CHARISMA (Karisuma, KUROSAWA Kiyoshi, 1999)
SPECIALE YAKUSHO KŌJI
Miglior attore Cannes 2023
di Valerio Costanzia
Definito una sorta di thriller allegorico-ecologista – ante litteram, possiamo aggiungere, visto che il film ha quasi un quarto di secolo e che la sceneggiatura originale risale a una decina di anni prima – Charisma si colloca tra altri due importanti (e imprescindibili per la fortuna critica dell’autore) film di Kurosawa come Cure (1997) e Kairo (2001) entrambi interpretati da Yakusho Kōji (nel primo è protagonista assoluto mentre nel secondo ricopre un ruolo minore).
Yabuike Goro, un poliziotto che svolge il delicato ruolo di negoziatore, viene invitato dal proprio superiore a prendersi una “pausa” dal lavoro per ricaricare le batterie. L’ultimo caso, infatti, è stato particolarmente doloroso per Yabuike che non è riuscito a convincere il sequestratore, un terrorista ecologista, a liberare il proprio ostaggio, un membro del parlamento, causando, seppur indirettamente, la morte di entrambi. Durante la pausa forzata, Yabuike si allontana dalla città per recarsi in un bosco dove entra in contatto con una sorta di comunità composta da persone che sembrano essere soggiogate dalla misteriosa presenza di un albero chiamato Charisma. L’albero è una presenza divisiva: da un lato induce terrore, poiché ritenuto responsabile della morte della vegetazione circostante, come se dalle proprie radici si diffondesse una sostanza velenosa; dall’altro, invece, viene difeso e protetto quasi fosse un oggetto totemico capace di emanare una forza salvifica nei confronti della foresta. Yabuike, messa da parte la sua funzione di rappresentante della legge, si fa poco per volta coinvolgere nella diatriba arrivando a ergersi a giudice e ago della bilancia tra le due fazioni.
Charisma è profondamente pervaso dalla visione del mondo dell’autore e dalla codifica delle regole del genere che Kurosawa ha contaminato con il fascino ambiguo del perturbante guardando, a volte, alla tecnologia, altre volte alla natura, altre volte ancora all’individuo collocato nella società contemporanea, ritagliandosi una originale collocazione autoriale che – pur restando nel solco del genere “thriller-horror” (il cosiddetto J-Horror) – lo reiventa ricorrendo alla metafisica, al non detto e al non mostrato, all’iterazione enigmatica, all’ellissi che spiazza e crea inquietudine. Pochi registi sanno infatti, con un’estrema povertà di mezzi e ricorrendo “semplicemente” ai codici del linguaggio, far serpeggiare un’inquietudine che a dispetto della rarefazione e del “less is more” sembra diventare palpabile sullo schermo.
Differenza e ripetizione
A riprova della capacità di Kurosawa di spiazzare, confondere e inquietare lo spettatore basta porre attenzione al primo segmento di Charisma in cui il regista riprende, sostanzialmente senza nessuna (apparente) differenza, due sequenze che paiono, ma solo a una visione/audizione distratta, identiche da un punto di vista spaziale ma che hanno invece una differente collocazione temporale che gioca, borderline, tra sogno e realtà.
Sequenza 1
La sequenza 1 apre il film: una persona addormentata su una panca (Yabuike) viene svegliata da un’altra (il suo superiore) il quale domanda al primo se abbia dormito lì tutta la notte. Il superiore informa Yabuike che il sospettato ha confessato un’ora fa. Yabuike si offre di andare a fare rapporto ma il superiore lo ferma perché è già stato redatto (questo elemento, ovvero la redazione del rapporto, è da tenere in considerazione, vedremo a breve perché). Il superiore si siede accanto a Yabuike e lo invita a prendersi una settimana di “vacanza” nonostante lui rifiuti perché sostiene di stare bene. A questo punto uno stacco improvviso ci cala nella sequenza, diciamo, dinamica, quella in cui Yabuike tenta di negoziare, senza successo, con un sequestratore. In realtà c’è un attimo in cui il poliziotto potrebbe colpire il sequestratore ma, inspiegabilmente, ripone la propria pistola. Nel frattempo, avviene un fatto importante perché il terrorista consegna un biglietto a Yabuike con scritto “Restore the Rules of the World”. Infine, uccide l’ostaggio e a sua volta viene ucciso dalla polizia. Uno stacco ci riporta alla sequenza 2. Punto di vista, taglio dell’inquadratura e composizione del profilmico sono pressoché uguali alla sequenza 1, anche la parte iniziale in cui il superiore sveglia Yabuike sdraiato sulla panca è simile. Ci sono però alcune sostanziali differenze: il superiore informa Yabuike che l’ostaggio è morto e poi domanda il motivo per cui abbia esitato a sparargli; inoltre, nella prima sequenza i due non sono seduti mentre nella seconda uno è in piedi e l’altro seduto, oltre ad avere una posizione invertita.
Sequenza 2
Interpolando la sequenza dinamica, quella dell’uccisione dell’ostaggio, tra le sequenze statiche 1 e 2, Kurosawa, oltre a creare un’apparente ellisse temporale, mina la consecutio temporum, perché la successione del dialogo tra i due personaggi viene messa in discussione, da un punto di vista della coerenza temporale, dal ripetersi di alcune situazioni, simili ma diverse, come il fatto che Yabuike è sdraiato in entrambe. È come se le due sequenze fossero parte di un universo temporale diverso pur mantenendo la medesima identità spaziale. A suffragare questa ipotesi c’è poi l’elemento che riguarda la banda sonora: nella sequenza 1 si sente il rumore intradiegetico dei tasti di una macchina da scrivere, che molto presumibilmente, sono riferiti alla redazione del rapporto a cui accennano i due e che abbiamo ricordato prima. Lo stesso rumore, ma questa volta in funzione extradiegetica, accompagna anche la brevissima sequenza dei titoli di testa. Nella sequenza 2 il rumore della macchina da scrivere è sparito: al posto si sente invece, in funzione extradiegetica, un vociare ossessivo e inquietante, anzi angosciante, con intensità diverse che sottolinea la sequenza rimarcandone il suo statuto onirico e perturbante.
Non mi portare nel bosco di sera
Kurosawa continua a disseminare il film di elementi disturbanti che, impercettibilmente, decontestualizzano il coté realistico. Per esempio, quando arriva ai margini del bosco, Yabuike scende dall’auto che lo ha accompagnato e si ferma in mezzo alla strada. Il regista dedica al protagonista due inquadrature (figura 1) che hanno un crescendo drammatico: nella prima Yabuike è collocato in piano americano di prospetto; nella seconda, dopo uno stacco di 90°, Yabuike, in campo lungo, dopo alcuni secondi si muove “disattivando” il bordo sinistro del piano asimmetrico e riguadagnando il centro del quadro. Dopo alcuni secondi, privi di elementi sonori, improvvisamente un pezzo del cartello stradale si stacca cadendo per terra.
Figura 1
Nello stacco successivo Yabuike rimette a posto il pezzo caduto: un ulteriore stacco lo vede all’interno del bosco. È notte fonda, il repentino passaggio dal giorno alla notte è una ulteriore ellissi narrativa che disorienta e rende enigmatico lo scorrere del tempo, un escamotage narrativo caro a molto cinema thriller e horror in cui il regime notturno esercita ovviamente un fascino sinistro e, nello stesso tempo, permette di lavorare sui codici luministici plasmando volti e corpi in un raffinato gioco di luci e buio (fig. 2).
Figura 2
Mentre si inoltra nel bosco per raggiungere il misterioso albero, la banda sonora accentua l’elemento ansiogeno con il ritorno del vociare sentito nella seconda sequenza di cui abbiamo precedentemente parlato. Yabuike subisce un lento distacco dalla civiltà, è come inghiottito dalla foresta, strani personaggi sembrano plagiarlo mentre il suo superiore gli comunica che la sua “vacanza” è destinata a prolungarsi all’infinito perché viene messo fuori dalla polizia. Nel suo vagare lo vediamo cibarsi di funghi strappati dal terreno, come se fosse un animale, mentre intorno alberi cadono senza motivo. L’albero Charisma è protetto da un’impalcatura metallica, un connubio tra organico e inorganico che ne accentua il fascino sinistro. Poco per volta Yabuike entra in contatto con gli abitanti del bosco: da Nakasone, secondo il quale l’albero è una forza del male, a Kiriyama che, al contrario, è convinto della sua forza positiva e benefica. Il destino di Yabuike oscilla tra questi due poli: memore del messaggio del terrorista (“Ripristinare le regole del mondo”) che è diventato per lui una sorta di mantra, Yabuike cerca di apprendere quale sia la soluzione migliore ascoltando Mitsuko, una botanica che vive nella foresta. L’albero incarna nella sua forma allegorica la domanda delle domande: uccidere per sopravvivere? Quindi eliminare Charisma per permettere alla foresta di continuare a vivere (come vorrebbe Mitsuko) oppure lasciarlo prosperare in quanto albero della vita? Da qui in avanti il discorso filosofico-ecologista di Kurosawa si fa pressante: come sottolinea Mitsuko, le persone vedono il bene nei singoli alberi ma non pensano alla foresta nel suo complesso ovvero non hanno coscienza dell’ecosistema. Mitsuko afferma che l’introduzione di Charisma ha provocato un danno nell’ecosistema perché per sopravvivere deve avvelenare gli altri alberi: la botanica esorta Yabuike a prendere una decisione, a schierarsi da che parte stare.
Kurosawa restituisce magnificamente lo stato d’animo e i dilemmi vissuti dal protagonista inquadrandolo spesso dietro a delle inferriate (figure 3 e 4), prigioniero suo malgrado, oppure seguendolo con delle carrellate laterali, da destra a sinistra e viceversa, a dimostrazione dell’indecisione di Yabuike che non sa scegliere se salvare Charisma e far morire la foresta o viceversa (anzi, vorrebbe salvare entrambi, foresta e Charisma). La scelta di Yabuike non tarderà ad arrivare.
Figura 3
Figura 4
Titolo originale: カリスマ (Karisuma); regia, soggetto e sceneggiatura: Kurosawa Kiyoshi; fotografia: Hayashi Jun’ichirô; montaggio: Kikuchi Jun’ichi; scenografia: Uno Shinichi, Ariyoshi Tsukasa, Yoshida Tooru; musica: Ashiya Gary; interpreti: Yakusho Kōji (Yabuike Goro), Ikeuchi Hiroyuki (Kiriyama Naoto), Ōsugi Ren (Nakasone Satoshi), Mitsuko Jinbo (Jun Fubuki), Matsushige Yutaka (Nekoshima); produzione: Nikkatsu; durata: 104’; prima: 17 maggio 1999 (Cannes Film Festival); uscita in Giappone: 26 febbraio 2000