PRINCIPESSA MONONOKE (Mononoke-hime, MIYAZAKI Hayao, 1997)
Speciale MIYAZAKI Hayao
di Matteo Boscarol
Per complessità tematica e visiva una delle opere di animazione più amate e importanti nella storia del cinema animato giapponese, Principessa Mononoke occupa uno spazio speciale sia nella carriera di Miyazaki Hayao, sia nell’evoluzione dell’animazione dell’arcipelago, e non ultimo, anche nel definitivo successo e riconoscimento di quest’ultima da parte del pubblico generalista a livello internazionale.
Giappone, epoca Muromachi (1337-1573). Un demone cinghiale attacca un piccolo villaggio ferendo il giovane guerriero Ashitaka. Colpito ad un braccio nello scontro, una maledizione si impossessa del suo arto, spingendolo a lasciare il villaggio alla ricerca del demone. Nel suo peregrinare si ritrova nel bel mezzo di uno scontro fra gli animali della foresta, da una parte, e le truppe di Lady Eboshi, una donna che guida il suo popolo costruttore di armi, dall’altra. Con gli animali combatte anche la principessa Mononoke, figlia adottiva dei lupi che nutre un odio profondo verso gli esseri umani.
Alla fine degli anni Settanta, Miyazaki disegna alcuni schizzi in acquerello per una storia con protagonista una principessa che abita in una foresta assieme ad un fantastico animale dalle fattezze simili a quelle di un orso o di un gatto. Questo abbozzo di storia viene realizzato da Miyazaki per cercare di avere il via libera alla realizzazione di un lungometraggio, l’idea viene però scartata e così il progetto si arena. Nei primi anni Novanta questi disegni verranno pubblicati in un libro illustrato intitolato Mononoke hime (Principessa Mononoke), ma si tratta di una storia e di un tratto lontanissimi da quello che diventerà l’omonimo lungometraggio del 1997. Al contrario è evidente come si tratti, sia per le atmosfere create sia per le fattezze dell’animale fantastico, di una sorta di proto-Totoro e molto di questo mondo confluirà quindi nel lungometraggio uscito in Giappone nel 1988. Il fascino verso la foresta e gli elementi non-umani che la animano continua però a crescere, modificarsi e svilupparsi in varie direzioni e forme nella fertile immaginazione di Miyazaki. Sia per le sue tematiche sia per il pessimismo di fondo e la violenza portata sullo schermo, il lungometraggio Principessa Mononoke è invece debitore al manga Nausicaä della Valle del vento, soprattutto alla parte non adattata nell’omonimo film animato del 1984.
Miyazaki lavora al manga dal 1982 al 1994 e gli ultimi capitoli del fumetto sono abbastanza distanti da quelli iniziali e trovano la loro ideale e filosofica continuazione proprio nel film uscito nel 1997. Del resto, in un periodo che copre più di un decennio, molte cose cambiano, sia nella vita di Miyazaki sia nel paese e nel mondo in cui vive. Da un lato l’autore giapponese è impegnato nella fondazione dello Studio Ghibli e nella realizzazione di opere solari quali Totoro o Kiki – Consegne a Domicilio, dall’altro il Giappone vive il periodo della bolla economica e il dramma del suo scoppio. A livello internazionale, inoltre, il 1986 è l’anno del disastro di Chernobyl mentre i primi anni Novanta sono il periodo delle Guerre nei Balcani. La visione pessimistica di Miyazaki riguardo all’essere umano e alla sua posizione nel mondo, si riversa allora negli ultimi capitoli del manga, pagine densissime e di travolgente bellezza, e trova uno sbocco animato, altrettanto affascinante, nel lungometraggio qui trattato. Come è stato scritto e detto in svariate occasioni, il film non ha un vero e proprio personaggio cattivo, il villain di turno, ma piuttosto mette in risalto la complessa situazione derivata dal progresso dell’umanità e da come questa alteri gli ecosistemi del mondo. Nel lungometraggio queste tematiche sono semplificate nella lotta fra le divinità della foresta e gli umani guidati da lady Eboshi, inoltratisi al suo interno per cercare ed estrarre il ferro.
In un fluviale documentario in tre parti intitolato Mononoke-hime wa kōshite umareta (The Birth of “Princess Mononoke”, Uratani Toshirō, 1997), Miyazaki dichiara come l’uso dei pesticidi abbia moltiplicato la produzione e le entrate economiche del paese, ma anche come l’essere umano non abbia ancora scoperto come coesistere armoniosamente con plastica, pesticidi e fertilizzanti chimici. Coesistere sembra essere il termine cruciale per comprendere il discorso portato avanti nel lungometraggio, anche se ogni equilibrio raggiunto è temporaneo e solo un momento di passaggio prima della prossima catastrofe. Oppure, considerando un altro punto di vista, ogni equilibrio sembra potersi creare solo dopo una catastrofe. È il caso della spettacolare morte dello spirito della foresta che, una volta persa la testa, mozzata da lady Eboshi, si trasforma in una morte liquida che tutto travolge e distrugge, prima di divenire una cura salvifica e creatrice di un nuovo equilibrio.
Ma se il lungometraggio è considerato, a ragione, un capolavoro, molto lo si deve anche alla qualità delle animazioni, dai personaggi agli sfondi, dalle scene d’azione e di combattimento ai protagonisti non-umani. Il film è in questo senso un trionfo dell’arte animata e delle sue potenzialità artistiche. Ma Principessa Mononoke è anche il primo lavoro diretto da Miyazaki in cui la CGI è stata usata in maniera corposa, anche se spesso in particolari poco vistosi, celata e integrata in maniera quasi perfetta con il resto delle animazioni in 2D. La scena iniziale con lo spirito cinghiale infettato, anche se sembrerebbe realizzata in CGI, è stata in realtà disegnata a mano (si dice che ci sia voluto più di un anno e mezzo di lavoro), mentre la computer graphic è stata utilizzata, ad esempio, per il sangue sulla bocca di San, nella famosa scena in cui la ragazza succhia il sangue da uno dei due suoi fratelli lupo. Anche se non è naturalmente il primo lavoro giapponese che ha fatto uso della CGI, Principessa Mononoke in questo senso segnala comunque un momento cruciale nella carriera di Miyazaki, dello Studio Ghibli e dell’animazione giapponese più in generale.
Titolo originale: もののけ姫 (Mononoke-hime); regia, soggetto, sceneggiatura e storyboard: Miyazaki Hayao; art director: Oga Kazuo; character design: Miyazaki Hayao, Andō Masashi, Kondō Yoshifumi; fotografia: Okui Atsushi; musiche: Hisaishi Joe; produzione: Suzuki Toshio; prima uscita in Giappone: 12 luglio 1997; durata: 134’.