VILLAGE (id, FUJII Michihito, 2023)
Sonatine Contemporanea
di Paolo Torino
Village è un’opera dall’alta densità narrativa. Densità tale da garantire al film numerosi cambi di registro, talvolta repentini: dal thriller al drama, dal drama all’horror e viceversa, in un puzzle narrativo che tende a complicarsi con lo scorrere del tempo.
Il film di Fujii si ambienta in un villaggio rurale chiamato Kamonmura. L’ecosistema di questa piccola comunità verrà messo a dura prova da un’enorme discarica costruita a ridosso delle abitazioni. Yu (Yokohama Ryūsei), il protagonista, lavora in questa discarica come operaio e si scopre subito la motivazione: non un semplice impiego lavorativo, ma l’unico modo per poter saldare il debito che sua madre ha maturato con personaggi poco raccomandabili. Nel frattempo la storia d’amore tra Yu e Misaki (Kuroki Haru) decolla tra tante incertezze, a partire dalla fragilità mentale del protagonista.
Non si può certo dire che l’opera di Fuji non abbia ambizioni. Perché? Perché tenta in tutti i modi di comprimere in due ore gran parte dei cliché narrativi che hanno segnato l’ultima decade (o poco più). Village ha l’ambizione di parlare di tante tematiche tenendo sempre a fuoco – direi fuori fuoco, vista la costante presenza sullo sfondo – quella dell’ecologismo, anche se non si può certo definire un film a tematica ecologista vista la propensione di Fujii a concentrarsi maggiormente sulle vicende drammatiche dei personaggi anziché sui danni fisici dell’inquinamento. Anche se un inquinamento in senso lato c’è effettivamente stato, ovvero quello ai danni del tessuto sociale della comunità, che sembra essere ormai sfibrato e privo di ogni legame con un passato rurale e più ingenuo, anche se il passato stesso sarà la componente che permetterà agli antagonisti della vicenda di tenere sotto scacco il protagonista. Ciò non toglie che il Moloch di cemento costantemente sullo sfondo non sia il vero fulcro della narrazione, ne sono fatalmente attratti tutti i personaggi e di conseguenza ne gravitano attorno quasi tutti gli eventi drammatici. “La discarica si erge proprio lì, sopra il tempio” dirà infatti uno di questi tra lo sdegno e la rassegnazione per la profanazione del villaggio.
È come se la funzione di smaltimento e riciclo della discarica avesse contagiato anche l’essenza stessa del film poiché, come si accennava in apertura, l’opera di Fujii sembra applicarne le stesse dinamiche assimilando in modo eterogeneo stilemi da opere o autori parzialmente popolari nell’immaginario collettivo. Ci sono note di esoterismo date dagli spezzoni di spettacoli nō che fanno eco agli esorcismi di Goksung (Na hong-jin, 2016); così come sono altrettanto evidenti le contaminazioni di molti J-drama contemporanei come, un esempio su tutti, Phases of the Moon (Hiroki Ryūichi, 2022) presenti nei ralenti e nei primi piani dedicati a Yu e Misaki. Infine, è possibile sentire la presenza massiccia di Christopher Nolan del periodo Inception (2010): non tanto nell’estetica o nel modo di mettere in scena particolari sequenze, ma nella modalità in cui il finale debba per forza di cose sorprendere lo spettatore, anche a costo dell’equilibrio della narrazione stessa.
Titolo originale: ‘ヴィレッジ’ (Village); regia e sceneggiatura: Fujii Michihito; fotografia: Kawakami Tomoyuki; interpreti: Yokohama Ryūsei (Yu), Kuroki Haru (Misaki), Furuta Arata (Shusaku), Nakamura Shidō (Kokichi); produzione: Star Sands, Netflix, Kadokawa; prima uscita in Giappone: 21 aprile 2023; durata: 121’.