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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

GOODBYE CRUEL WORLD (Gubbai Kurueru Warudo, ŌMORI Tatsushi 2022)

Sonatine Contemporanea

di Valerio Costanzia

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Autore dell’intenso Mother (2020) viaggio autodistruttivo di una madre “cattiva”, Ōmori Tatsushi si cimenta con uno Yakuza eiga fortemente influenzato dal gangster movie americano. Tra gli interpreti, nel ruolo di Anzai, spicca Nishijima Hidetoshi che il pubblico ha amato – e la critica acclamato – in Drive My Car di Hamaguchi Ryūsuke. 

Un gruppo di cinque malviventi, decisamente mal “assortiti” tra loro, compie una rapina in un love hotel a danno di un’organizzazione yakuza dedita al riciclaggio di denaro. Il colpo sembra essere riuscito e il gruppo, dopo essersi spartito il bottino, si divide. Ognuno va per la propria strada: Anzai, un ex affiliato alla yakuza, torna dalla moglie e dal figlio per rimettere in sesto l’attività del ristorante del suocero; Muto e la ragazza Miru, con i soldi della rapina, estinguono il loro debito con Masaharu, il più violento e instabile del gruppo e infine Hamada, il più anziano e apparentemente calmo (è un ex contestatore studentesco), torna alla sua vita ripensando al prossimo colpo da mettere in atto ai danni di un comitato elettorale. Le cose si complicano quando Ogata, il boss dell’organizzazione che ha subito il furto, assolda un poliziotto corrotto, Hachiya, per trovare i cinque e rimettere le mani sul bottino. 

Il film di Ōmori è talmente in debito con Tarantino (in particolare Le iene e Pulp Fiction) che la tentazione di farne un’analisi comparativa è allettante. Il regista saccheggia a piene mani stilemi e codici narrativi del gangster movie del cinema USA anni Novanta dimostrando una profonda conoscenza del genere, conoscenza che gli consente di orchestrare la materia narrativa senza il rischio di scimmiottare il regista americano. 

È pur vero che le “iene” a bordo di una Ford Thunderbird del ’78, gasati da What Is This di Bobby Womack (l’autore della bellissima Across 110th Street, tema portante dell’omonimo film blaxploitation di Barry Shear del 1972 – dal ridicolo titolo italiano Rubare alla mafia è un suicidio – canzone ripresa da Tarantino in Jackie Browne e poi rubata ancora da Pivio & Aldo De Scalzi per i finali degli episodi de L’ispettore Coliandro dei Manetti Bros) mancano della formidabile ironia cinica di Tarantino; come mancano del tutto le anacronie temporali che avrebbero giovato non poco a dinamizzare la struttura narrativa del film che, altrimenti, in alcuni casi, rischia di restare uno sterile esercizio di stile, a volte ridondante nel calcare l’originale (basterebbe il lettering del titolo che strizza l’occhio a quello di Pulp Fiction). Va sottolineato, tuttavia, che Ōmori, nella prima sequenza (figura 1) per solleticare la curiosità dello spettatore, inserisce alcuni rapidi flashforward che ci dicono qualcosa in più sui personaggi, piccoli indizi che il montaggio si incarica di alternare a dettagli dell’auto (il cruscotto, la ruota, il paraurti cromato), particolari del volto (gli occhi di Anzai), totali della strada vista dall’alto, secondo una collaudata estetica pop che funziona perfettamente come “effetto wow” (o se vogliamo, per citare Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti, effetto “what the fuck”).

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Figura 1

Debitrice di Tarantino è anche la sequenza in cui il gruppo si divide, filmata da Ōmori in campo lungo, lasciando volutamente sullo sfondo i personaggi – in particolare lo scambio tra Masaharu, da un lato e, dall’altro, Muto e Mori, mentre il primo getta alcune banconote in faccia al secondo – che richiederebbe invece una serie di campi e controcampi ravvicinati che aiutino lo spettatore a leggere le dinamiche in corso fra questi tre personaggi. Il regista sceglie invece un registro più “discreto” che richiama alla mente quello di Jackie Browne dove tutto ciò che è cruento viene abilmente messo fuori campo oppure allontanato lavorando su totali in campo lungo (figura 2). 

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Figura 2

Ōmori dimostra di possedere una scioltezza narrativa che gli permette di gestire senza troppi intoppi un notevole numero di personaggi, ognuno dei quali ha una propria storia e personaggi di contorno, che compongono una struttura a mosaico in cui le tessere arrivano, in alcuni casi, a collidere con risultati di estrema violenza (come nella rapina alla gioielleria in cui emerge la componente sociopatica di Masaharu); in altri casi, invece, le singole tessere (Miro e Daiki) si attraggono formando così nuove coppie che imprimono una forte accelerazione al racconto trasformandosi in una sorta di angeli vendicatori (figura 3) che ricordano un po’ le coppie (ancora Tarantino) di Zucchino (Tim Roth) e Coniglietta (Amanda Plummer) di Pulp Fiction oppure Clarence (Christian Slater) e Alabama (Patricia Arquette) di una Vita al massimo (film di Tony Scott ma scritto da Tarantino).

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Figura 3

Nella sequenza della strage in cui trova la morte Masaharu, è ancora un brano musicale a testimoniare l’omaggio al cinema di Tarantino, ovvero Let’s Stay Together di Al Green cantata da Margie Joseph (in Pulp Fiction commentava il dialogo tra il pugile Butch, interpretato da Bruce Willis, e il temibile Marsellus Wallace interpretato da Ving Rhames) che in Goodbye Cruel World fa da contrappunto alla strage. A dare l’addio al mondo crudele messo in scena da Ōmori sono rimasti i due “buoni” del film: Anzai e Hachiya. Entrambi feriti, accasciati su un ponte, uno accanto all’altro con la pistola in mezzo (figura 4). La macchina da presa si alza mettendoli fuori campo mentre una dolente California Dreamin’ in versione soul interpretata da Bobby Womack getta un velo di grigia malinconia sul cielo grigio. Uno sparo. Dissolvenza in nero. Titoli di coda. Goodbye Cruel World.   

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Figura 4


Titolo originale: グッバイ・クルエル・ワールド; regia: Ōmori Tatsushi; sceneggiatura: Takada Ryō; fotografia: Tsuji Tomohiko; interpreti: Miura Tomokazu (Hamada), Miyagawa Daisuke (Muto Koichiro), Miyazawa Hio (Yano Daiki), Nishijima Hidetoshi (Mikiya Anzai), Saitō Takumi (Hagiwara Masaharu), Tamashiro Tina (Miru), Ōmori Nao (Hachiya Kazuo); produzione: Happinet Phantom Studios; durata: 127’; uscita in Giappone: 9 settembre 2022

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