FOLLOWING THE SOUND (Kanata no uta, SUGITA Kyoshi 2023)
Sonatine Contemporanea
di Valerio Costanzia
Presentato a Venezia 80 nella sezione Giornate degli Autori, Following the Sound è la quarta regia di Sugita Kyoshi che, prima del debutto del 2011 con A Song I Remember (Hitotsu no uta), è stato assistente alla regia, tra gli altri, per Kurosawa Kiyoshi, dal quale sembra aver ereditato una capacità di narrazione estremamente rarefatta ed ellittica, con dialoghi scarni e grande rigore formale.
Una giovane donna, Haru, ascolta con degli auricolari un’audiocassetta in cui è riprodotto il rumore di un fiume che scorre. Dopo qualche minuto, la vediamo chiedere un’informazione a un’altra donna, Yukiko, incontrata casualmente per strada. Tra Haru e Yukiko c’è uno scambio di sguardi che rivela un dolore nascosto, lo stesso dolore che segna il volto dell’altro protagonista del film, Tsuyoshi, un giovane padre la cui strada si incrocia con quella di Haru. In realtà scopriamo che in passato Haru, dopo aver perso la madre, aveva già avuto occasione di incontrare Yukiko e Tsuyoshi, anch’essi afflitti dal dolore di una perdita. A distanza di anni, il ritorno di Haru segna il riemergere di uno scambio reciproco con la consapevolezza che il dolore condiviso può essere meno cocente.
Il racconto intimista di Following the Sound, che mette al centro la relazione fra Haru, Yukiko e Tsuyoshi, rivela una costruzione drammaturgica apparentemente semplice e lineare. In realtà Sugita realizza un film complesso in cui il silenzio, gli sguardi e il non detto hanno un peso significativo nella psicologia dei tre personaggi. Innanzitutto, c’è il bisogno, da parte di Haru – il cui volto dolce e angelico la rende una figura quasi taumaturgica, capace di lenire il dolore di Yukiko e Tsuyoshi – di placare il suo rimorso per la morte della madre facendosi carico del dolore degli altri due. È lo stesso Sugita che in un’intervista sottolinea la necessità, da parte di Haru, di soccorrere gli altri, quasi un mettersi alla prova per superare il suo dolore.
Un aspetto fondamentale nel percorso di avvicinamento ai tre personaggi è costituito anche dalla dimensione metafilmica del film: il fatto che una parte significativa di Following the Sound abbia al centro dei dispositivi audiovisivi, in primis il walkman e poi la videocamera, suggerisce il bisogno di filtrare i sentimenti e di contribuire, attraverso questi dispositivi a “rivelare l’interiorità dei personaggi, un fenomeno che le sole immagini non potrebbero restituirci con la medesima immediatezza. Pensiamo ad esempio alla videocamera: ci sono persone che riprendono da vicino e altre da più lontano, e a seconda dell’angolazione, della distanza dall’oggetto inquadrato e dal modo in cui il personaggio tiene in mano la camera, possiamo capire la sua personalità.” (intervista a Sugita Kyoshi). Film giocato sull’attesa e sul prolungamento del tempo filmico, come testimoniano le numerose inquadrature fisse la cui durata richiede da parte dello spettatore una partecipazione attiva e non sempre facile, Following the Sound possiede un suo equilibrio formale che si concretizza in momenti di grande suggestione dove il quotidiano viene quasi ritualizzato. Pensiamo, per esempio, ai momenti dedicati al cibo, in particolare quelli relativi alla preparazione dell’omelette. La medesima scena si ripete, pressoché identica, tre volte nel corso del film: la prima all’inizio, dopo il primo incontro tra Haru e Yukiko; la seconda a metà film, quando a prepararla è Haru sotto lo sguardo attento di Yukiko e infine nella sequenza finale, che prelude a un intenso abbraccio tra le due donne. In tutte e tre le scene la macchina da presa di Sugita indugia sulla preparazione seguendo passo dopo passo la gestualità connaturata all’operazione, dal versare le uova sbattute nel tegame al rigirare l’omelette con delicatezza attraverso l’utilizzo di una spatola. Gesti semplici, al limite della banalità quotidiana, che si concludono con il momento del pasto in cui il gioco di sguardi e di reciproca vicinanza tra le due donne rivela la loro intima condivisione spirituale, quasi una corrispondenza di amorosi sensi che permette loro di superare il dolore.
Titolo originale: 彼方のうた (; sceneggiatura e regia: Sugita Kyoshi; fotografia: Iioka Yukiko; montaggio: Okawa Keiko; costumi: Kosato Yoshiko; musica: Shank; interpreti: Ogawa An (Haru), Nakamura Yuko (Yukiko), Mashima Hidekazu (Tsuyoshi); produzione: Kawamura Misaki, Nekojarashi; durata: 84’; uscita in Italia Festival di Venezia: 6 settembre 2023