BLUE IMAGINE ( Buruu imajin, MATSUBAYASHI Urara, 2024)
OSAKA ASIAN FILM FESTIVAL 1-10 MARZO 2024
di Marcella Leonardi
Negli ultimi anni l’industria cinematografica giapponese è stata oggetto di scrutinio alla luce di una serie di casi di violenza sessuale. Tra gli scandali più celebri, dalle tragiche conseguenze, ricordiamo quello riguardante il regista maudit Sono Sion, accusato di essere promotore di una “cultura dello stupro” sul set al punto da spingere al suicidio una delle sue interpreti.
Questo clima torbido di abuso e sfruttamento ai danni di giovani attrici, non dissimile da quello che ha avviluppato anche l’industria cinematografica in occidente (con la conseguente esplosione del movimento sociale me too, di portata internazionale) viene raccontato da Matsubayashi Urara in forme talora didascaliche ma con una portata emotiva toccante e sincera.
In seguito a un’aggressione sessuale, la giovane attrice Noel si reca al Blue Imagine, un rifugio per donne che hanno subito violenza e molestie. Con l’aiuto delle altre ragazze residenti, Noel riesce a riconquistare parte della sua fiducia e decide di affrontare il suo aggressore.
Matsubayashi Urara è ancora giovane, e il suo Blue Imagine contiene tutta la freschezza di un idealismo ancora non sporcato da tensioni pessimistiche. Il film accoglie al suo interno le aporie di una società corrotta, incapace di proteggere le vittime (in particolare quelle più giovani e vulnerabili) e resistente al cambiamento; ma la regista – a sua volta vittima di aggressione sessuale – intesse il suo racconto corale animata da una fiducia incrollabile nello spirito umano e nella solidarietà femminile. Le sue protagoniste trovano conforto nel rapporto che le lega, un confronto che diviene una sorta di “seduta psicanalitica” attraverso la quale espellere un inconscio collettivo.
I dialoghi hanno qualità ipnotica: mentre le ragazze si rivelano, verbalizzando l’evento traumatico, è come se il tempo si fermasse. Il flusso di coscienza le sradica dalla solitudine della propria psiche sofferente per immetterle in una nuova relazione con l’altro – simile a sé – di natura liberatoria. Blue Imagine (che è il nome del centro antiviolenza) diviene allora il rifugio in cui la parola si fa corporea illustrazione, immagine in cui la sofferenza possa esprimersi e dissolversi in un nuovo colore.
Nei panni di Noel, Yamaguchi Mayu mette in risalto la sua lotta interiore attraverso uno stile misurato e sensibile. Dapprima inquadrata in interni grigi e perennemente velata dall’ombra, ci appare sempre più luminosa grazie alla fotografia di Ishii Isao, che la conduce dalla desolazione del buio alla vibrante luce azzurra della spiaggia.
C’è molta bellezza spontanea nelle scene, seppur semplici e lineari, che vedono le protagoniste ritrovare la serenità nei gesti più quotidiani, sedute allo stesso tavolo o nell’intimità di una camera. La qualità di Blue Imagine non risiede in un linguaggio cinematografico sofisticato o sfumato (anzi, il rischio è sempre quello di un eccessivo schematismo narrativo), ma nella capacità di cogliere volti e corpi, lasciarli liberi nell’inquadratura, privi di tensioni. In una società predatoria, l’antidoto artistico di Matsubayashi Urara è la sua inquadratura gentile, priva di complicazioni, spazio di dialogo e laboratorio di un futuro possibile.
Titolo originale: ブルーイマジン; regia: Matsubayashi Urara; sceneggiatura: Goto Minami; interpreti: Yamaguchi Mayu, Kawatoko Asuka, Kitamura Yui; fotografia: Ishii Isao; produzione: Emori Toru; produttore esecutivo: Ono Kousuke; uscita in Giappone: 27 gennaio 2024; durata: 93’. Presentato al Rotterdam International Film Festival 2024.