TONBI (id., ZEZE Takahisa, 2022)
Sonatine Contemporanea
di Paolo Torino
I rapporti padre-figlio sono una costante del cinema. Un tema che viene ciclicamente raccontato… E Tonbi non fa eccezione. Il film di Zeze Takahisa è un’opera in cui i mondi del Giappone rurale e contemporaneo collidono, dando vita a un racconto di formazione dove l’unico personaggio che ne uscirà realmente formato sarà il padre.
Ichikawa Yasuo (Abe Hiroshi) è un manovale che vive in una cittadina rurale del Giappone, e sua moglie Misako (Kumiko Asō) è in dolce attesa. Una volta nato suo figlio Akira (Kitamura Takumi), assistiamo a un susseguirsi di normali eventi di vita quotidiana, fino a quando un grave incidente sul lavoro spezzerà la quiete e causerà la morte prematura di Misako. Questo evento traumatico segnerà per sempre il rapporto padre-figlio: il primo cercherà di affogare i propri dispiaceri e allo stesso tempo educare l’altro; il secondo, crescendo, diverrà via via sempre più problematico. Akira, una volta raggiunta l’età della maturità, si trasferirà a Tokyo dove conoscerà la ragazza che diverrà sua futura moglie, e Yasuo, arrivato in città per accertarsi della nuova vita di suo figlio, dovrà scontrarsi con dinamiche sociali lontane dai suoi ideali.
Tratto dal romanzo omonimo di Shigematsu Kiyoshi, l’opera di Zeze percorre le orme del film Blood & Bones (Yôichi Sai, 2004) poiché in entrambi i lungometraggi viene raccontata la storia di una famiglia radicata in una realtà rurale. La differenza, però, sta nelle due figure paterne totalmente agli antipodi: in Blood & Bones il personaggio di Joon-pyong Kim, interpretato da Kitano Takeshi, è distruttivo, negativamente segnato dagli eventi della sua infanzia, violento e invadente verso i propri familiari; in Tonbi, invece, pur essendo una figura problematica, il è disposto a ritrattare i propri errori.
La regia di Takahisa è pacata, perfettamente calibrata e per lunga parte del film completamente mimetizzata nel racconto, tranne nei momenti in cui c’è da mettere in scena il dramma, sempre accompagnato da un massiccio utilizzo di ralenti. Oltre al dramma, sono proprio gli snodi stessi del racconto a essere evidenziati con questa tecnica, come a voler sottolineare l’importanza narrativa di questi momenti e allo stesso tempo cristallizzare traumi e gioie dei personaggi stessi, accantonando per brevi istanti quell’eleganza formale per iperbolizzare delle sequenze che ritorneranno a più riprese durante il film (es. la scena dell’incidente in cui Yumi perde la vita). Quella di Zeze è una regia che non cristallizza solo gli attimi, ma anche gli sguardi dei protagonisti attraverso numerose zoomate sui loro volti costruendo così una storia capace di vivere solo di primi piani e campi/controcampi. Ecco, i rapporti tra i personaggi vanno ricostruiti in quello scarto visivo che si crea col montaggio, in quell’attimo di vuoto creato dallo stacco tra campo e controcampo, spesso corrispondenti a padre-figlio. Come accennato nell’introduzione, Tonbi è un racconto di formazione dove il personaggio realmente formato è il padre: quest’ultimo educa il proprio figlio, lo accompagna durante la difficile fase dell’adolescenza e di punto in bianco si ritrova a dover riconsiderare le proprie idee, accettando la nuova vita del figlio e trovando la gioia nel campo-controcampo finale: quando un gioco di montaggio è così forte da spezzare persino dei pregiudizi.
Titolo originale: とんび (Tonbi); regia: Zeze Takahisa; sceneggiatura: Takehiko Minako; soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Shigematsu Kiyoshi; interpreti: Ichikawa Yasuo (Abe Hiroshi), Misako (Kumiko Asō), Akira (Kitamura Takumi), Taeko (Yakushimaru Hiroko), Yumi (Higashide Anne), Teruun (Yasuda Ken); produzione: Kadokawa; prima uscita in Giappone: 8 aprile 2022; durata: 139’.