ARIRANG RHAPSODY (Ariran rapusodi – Umi o koeta harumonitachi, KIM Sungwoong, 2023)
Speciale Nippon Connection
Francoforte, 28 maggio – 2 giugno 2024
di Claudia Bertolé
Nella sezione Nippon Docs del festival di Francoforte è stato presentato quest’anno Arirang Rhapsody, ritratto di un gruppo di anziane zainichi, donne di origine coreana che vivono a Kawasaki. Attraverso l’evocazione dei ricordi, il disvelamento dei sogni, il riemergere di ferite mai rimarginate, il regista si avvicina con sensibilità a storie umane complesse che sono lì a testimoniare il percorso di tante persone che hanno lottato e continuano a lottare per il riconoscimento del proprio spazio nella Storia.
Il documentario racconta di un gruppo di donne che, come tanti altri coreani durante il periodo dell’occupazione giapponese, furono costrette a emigrare in Giappone e lì si trovarono a svolgere lavori massacranti, in condizioni avverse e senza alcuna tutela, spesso dovendo sopportare una discriminazione aggressiva. Lo sguardo del regista – anche lui discendente di una famiglia di immigrati – coglie i sorrisi e il canto di donne coraggiose e anche le parole rotte dal pianto nel momento di evocazione dei propri cari perduti o di memorie particolarmente dolorose.
Un canto (Arirang, il tipico canto coreano) apre e chiude il film, intonato dalle halmoni (le nonne) di Kawasaki, che «attraversarono il mare».
Nell’ambito dei film dedicati ai residenti giapponesi di origine coreana, in cui si inserisce questo documentario, ricordo le opere della regista Yang Yong-hi, in particolare la trilogia familiare Dear Pyongyang (2005), Sona, The Other Myself (2009) e Soup and Ideology (2021), oltre al lungometraggio di fiction Our Homeland (2012), ma anche The Voices of The Silenced (2023) di Park Soo-nam e Park Ma-eui, in cui una figlia raccoglie i ricordi della madre quasi novantenne, autrice di documentari dagli anni Ottanta.
Anche per Arirang Rhapsody lo spunto che spinge alla realizzazione del film è la storia personale, che si allaccia alla perfezione con quella raccontata: Kim Sungwoong è nato nel 1963 a Osaka, ma ha origini coreane, le anziane sembrano rappresentare in qualche modo il riflesso di una figura materna, moltiplicata nelle suggestioni di un prisma di esperienze diverse, che vengono raccolte e offerte allo spettatore con affetto.
Le donne sorridono, si lasciano riprendere nei momenti conviviali, durante i diversi incontri che organizzano tra di loro per attività diverse, poi sempre di più raccontano, si svelano. Di loro ci vengono offerti sguardi sul passato – l’emigrazione, le discriminazioni, il distacco dai propri cari al tempo dell’occupazione e poi in seguito nel momento del programma di rimpatrio messo in atto dalla Corea del Nord – ma anche le battaglie odierne contro una discriminazione che non sembra avere fine. Il film documenta momenti di tensione in occasione di eventi pubblici, anche se, come precisato dallo stesso regista al termine della proiezione, le reazioni del pubblico sono state in generale positive. Da tempo si assiste a un crescente consenso verso la cultura coreana, anche il kimchi, l’alimento tipico coreano un tempo rifiutato dai giapponesi, è diventato quasi di moda.
Durante la visione si ha la percezione che a poco a poco le donne acquistino confidenza con l’essere riprese, il racconto stimola un processo di presa di coscienza, ed è struggente sentirle rievocare i momenti bui e subito dopo cedere alla forza dirompente di un ballo o di un sorriso.
«Qual è il tuo sogno?»
«Se guardo indietro alla guerra, ballare e ridere è un sogno».
Si arriva alla fine e le si vorrebbe abbracciare, le donne coraggiose che hanno attraversato il mare.
Titolo originale: アリラン ラプソディ〜海を越えたハルモニたち (Ariran rapusodi – Umi o koeta harumonitachi) regia: Kim Sungwoong; fotografia: Ikeda Toshimi; musica: Yokouchi Heigo; interpreti: le donne anziane di Kawasaki; produzione: Kimoon Film; prima uscita Giappone: 13 maggio 2023; durata: 125’.