SNOWDROP (id., YOSHIDA Kota, 2024)
Speciale Osaka Asian Film Festival 1 – 10 Marzo 2024
di Paolo Torino
“In realtà volevo fuggire da me stessa” dice Naoko, interpretata dalla talentuosa Nishihara Aki. È la frase più struggente di tutta l’opera, che sintetizza alla perfezione tutti e novantotto i minuti di Snowdrop. Un film che sembra essere il controcampo concettuale del distopico Plan 75 (Hayakawa Chie, 2022) per le modalità con cui il dramma si consuma: se nell’opera del 2022 il disastro socio-economico si estendeva all’intera comunità nipponica, nel film di Yoshida Kota si assiste a un dramma totalmente individuale.
Naoko e le sue sorelle sono state abbandonate dal padre, Eiji, quand’erano ancora delle bambine. Cresciute senza una figura paterna, vedono piombare quest’ultimo nelle proprie vite dopo vent’anni. Nel frattempo la madre si ammala di demenza e la sorella di Naoko si dilegua nel nulla, lasciando tutto nelle mani della protagonista che, con non poche difficoltà, andrà avanti. Per poter compiere il proprio dovere da figlia abbandona il lavoro, azzerando le entrate economiche. Poco tempo dopo Eiji avrà bisogno di un intervento chirurgico per poter ritornare a lavorare ma le finanze sono quel che sono: Naoko chiederà un sussidio. Da questo momento in poi, tutte le armature sociali indossate per non far trasparire alcuna emozione verranno scheggiate…
Snowdrop è un’opera in cui la regia descrive con puntualità gli eventi e le emozioni che coinvolgono i personaggi in scena. Lo fa attraverso la mano sapiente di Yoshida, capace di dipingere situazioni familiari attraverso movimenti di camera oculati. Un esempio, forse quello più lampante, è quando il carrello scopre la presenza del padre, Eiji, nella stanza assieme a sua moglie. Il movimento, lento, che scopre a poco a poco il corpo del personaggio è in realtà una finezza che descrive già la storia dei protagonisti: Eiji ha abbandonato moglie e figli lasciandoli alle intemperie della vita e, dopo vent’anni, torna insinuandosi lentamente nelle dinamiche familiari. Questo movimento di macchina sintetizza alla perfezione due decenni di narrazione. Altrettanto interessante è la modalità con cui i primi piani affollano l’impianto figurativo dell’opera. Yoshida li utilizza in abbondanza per mostrare allo spettatore le emozioni dei personaggi, senza lasciare spazio a interpretazioni: la bravura di Nishihara, infatti, sta nell’avere sempre uno sguardo imperturbabile, anche nella scena chiave dove si alternano i primissimi piani di Naoko a quelli di Eiji. L’attrice presta costantemente all’obiettivo un volto stoico, fiero, orgoglioso anche se il personaggio che interpreta ha una natura totalmente agli antipodi con ciò che mostra, è schiavo delle sue angosce. L’ambiguità di questa interpretazione è data, appunto, dai numerosi primissimi piani di cui si faceva menzione poco sopra. Spesso sono talmente stringenti da non permettere ad elementi esterni di essere coinvolti nelle inquadrature, dando la sensazione di prigionia. Naoko stessa sembra essere intrappolata nell’inquadratura. Così qualsiasi ambiente (domestico, lavorativo, urbano) diviene una gabbia. Il finale, però, sparecchia ogni alone nichilista presente in Snowdrop: un fiocco di neve si poggia su un fiore e quest’immagine così sincera e naturale fa presagire una nuova speranza.
Titolo originale: スノードロップ; regia: Yoshida Kota; sceneggiatura: Yoshida Kota; interpreti: Nishihara Aki (Naoko), Ito Haruhi (Munemura); distribuzione: Shaiker; uscita in Giappone: 5 marzo 2024; durata: 98’.