénario, Festival di Cannes, a Sakamoto Yūji.